PLUTINO Agostino
PLUTINO, Agostino. – Nacque a Reggio Calabria il 23 agosto 1810 da Fabrizio e Caterina dei baroni Nesci.
La famiglia era stata rivoluzionaria e filofrancese, poi murattiana. Il nonno Carlo era stato confinato a Favignana per aver preso parte al complotto che nel settembre 1797 portò all’uccisione del governatore di Reggio Giovanni Pinelli, mentre lo zio Filippo Nesci fu ufficiale della cavalleria murattiana in Russia.
L'indole molto pratica di Agostino lo portò a occuparsi fin da giovanissimo dei beni di famiglia e di attività commerciali riguardanti soprattutto l’essenza di bergamotto e il negozio della seta, la cui produzione era fiorente in Calabria nella prima metà dell’Ottocento.
Il suo impegno nelle lotte risorgimentali ebbe luogo soprattutto per influenza e in relazione alle attività patriottiche del fratello Antonino, aiutato da Agostino a superare le situazioni difficili in cui si trovò molto spesso coinvolto per motivi politici. Con l’andare del tempo, tuttavia, anch'egli s’impegnò sempre più attivamente nelle vicende politiche, svolgendo un ruolo rilevante, anche nel sostegno finanziario dei patrioti indigenti e, probabilmente, contribuendo a finanziare la spedizione dei Mille, alla quale, diversamente dal fratello, non partecipò, ma alla cui organizzazione e al cui svolgimento diede un notevole contributo.
Il primo intervento di Plutino si rese necessario nel 1844, quando il fratello fu arrestato a seguito del coinvogimento nel moto di Cosenza. In quell’occasione, Agostino scrisse una ‘supplica’ al ministro di Polizia Francesco Saverio Del Carretto, che la inoltrò anche a Ferdinando II. Il sovrano si dichiarò disponibile a liberarlo, anche se l’opposizione di Del Carretto ritardò la scarcerazione fino al luglio 1846. Seguì al rilascio, dopo pochi mesi, un nuovo ordine di arresto per Antonino, che riuscì a sfuggirvi, trovando amichevole ospitalità a S. Stefano presso la famiglia Romeo, ove rimase fino al giugno 1847, dopo che Agostino ebbe modo d’incontrare Ferdinando II, in visita a Reggio in quello stesso mese.
In agosto, ormai decisamente impegnato anch’egli nelle attività patriottiche, assieme ad Antonino e ad altri rivoltosi, si recò a Messina per prendere accordi con i patrioti siciliani, stabilendo la data del 2 settembre per l’inizio del moto rivoluzionario, che era stato organizzato da Domenico e Giannandrea Romeo, in contatto e d’accordo con patrioti di tutte le province napoletane. Durante quell’incontro, i due fratelli ebbero in dono dagli amici siciliani numerose bandiere tricolori provenienti da Palermo, che molto cautamente nascosero nelle loro valigie per portarle a S. Stefano. Il 15 agosto i patrioti messinesi, a loro volta, ricambiarono la visita con una gita a Reggio per precisare meglio gli accordi sulle modalità della rivolta. Il 27 agosto, Domenico Romeo, responsabile dell’intera organizzazione rivoluzionaria, tornò a Reggio da Napoli, dove aveva incontrato diversi patrioti e si recò poco dopo a S. Stefano, dove lo raggiunse Antonino Plutino.
I messinesi ritennero di anticipare il moto al 1° settembre 1847 per arrestare tutti gli ufficiali, che si sapeva avrebbero cenato insieme la sera, ma il loro progetto fallì.
Rimasto a Reggio, la sera del 1° settembre Plutino ricevette le prime, spiacevoli informazioni circa l’insuccesso dell'iniziativa messinese, ma ritenne che fosse ormai troppo tardi per impedire l’inizio del moto calabrese fissato per il giorno seguente e per cui erano già stati mobilitati dai Romeo più di un migliaio di uomini.
La prima fase del moto, iniziato il 2 settembre, si rivelò un successo e si caratterizzò per la larga partecipazione popolare, la presa del castello di Reggio da parte degli insorti e la capitolazione dell’esercito che vi era di stanza. Fu così costituita una ‘giunta provvisoria di governo’, di cui fecero parte anche i fratelli Plutino, ma essa non poté operare per l’immediata repressione governativa, segnata dall’invio da Napoli di due navi da guerra con cannoni che il 4 settembre cominciarono a sparare contro la città, terrorizzando la popolazione. Come altri capi della rivolta, Plutino cercò di impedire che i soldati si sbandassero e ordinò ai pochi rimasti di sparare con i loro fucili contro le navi e di tentare un colpo di mano per accerchiare le truppe appena sbarcate. Tuttavia, la gravità della situazione non consentiva un'adeguata resistenza e prevalse quindi l’idea di Domenico Romeo di trovare rifugio nelle montagne dell’Aspromonte, risparmiando alla città di Reggio, priva di difese, i danni di uno conflito bellico.
