PODIO (dal lat. podium, gr. πόδιον "piccolo piede")
Si chiama podio il piedistallo su cui si elevano gli edifici, in particolare i templi, per assicurar loro una posizione dominante.
In Egitto si hanno esempî di templi a podio nei piccoli santuarî peripteri della XVIII dinastia. L'altezza del podio è talvolta uguale a quella delle soprastrutture, ma generalmente minore; le pareti sono lisce, senza ornati. Una specie di podio si trova anche nei templi a terrazza, costruiti sul fianco di un monte, con tre lati liberi, e in grandi templi, come quello di Luxor, in cui tutta la parte posteriore, più prossima al Nilo, sorge su una base elevata che la pone al riparo dalle inondazioni.
Rari sono gli esempî di podî nei templi greci (tempietto B di Selinunte); questi sorgevano quasi sempre su una bassa crepidine a gradini; il tempio ionico, forse di Dioniso, a Pergamo, conserva sul podio tale gradinata all'ingiro.
Nei templi etruschi non si trova sempre il podio, che alcuni vorrebbero derivato in Italia dalle piattaforme terramaricole. Vitruvio, parlando del tempio italico, non ne fa menzione; ma esso appare come una caratteristica, sebbene non costante, dei templi romani, sia rettangolari sia rotondi.
È costituito dai seguenti elementi (Vitr., III, 4): quadra, zoccolo; spirae, modanature basamentali; truncus, dado; corona, cimasa; e lysis (parola greca che significa scioglimento), che non fa parte della cornice, come da alcuni è stato supposto, ma termina il basamento al di sopra di questa, formando raccordo con la base della colonna: il suo profilo è rettilineo, a piombo col dado, o raccordato a quarto di cerchio con il listello terminale della cimasa.
Il podio può costituire uno stilobate continuo (tempio detto della Fortuna Virile, a Roma), o essere interrotto dai piedistalli sporgenti delle colonne (tempio di Vesta, al Foro Romano). Per solito è di muratura compatta, ma talvolta vi sono nel suo interno degli ambienti, come nel cosiddetto tempio di Vulcano a Ostia, in cui questi sono illuminati da feritoie. Sulla fronte è una larga scalinata che ha nel mezzo l'ara. Si hanno però anche altre disposizioni: così nel tempio di Apollo a Pompei la scala si restringe alla parte centrale. La fronte del tempio del Divo Giulio, nel Foro Romano, è costituita da una tribuna con al centro una grande nicchia semicircolare che comprende l'ara, e ai lati due scale di accesso. Nel tempio dei Castori il podio è formato da due zone sovrapposte, ciò che si osserva anche in altri monumenti: nella zona inferiore, lungo i fianchi, si apriva una serie di camere dove aveva sede l'ufficio di controllo dei pesi e delle misure, e forse anche qualche bottega di banchiere; sulla fronte due scale, da destra e sinistra, conducevano al sommo del primo basamento, e di qui un'ampia gradinata, fiancheggiata dalle statue dei Dioscuri, portava al tempio. Vitruvio (loc. cit.) fissa le proporzioni dei gradini, e prescrive che siano in numero dispari, perché si possa iniziare e terminare la salita col piede destro; non fissa invece le proporzioni del podio dei templi, ma solo quelle del podium o basamento dell'ordine inferiore delle colonne nelle scene dei teatri (V, 6).
A imitazione dei templi, i Romani costruirono anche tombe su podio, con due camere sovrapposte coperte a vòlta; alla superiore si accedeva per una scalinata frontale, all'inferiore ordinariamente per una porta sul lato posteriore.
Podio era anche chiamato negli anfiteatri sia il muro che circondava l'arena, e poneva i primi posti abbastanza in alto, così da non essere raggiunti dalle belve, sia la piattaforma che sopportava il cubiculum dal quale l'imperatore assisteva ai giuochi pubblici.
Bibl.: G. Jéquier, Manuel d'archéologie égyptienne, I, Parigi 1924, p. 39 segg.; A. Springer-C. Ricci-A. Della Seta, Manuale di storia dell'arte, 3ª ed., I, Bergamo 1927; F. Noack, Die Baukunst des Altertums, Berlino s. a.; R. Koldewey e O. Puchstein, Die griechischen Tempel in Unteritalien und Sicilien, Berlino 1899; E. Strong, L'arte in Roma antica, Bergamo 1929; L. Paschetto, Ostia, in Diss. Pont. Acc. di arch., X (1912), p. 359; J. Durm, Die Baukunst der Etrusker und Römer, Stoccarda 1905; M. Vetter, Der Sockel, Strasburgo 1910.