MARCONI, Plinio
Nacque a Verona il 13 ott. 1893, da Pietro, violinista, e da Antonella (Nella) Levi.
Dopo aver compiuto gli studi classici, nel 1910 il M. si iscrisse ai corsi di ingegneria civile e di architettura presso il Politecnico di Torino; ma nel 1914 venne chiamato alle armi nel corpo dell'artiglieria di montagna, con il grado di sottotenente degli alpini, e dovette sospendere gli studi.
Durante la guerra conobbe a Trento il pittore F. Carena, maestro di Dimka Kovačeva, pittrice bulgara di talento che aveva studiato a Firenze. Il M. la sposerà nel 1931, e da essa avrà tre figli, fra cui Paolo, docente di restauro dei monumenti.
Il M. conseguì la laurea in ingegneria civile nel 1919, relatore G. Giovannoni, con cui lavorò come assistente del corso di elementi delle fabbriche alla Scuola di applicazione per ingegneri di Roma dal 1920 al 1924. Nel 1922 ottenne il titolo di ingegnere architetto presso la neonata facoltà di architettura di Roma.
Dal 1921 al 1943, anno della cessazione delle pubblicazioni, fu redattore capo della rivista, diretta da G. Giovannoni e poi da M. Piacentini, Architettura e arti decorative, che nel 1931 prese il nome di Architettura, divenendo la rivista del Sindacato nazionale fascista architetti.
Nella duplice veste di responsabile della redazione e di autore di numerosi scritti, il M. ebbe occasione di svolgere un ruolo fondamentale nell'indirizzo culturale della disciplina architettonica, intervenendo nella scelta dei progetti da pubblicare a illustrazione degli esiti di concorsi di architettura ed esprimendosi sulle questioni del delicato rapporto tra modernità e tradizione: in particolare uno dei temi sui quali tornò ripetutamente riguardava la riflessione sulle architetture minime mediterranee quali riferimento per gli architetti suoi contemporanei.
Tra gli anni Venti e Trenta su questo argomento pubblicò Introduzione allo studio dell'architettura rustica e L'architettura rustica nell'isola di Capri, in Le Madie. Rivista d'arte paesana (Roma), 1921, pp. 12-20 e 21-27; Architetture minime mediterranee e architettura moderna e I recenti sviluppi dell'architettura italiana in rapporto alle loro origini, in Architettura e arti decorative, settembre 1929, pp. 27-44, e novembre 1931, pp. 761-817. E in questi scritti sosteneva che le forme semplificate e funzionali dell'architettura moderna europea non solo non erano in contrasto con la tradizione architettonica italiana, ma che questa ne era coerente rispecchiamento, se non addirittura la matrice figurativa e che la poetica cubista dei volumi puri era da considerarsi come la cifra stilistica che le accomunava con quella delle architetture rustiche mediterranee.
L'attività professionale del M. aveva avuto inizio intanto presso l'Istituto per le case popolari (ICP) di Roma. Tra il 1920 e il 1932 fu progettista e direttore dei lavori dell'Ufficio tecnico progetti e costruzioni. I suoi interventi più importanti per conto dell'ICP si svolsero nel periodo compreso tra il 1920 e il 1929, allorché collaborò alla realizzazione della borgata giardino Garbatella e del quartiere Portuense di Roma (1927-28).
La Garbatella, una borgata giardino costituita in gran parte da villette circondate da piccoli orti, comprendeva lotti di case popolari, oltre al quartiere per gli sfrattati e per i baraccati. Nell'ambito di questo intervento, pianificato per l'ICP da Giovannoni e da Piacentini, dal 1920 il M. si occupò della direzione dei lavori e della progettazione di cinquantaquattro villini e palazzine a carattere popolare (con particolare riguardo alla definizione dei tipi edilizi) del primo nucleo, oggi in parte demolito, e della scalinata di accesso al quartiere verso la via Ostiense. Dal 1924, per il secondo gruppo di realizzazioni, fu incaricato del progetto e della direzione dei lavori di un lotto intensivo di carattere semieconomico e nel 1926 di un lotto di case a riscatto.
Nel 1929, in occasione del XII Congresso dell'International Federation for housing and town planning, che si tenne a Roma, l'ICP presentò un intervento di tredici case modello per la Garbatella, per progettare le quali fu bandito un concorso a inviti. Del piano urbanistico fu incaricato il M. che si riservò, fuori concorso, la realizzazione dell'edificio di testata. Ai vincitori, la realizzazione delle altre dodici unità: tre a P. Aschieri, due a M. De Renzi, tre a G. Cancellotti, due a M. Marchi e due a L. Vietti.