Proprio sull’Aspromonte, Domenico Romeo cadde ucciso in uno scontro a fuoco con le guardie urbane. Tutti gli altri importanti protagonisti del moto rivoluzionario, tra cui i due fratelli Plutino, per ordine del ministro di Polizia, furono incriminati e condannati a morte, commutata poi nell’ergastolo. Venne posta una taglia piuttosto ingente di mille ducati sul loro capo.
Riuscirono a sfuggire all’arresto da parte della polizia borbonica soltanto i due fratelli Plutino, che grazie all’aiuto di parenti e amici poterono rifugiarsi a Malta, dove si erano già stabiliti diversi patrioti.
Poco dopo questi eventi, il 29 gennaio 1848, Ferdinando II concesse la costituzione che era stata l’obiettivo del moto rivoluzionario reggino e Plutino, assieme al fratello, poté beneficiare dell’indulto connesso alla sua proclamazione, ritornando in Calabria.
Antonino si presentò alle elezioni e fu eletto deputato, mentre Agostino fu nominato colonnello della guardia nazionale della provincia di Reggio. Poiché nel mese di gennaio era scoppiata la rivoluzione siciliana, Giannandrea Romeo e Antonino Plutino furono incaricati dal governo di rappacificare l'isola e incontrarono a tal fine a Messina il comandante della Cittadella, prospettando un armistizio fino al 15 maggio 1848. Fu quindi inviato a Napoli Agostino per verificare se da parte governativa sarebbero state date le necessarie garanzie ai liberali siciliani. Agostino tornò da Napoli sfiduciato, dichiarando che non vi erano serie possibilità di accordo con il re e il suo governo.
Sul fronte napoletano, d’altra parte, proprio nel giorno dell’inaugurazione del nuovo Parlamento, il 15 maggio, i dissensi tra Ferdinando II e i deputati, riguardanti sia la formula del giuramento che altre questioni, fecero venir meno le speranze di costruire un sistema liberale-costituzionale. Tali notizie suscitarono vive preoccupazioni fra una parte del popolo, che iniziò a erigere barricate nelle principali strade di Napoli. Scoppiò così un conflitto fra una sezione della popolazione e l’esercito, rafforzato da reparti di guardie svizzere, con tragiche conseguenze per la dura repressione che ne seguì.
Antonino Plutino, assieme a molti altri deputati, firmò la Protesta redatta da Pasquale Stanislao Mancini, e quindi assieme ad Agostino e ad altri patrioti si diresse verso Malta e poi a Reggio Calabria, dove cercò inutilmente di sollevare la popolazione contro il governo. Agostino a sua volta si diede da fare a questo scopo in provincia, in particolare a Casalnuovo (attuale Cittanova), ma anche qui senza successo.
Malgrado ciò, Antonino, con altri patrioti, costituì a S. Eufemia un governo provvisorio che per qualche giorno riuscì a raccogliere un certo numero di sostenitori, che però dopo pochi giorni si dileguarono. Una nuova riunione a Casalnuovo fu vista con preoccupazione dai locali, che pregarono i fratelli Plutino e i loro amici di lasciare il paese.
L’assoluta mancanza di prospettive liberali indusse Plutino ad abbandonare, assieme al fratello, il Regno delle Due Sicilie, recandosi dapprima a Roma, poi a Livorno, da cui, dopo la vittoria degli Austriaci nel maggio 1849, si spostarono a Marsiglia, dove Agostino diede nuove prove della sua abilità commerciale, che gli consentiva, tra l’altro, di aiutare finanziariamente i numerosi patrioti indigenti.
Nel 1852, tuttavia, probabilmente su richiesta del governo napoletano, i due Plutino furono arrestati e poco dopo espulsi dalla Francia, anche se, dopo una supplica al principe Luciano Murat, che aspirava a diventare re di Napoli e quindi era disponibile ad aiutarli, ottennero di rimanere per poche settimane a Lione, dove Agostino poté liquidare i suoi affari riguardanti il commercio della seta.
Dopo l’esperienza francese, Plutino, assieme al fratello, si stabilì a a Genova e poi a Torino, dove riprese i contatti con i fuoriusciti meridionali. Inoltre, riavviò le attività commerciali già in passato foriere di notevoli profitti, costituendo un’azienda commerciale che gli assicurò nuovi introiti, soprattutto sul mercato delle sete, il cui valore era molto aumentato.
