PLÈIADE
. Scuola poetica francese della seconda metà del sec. XVI, composta d'amici e compagni letterarî di P. de Ronsard (v.). Questi nominò dapprima "la Brigade" un gruppo di poeti amici suoi, e, come lui, discepoli dell'umanista Jean Dorat, i quali intendevano rinnovare tutta quanta la letteratura francese secondo un programma nettamente classicista, esposto da uno di loro, Joachim Du Bellay (v.), con un vivace e geniale manifesto letterario: la Déffence et illustration de la langue française (1549). La "Brigade" si accrebbe rapidamente di nuovi accoliti, e il Ronsard distinse in mezzo ad essa un manipolo eletto, a cui, per imitazione dell'antica Pleiade alessandrina (v.), venne dato il nome di "Pléiade". Ad ogni modo, questo nome non fu adoperato dal Ronsard che una sola volta, nell'elegia a Chr. de Choiseul, pubblicata in fronte alla versione di Anacreonte, opera di R. Belleau (1556). Il termine venne ripreso, e probabilmente divulgato, dagli avversarî ugonotti del Ronsard, e Henry Estienne lo usò, come se fosse già noto agli uomini colti del suo tempo, nell'Apologie pour Hérodote e nei Dialogues du nouveau langage; per la storia letteraria, fu consacrato da Claude Binet nella terza redazione della Vie de Ronsard (1597), che accompagnava l'edizione collettiva delle opere del poeta.
La composizione della Pléiade non ebbe la stabilità che le attribuirono i critici moderni: l'"élite", designata dal Ronsard nel 1553 (elegia A. Jean de La Péruse) comprendeva, oltre lui stesso, J. Du Bellay, Jean-Antoine de Baïf, Pontus de Thyard, Guillaume Des Autels, Étienne Jodelle e J. de La Péruse; morto quest'ultimo nel 1554, il suo posto fu preso da Remy Belleau. Nell'Hymne de Henry II, apparso nel 1555, il Ronsard sostituiva a G. Des Autels un nuovo poeta, Jacques Peletier; e questo nome è confermato dal sonetto 156 dei Regrets di J. Du Bellay (scritto probabilmente alla fine del 1557). Nel 1560 moriva Du Bellay; sì che la Pléiade vera e propria (giacché il Du Bellay n'è parte essenziale, e nessun altro nome potrebbe sostituirlo a lato del Ronsard) ebbe storicamente una vita assai breve. Il Binet, nella cit. Vie de Ronsard, aggiunse, come settimo (o come primo, poi ch'era il loro maestro) il nome di Jean Dorat a quelli di Ronsard, Du Bellay, Baïf, Tyard, Jodelle e Belleau, e rimase questo per i critici francesi, che nel sec. XIX rinverdirono la fama del Ronsard e della sua scuola, il canone su cui si fonda l'edizione complessiva della Pléiade française, curata dal Marty-Laveaux (Parigi 1866 segg.).
I sette poeti si adoprarono con entusiasmo allo sviluppo del programma bandito nella Défense: il Ronsard, riconosciuto come il capo, trattò quasi tutte le forme della poesia classica, non esclusa l'epopea (con la Franciade), e attinse nella lirica una grande altezza; il Du Bellay, poeta squisito anche in lingua latina, passò dal petrarchismo delle sue prime opere, alla sincera ispirazione dei Regrets: i1 Baïf, compagno di studî dei primi due, tradusse e imitò i poeti latini e greci, e si compiacque di questioni metriche e formali; Pontus de Thyard, che proveniva dalla scuola letteraria di Lione, volle rinnovare il platonismo; Jodelle fu il poeta drammatico della brigata, e scrisse la prima tragedia classica in lingua francese; iI Belleau, con le versioni e imitazioni anacreontiche e la Bergerie, abbozzò un ideale arcadico non privo di grazia; il Peletier, poeta didascalico, ebbe importanza nel gruppo specialmente per l'Art poétique del 1555. Se la scuola classica francese del sec. XVII, di cui si rese interprete il Boileau, mostrò di sdegnare l'opera del Ronsard e fece per lungo tempo l'oblio sugli altri poeti della Pléiade, è eerto che questa rappresenta uno dei momenti più vigorosi ed efficaci del Rinascimento letterario europeo e che del suo immenso lavoro, viziato talvolta dall'imitazione pedantesca degli antichi, rimangono molte pagine, specialmente liriche, di un'originale bellezza, che la critica dei romantici, dal Sainte-Beuve in poi, seppe giustamente rivalutare.
Bibl.: P. Laumonier, La Vie de P. de Ronsard de Claude Binet, ediz. critica, Parigi 1910, p. 219 segg.; A. Tilley, The compos. of the Pléiade, in Modern. Lang. Rev., VI (1911), pp. 212-215; e le opere indicate per i singoli autori.