pluralismo
Dottrina e prassi che riconoscono la legittimità giuridica e politica nello Stato a una pluralità di gruppi sociali, partiti, istituti rappresentativi, associazioni, disciplinati da norme giuridiche interne, e ne sollecitano la partecipazione alla vita pubblica. Nel campo della teoria politica il termine p. viene usato per definire i tratti comuni di alcune dottrine contemporanee: nell’opporsi alla concezione tradizionale della sovranità dello Stato, cioè al monismo politico, e tenendo presenti i mutamenti intervenuti nella società nel corso degli ultimi decenni, esse danno particolare rilievo ai diritti, agli interessi e ai compiti di enti, comunità e associazioni più piccole dello Stato e con funzioni essenzialmente specializzate. L’indirizzo pluralistico (tra i suoi esponenti: J. Neville Figgis, H.J. Laski, A.D. Lindsay, E. Barker in Gran Bretagna; L. Duguit, J. Paul-Boncour in Francia; M.P. Follett negli USA; il movimento di Comunità di A. Olivetti in Italia) vuole in genere rivendicare i diritti e proteggere gli interessi di gruppi che non fanno parte dell’organizzazione statale; e lo stesso Stato, specie nella dottrina inglese, è concepito non tanto come associazione di individui, quanto come elemento organizzatore di gruppi e comunità: sindacati e unioni professionali, università e organismi culturali, enti locali, associazioni di vario genere e finalità, chiese ecc. In sostanza si può dire che il monismo politico è ormai tramontato, se in tutti i Paesi si è sentita la necessità di creare organi rappresentativi e di coordinamento di questi gruppi.