L'impronta che il M. impresse nei suoi interventi in questo quartiere rappresenta in forma compiuta la tendenza regionalista che egli aveva maturato sia in seno all'Associazione artistica tra cultori di architettura - nella quale era stato introdotto dal suo fondatore Giovannoni, il cui obiettivo, a questo proposito, era la riscoperta dell'architettura tradizionale romana come risposta all'eclettismo dei primi del Novecento - sia approfondendo gli studi sull'edilizia tradizionale caprese.
La partecipazione all'organizzazione della Mostra nazionale dei piani regolatori del 1929, che era collegata al congresso dell'International Federation for housing and town planning, determinò una scelta di indirizzo culturale, orientata verso gli studi e la progettazione su scala territoriale, che il M. maturerà compiutamente nel 1933, quando venne istituita la Scuola di perfezionamento in urbanistica per diplomati in ingegneria e in architettura, alla quale venne chiamato per coprire il ruolo di assistente straordinario del corso di applicazioni urbanistiche tenuto da Piacentini; si dedicò alla didattica presso questa scuola fino al 1938. La carriera universitaria si era intanto consolidata nel 1934, quando aveva ottenuto la libera docenza in architettura generale; dal 1938 al 1950 fu professore incaricato e in seguito titolare della prima cattedra di urbanistica - che era stata di Piacentini - presso la facoltà di architettura di Roma, della quale fu preside dal 1963 al 1968, anno di congedo dall'insegnamento.
Nel periodo fra le due guerre, in coerenza con l'indirizzo accademico che aveva intrapreso, si cimentò nella realizzazione di alcuni edifici quali la palazzina Bezzi a piazzale Metronio a Roma nel 1936, le case della Gioventù italiana del littorio a Capua e ad Aversa nel 1941 e nel 1940 il progetto e la direzione artistica del palazzo della Confederazione degli agricoltori all'Esposizione universale di Roma, elaborato in collaborazione con G. Samonà e G. Viola.
Il M. fu tuttavia prevalentemente impegnato nella partecipazione a concorsi per la definizione di piani regolatori.
È del 1932 il concorso per il piano regolatore di Verona, elaborato in collaborazione con T. Brusa, M. Dezzutti, il fratello Pico Marconi, A. Melis, A. Midana; del 1935 quello per il piano di Pistoia, con M. Paniconi e G. Pediconi con i quali partecipò anche al concorso per il piano di Aprilia nel 1936; del 1938 quello di Bologna, con A. Degli Innocenzi, D. Filippone, G. Riccardi, C. Vannoni, M. Zocca, che risultò vincitore.
Sono del 1938 anche i piani particolareggiati di due regioni della città di Addis Abeba.
In questo stesso periodo ebbe inizio la sua partecipazione alle attività di importanti istituzioni, anche queste collegate all'attività di urbanista. Come componente della segreteria nazionale dell'Istituto nazionale di urbanistica nel 1941 lavorò nella commissione di studio incaricata di redigere il regolamento urbanistico-edilizio tipo; l'anno successivo fece parte della commissione incaricata dal ministero dei Lavori pubblici di elaborare il regolamento della nuova legge urbanistica. Per il Consiglio nazionale delle ricerche nel 1945 partecipò alla stesura del programma per la ricostruzione edilizia del paese e nel 1946 fu nel gruppo degli urbanisti impegnati nella redazione del Manuale dell'architetto. Dal 1952 fu direttore dell'Istituto di urbanistica e poi di ricerca urbanologica e tecnica dell'Università di Roma. Dal 1953 al 1966 fu membro della commissione urbanistica del Comune di Roma.
Nel M. era radicata l'idea dell'architetto integrale: egli, infatti, soprattutto a cavallo tra le due guerre, coniugò l'attività professionale alle diverse scale. Dal 1930 al 1948 realizzò a Roma diversi interventi di architettura degli interni e di arredamento di bar e negozi, parallelamente all'esordio del suo impegno nella pianificazione del territorio e all'attività accademica.
Nel secondo dopoguerra realizzò complessi di edifici nell'ambito degli interventi per la ricostruzione a partire dal duomo, l'episcopio e il seminario di Civitavecchia nel 1946. Fanno parte di questa fase anche alcune borgate rurali in Puglia, Lucania e Molise: tra queste, la borgata rurale di San Cataldo in provincia di Potenza nel 1951.