Il soggiorno a Torino consentì ai due Plutino di apprezzare quanto veniva fatto dai governi costituzionali di Vittorio Emanuele a favore dell’indipendenza italiana, per cui i due fratelli abbandonarono definitivamente l’originale progetto repubblicano d’ispirazione mazziniana, convertendosi al regime monarchico-costituzionale.
Nell’ambiente patriottico torinese, sempre in contatto con gli emigrati meridionali, i fratelli Plutino collaborarono molto efficacemente all’impresa dei Mille, dividendosi i compiti. Mentre Antonino fu tra i protagonisti della spedizione, partecipando attivamente alle riunioni preparatorie e anche seguendo Garibaldi nel viaggio in Sicilia, Agostino rimase nelle retrovie per facilitare le attività militari, seguendo strettamente le istruzioni del fratello, che nel biglietto di commiato scrittogli da Genova poco prima della partenza, il 5 maggio 1860, scriveva: «adoprati perché denaro e mezzi non manchino mai» (Arch. di Stato di Reggio Calabria, Fondo Plutino).
Il 29 maggio 1860 Plutino ebbe pieno mandato da Giacomo Medici e da Giuseppe La Farina per recarsi in Francia ed eventualmente in Inghiterra per acquistare armi, munizioni e anche tre battelli a vapore per una nuova spedizione in Sicilia che fu poi comandata dal Medici e partì da Genova l’11 giugno.
Ai primi di luglio, dopo avere spedito in Sicilia e in Calabria altre armi e munizioni, lo stesso Plutino giunse a Messina e subito dopo in Calabria, dove organizzò un gruppo di volontari cui diede il nome di Cacciatori d’Aspromonte, con i quali si spostò verso Gerace, precedendo lo sbarco di Garibaldi.
Dopo la vittoria, Garibaldi nominò Antonino ‘governatore generale della provincia di Reggio con poteri illimitati’ e Agostino ‘comandante della seconda e terza categoria della provincia di Reggio’. Agostino fu anche nominato vicegovernatore, a motivo delle cattive condizioni fisiche del fratello, da molto tempo sofferente per una malattia polmonare e inoltre ferito a Reggio, nella battaglia svoltasi nella piazza del Duomo.
Plutino s’impegnò con successo nella repressione dei moti reazionari di Cinquefrondi e di Pellaro, sia con la guardia nazionale che con la cooperazione di volontari che avevano già combattuto nelle file garibaldine. Riuscì poi a recuperare i beni di famiglia che le autorità borboniche gli avevano sequestrato e proseguì con successo le sue attività commerciali.
Fu eletto deputato nel 1861 per il collegio di Melito Porto Salvo e fu confermato nello stesso collegio fino alle votazioni politiche del 15 maggio 1880 per la XIV legislatura. Il 16 novembre 1882 fu nominato senatore.
Morì a Reggio Calabria il 12 dicembre 1885.
Sposatosi con Marianna De Blasio, ebbe con lei quattro figli: Fabrizio (1837-1925), deputato e senatore come il padre e altresì sindaco di Reggio Calabria; Fabio, Antonino, Caterina.
Fonti e Bibl: Arch. di Stato di Reggio Calabria, Fondo Plutino. Inoltre: G. Pepe, L’Italia negli anni 1847, 48 e 49. Continuazione delle Memorie, Torino 1850, passim; F. Plutino, Memoria delle vicende politiche dei fratelli Agostino e Antonino Plutino, Napoli 1861; P. Pellicano, Parole funerali per Marianna Plutino nata De Blasio, Reggio Calabria 1864; A. Plutino, Ai miei elettori, Roma 1879; V. Visalli, I Calabresi nel Risorgimento italiano. Storia documentata delle rivoluzioni calabresi dal 1799 al 1862, I-II, Torino 1891-93, passim; G. Olivieri, I Plutino nel Risorgimento nazionale. Cenni biografici corredati di documenti inediti, Campobasso 1907; N. Tripodi, I fratelli Plutino nel Risorgimento italiano, con particolari cenni alle rivoluzioni locali del 1847, '48, '60, Messina 1932; G. Cingari, Reggio Calabria, Roma-Bari 1988, ad indicem; M.P. Mazzitelli, L'archivio di Antonino e Agostino Plutino, in Calabria sconosciuta, XV (1992), 54, pp. 81-92; G. La Motta, Rivoluzione calabrese. Ricordanze inedite di un patriota fuorilegge (Reggio Calabria 1819-Corfù 1881), testo e note a cura di P. Casile, Reggio Calabria 2014, ad indicem; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/agostino-plutino-18100822#nav (20 novembre 2016); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/P_Regno?OpenPage (20 novembre 2016).