PLEVNA (A. T., 81)
Una delle città più importanti della Bulgaria settentrionale e capoluogo della provincia (okrăg) omonima (7637 kmq., con 432.160 ab. nel 1926). Il centro abitato sorge in un'ampia conca attraverso la quale scorre il Tučenica, che 7 chilometri più a O. mette foce nel Vit, affluente del Danubio. La città comanda, con le alture che la circondano, un nodo stradale in cui vengono a incrociarsi la via che dal sud attraverso i Balcani (Troj an-Loveč) sbocca al Danubio, con la trasversale che corre al piede delle ultime propaggini montuose di quelli, al limite con la pianura; vie seguite entrambe da ferrovie (Loveč-Somovit e Mezdra-Varna). Avanzi di abitazioni romane si rinvennero non lungi dall'attuale centro; questo rimonta però a epoca posteriore all'invasione ottomana e si è sviluppato come mercato dei prodotti agricoli (cereali, vino) della regione (plevnia, in bulgaro "fienile") e quindi piuttosto disordinatamente, attorno a poche piazze e lungo vie tortuose che solo di recente cominciano a essere rettificate e regolate. Plevna, che contava 11.474 ab. nel 1880, ne aveva 18.761 nel 1900, 28.775 nel 1926, 31.764 nel 1934. Il suo accrescimento è stato dei più rapidi fra i grossi centri della Bulgaria, ed è dovuto in parte all'attività industriale (metallurgia, tabacchi, molitorie) che vi ha prosperato, ma soprattutto alla sua funzione di mercato (cereali, e in primo luogo grano e mais; bestiame ovino, pelli, uova e pollame).
La città è, come la maggior parte di quelle bulgare, caratterizzata dalla divisione in quartieri, secondo le nazionalità (Bulgari, Turchi, Ebrei, Zingari).
Battaglie di Plevna. - Questa piccola città bulgara è celebre nella storia militare per le operazioni che si svolsero nelle immediate sue vicinanze durante la guerra turco-russa del 1877-78.
La posizione di Plevna - nodo d'importanti comunicazioni stradali, che all'inizio della campagna si trovava sulla direttrice di avanzata dell'ala destra dell'esercito russo (IX corpo d'armata, generale Krüdener) - aveva attratto l'attenzione del comandante dell'ala occidentale turca, ‛Osmān pascià, il quale, non essendo giunto in tempo per occupare Nicopoli, mirò ad affermarsi saldamente su un terreno, che per la caratteristica forma ad anfiteatro collinoso poteva consentire a truppe risolute alla resistenza e abili nella difesa, quali erano le truppe ottomane, possibilità di ostacolare seriamente l'avanzata russa, qualora si fosse loro lasciato il tempo di consolidarvisi. Frattanto, raccolti gli avanzi dei Turchi sfuggiti alla sconfitta di Nicopoli e i varî distaccamenti del suo proprio corpo d'armata, ‛Osmān pascià riusciva a mettere insieme, alla metà di luglio, circa 20.000 uomini, con i quali iniziava con grande attività la costruzione di opere fortificatorie speditive sul sistema collinoso accennato. Pochi giorni dopo (26 luglio) quando il Krüdener sferrò l'attacco contro Plevna movendo da due direzioni (NE.-SE.) i lavori compiuti dai difensori consentivano già un'efficace difesa, che riuscì tanto più agevole, in quanto i Russi - insufficientemente informati delle vere condizioni della sistemazione difensiva avversaria - mossero all'attacco in formazioni profonde, senza adeguata preparazione dell'artiglieria, ciò che rese efficacissimo il fuoco della difesa. E poiché il Krüdener non aveva disposto sufficienti riserve, l'offensiva russa si esaurì prima che le posizioni turche potessero essere solidamente occupate, e le truppe attaccanti dovettero essere ritirate sulle posizioni di partenza.
Osmān pascià, non sentendosi in forze sufficienti per un vittorioso contrattacco, preferì rafforzare la posizione di Plevna con unità fresche e con nuovi lavori in terra.
Quando quattro giorni dopo (30 luglio) il Krüdener, per ordine del generalissimo granduca Nicola, rinnovò l'offensiva con maggiori forze (all'incirca lungo le medesime direttrici dell'azione precedente), la difesa turca dimostrò nuovamente la propria superiorità. La critica attribuì il successo degli Ottomani al saggio impiego delle abbondanti riserve, che furono economizzate con cura meticolosa, senza però che mancasse mai il necessario alimento alla linea di fuoco, e attribuì l'insuccesso russo al difettoso funzionamento tecnico del comando, che, dapprima, non riuscì a mantenere il collegamento e l'armonia fra le due colonne attaccanti e, poi, non poté, per l'insufficiente profondità dello schieramento offensivo, tamponare le falle manifestatesi nella linea di battaglia. Anche questa volta ‛Osmān non credette utile l'inseguimento. Se il comandante turco avesse avuto conoscenza degli effetti morali deleterî prodotti nel campo avversario da questo secondo insuccesso, molto probabilmente sarebbe uscito dai trinceramenti e avrebbe conseguito risultati decisivi.
Mentre i Russi si preparano a nuovi attacchi, Plevna viene trasformata in un vero campo trincerato, con poco meno di 50 mila difensori e gruppi di opere staćcate. La piazza viene investita con i procedimenti propri degli assedî regolari e il comando russo impiega nell'operazione anche truppe romene. Ai primi di settembre, il granduca Nicola crede di avere raggiunto il voluto grado di preparazione e dà l'ordine dell'attacco. La presa di Plevna ha ormai una grande importanza morale, oltre che strategica. Lo stesso zar è sul posto. I preliminari dell'azione si effettuano l'11 settembre, col disegno di concentrare lo sforzo massimo a sud-ovest di Plevna sul gruppo di opere turche dette delle Montagne Verdi. Ma gli errori precedenti sembrano non avere nulla insegnato al comando russo. Il principale sforzo si sposta, contrariamente alle vedute dei capi, a nord-est. I successi effimeri, ottenuti dai Russi il primo giorno, non possono essere mantenuti il 12 settembre. In questa giornata solo il settore d'attacco meridionale, dove ha il comando lo Skobelev, riesce a ottenere qualche successo a prezzo di sacrifici gravissimi. Skobelev chiede rinforzi. Non solo egli non è sostenuto la notte sul 13, ma il mattino seguente riceve l'ordine della ritirata. Anche la terza battaglia di Plevna si conclude con uno scacco russo.
Da questo momento i Russi si limitano a operazioni metodiche d'assedio, in attesa che la piazza cada per fame o per ripercussione delle azioni fra gli eserciti campali in altro settore operativo.
Infatti, allorché ‛Osmān seppe della disfatta di Suleimān pascià, decise di tentare un'audace sortita (10 dicembre) che però fallì. I difensori di Plevna, non essendo riusciti ad aprirsi il varco attraverso la linea russa d'investimento, dovettero capitolare. Ma l'eroica difesa che era durata cinque mesi fu alto titolo d'onore per le truppe ottomane e per il loro comandante.