Fu l'autore di circa quaranta piani a diverse scale: piani regolatori generali, quali quello di Verona (1946-51), rappresentativo di una concezione particolare della pianificazione che ammette la sua esecuzione anche in assenza di piani particolareggiati, di Valdagno (1948-53), Bologna (1952-55), Vicenza (1954-55), Catanzaro (1954-58), Salerno (1956-57), Recoaro Terme (1959), Nicastro (1960-65), Trento (1962-64), Brindisi (1962-65), Prato (1963-66); piani intercomunali per Vicenza e per il lago di Bracciano, prodotti negli anni Sessanta; piani di venti arrondissements di Tunisi e della penisola di Capo Bon su incarico del governo tunisino nel 1966.
Sono inoltre connesse con l'attività pianificatoria del dopoguerra alcune realizzazioni di quartieri di edilizia popolare che fanno parte del piano INA-Casa: primi fra tutti quelli di Valdagno e di Verona, del 1949, e subito dopo quelli di San Lazzaro di Savena alle porte di Bologna e di Forlì, del 1954.
A Roma il M. progettò il piano urbanistico del quartiere INA-Casa di Torre Spaccata, realizzato tra il 1958 e il 1962.
Si tratta di un quartiere sperimentale situato nella periferia sudest della città, composto da settantaquattro edifici, disposti liberamente nell'area, con poche caratteristiche comuni a tutti i gruppi di edifici: l'altezza, fatta eccezione per poche torri, limitata a tre o cinque piani e il rivestimento dei prospetti, in cortina di mattoni con le strutture in cemento armato a faccia vista. Il M., oltre a coordinare i quarantacinque progettisti riuniti in dieci gruppi (capigruppo: V.B. Morpurgo, S. Boselli, G. Cancellotti, M. Castellazzi, E. Muntuori, G. Nicolosi, M. Paniconi, V. Passarelli, G. Pediconi e lo stesso M.), fu l'autore del sistema di edifici posti a sud dell'intervento, nel lotto adiacente alla zona dei servizi di quartiere - scuola e mercato - che comprende una casa a torre di sette piani e una serie di case in linea di tre o cinque piani che presentano una singolare soluzione di facciata che affida alle logge sovrapposte e sfalsate il raccordo delle singole unità abitative.
La caratteristica del lavoro del M. risiedette nella corrispondenza tra urbanistica e architettura, in un'attitudine a disegnare la città nella sua consistenza tridimensionale, elaborando il disegno delle strade e ipotesi di prospetti, non limitando la pianificazione ai suoi aspetti tecnici, ma contemporaneamente contribuendo a gettare le basi disciplinari per una metodologia del progetto urbanistico e ancora per l'unificazione delle modalità di rappresentazione grafica del piano. Le sue prime riflessioni in merito, che risalgono alla fine degli anni Venti, anticipano quelle che furono al centro del IV Congresso internazionale d'architettura moderna del 1933.
Dopo aver lasciato l'insegnamento, nel 1968 il M. chiuse la propria attività professionale redigendo una proposta per una superstrada Firenze-Siena-Viterbo-Roma.
Morì a Roma il 23 giugno 1974.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Archivio Plinio Marconi; F. Visintin, P. M. e il piano regolatore generale di Verona 1931-1954, in Storia urbana, XIV (1990), 52, pp. 137-164; P. Gabellini, P. M. Un manuale implicito per il mestiere di urbanista, in Urbanisti italiani. Piccinato, M., Samonà, Quaroni, De Carlo, Astengo, Campos Venuti, a cura di P. Di Biagi - P. Gabellini, Roma-Bari 1992, pp. 97-152; P. M. e l'estetica dell'architettura, in Boll. della Biblioteca della Facoltà di architettura dell'Università degli studi di Roma "La Sapienza", 1996, pp. 54 s.; M.L. Neri, in Diz. dell'architettura del XX secolo, a cura di C. Olmo, IV, Torino-London 2001, pp. 206 s.; P. M., in M. Guccione - D. Pesce - E. Reale, Guida agli archivi privati di architettura a Roma e nel Lazio. Da Roma capitale al secondo dopoguerra, Roma 2002, p. 84; P[aolo] Marconi, L'architettura regionalista e il restauro architettonico come replica, in Id., Il recupero della bellezza, Milano 2005, pp. 8-27; Diz. encicl. di architettura e urbanistica, III, p. 489; Diz. encicl. italiano, Supplemento, p. 583.