PLASMA (App. III, 11, p. 426)
I progressi fatti nello studio del p., nonché la recente individuazione in campo astrofisico di ulteriori stati di aggregazione della materia, gettano nuova luce sulla definizione stessa di p. data da J. Lungmuir. Lo stato di p., copiosamente rappresentato nell'Universo (materia stellare, nonché p. interstellari), è caratterizzato da alta temperatura, ma densità non eccessivamente elevata. Alle altissime densità di certi oggetti stellari (nane bianche, stelle di neutroni), lo stato di aggregazione della materia cambia ulteriormente. Lo studio delle proprietà fisiche della materia in condizioni così estreme è stato significativamente approfondito nel corso dell'ultimo decennio. La teoria dello stesso stato di p. ha tratto beneficio dall'essere inserita nell'ambito di questo contesto più ampio. Dello stato di p., in rapporto a tali altri stati di aggregazione della materia, daremo ora una breve caratterizzazione teorica.
Consideriamo, per semplicità, un p. d'idrogeno, composto cioè di elettroni di massa m e carica − e, e di protoni di massa M e carica + e, con M/m ≈ 1836. In condizioni di equilibrio termodinamico, le sue proprietà sono completamente individuate da due parametri soltanto, la temperatura T e la densità n, quest'ultima essendo definita nel nostro caso come numero di elettroni, rispettivamente protoni, contenuti nell'unità di volume (il numero degli uni e degli altri essendo eguale per ragioni di neutralità di carica elettrica). In termini di n e di T si possono direttamente definire due lunghezze fondamentali: la "distanza interparticellare"
che dà un valore medio, o tipico, della distanza tra due particelle attigue; e la "distanza di Landau"
che dà il valore della distanza tra due particelle al quale l'energia d'interazione elettrostatica eguaglia l'energia cinetica tipica kT (essendo ε0 la costante dielettrica del vuoto, k la costante di Boltzmann).
Nel caratterizzare lo stato di "plasma" si richiede che sia λI ≫ λL, che cioè l'energia cinetica sia in media dominante rispetto all'energia d'interazione elettrostatica tra particelle attigue. Nel caso opposto, quando cioè l'energia d'interazione elettrostatica è più grande dell'energia cinetica, si parla di un "sistema condensato".
Nel discutere le caratteristiche fisiche del nostro sistema è inoltre importante stabilire se l'interazione tra particelle contigue è dominata da effetti quantistici, oppure no. Ciò può apprezzarsi raffrontando la distanza interparticellare λI con le lunghezze d'onda di De Broglie λQ(e), λQ(p), rispettivamente per elettroni e protoni di energia tipica kT:
dove h è la costante di Planck.
Nel diagramma temperatura-densità della fig. 1 (scale logaritmiche) sono state tracciate le linee λI = λL = λQ(e), λI = λQ(p), rispettivamente. Esse dividono il diagramma stesso in quattro zone, che brevemente illus triamo.
(I) Il sistema è dominato dall'energia cinetica, con effetti quantistici trascurabili sia per gli ioni sia per gli elettroni. Si tratta di un "p. classico", o p. per antonomasia. La maggior parte delle stelle (giganti e ordinarie) si trova in questo stato, e così pure i p. interstellari. Attualmente, inoltre, lo stato di p. (classico) è oggetto di estese investigazioni di laboratorio, soprattutto per merito degli studi relativi alla fusione nucleare, nell'ambito del cosiddetto confinamento magnetico (v. oltre).
(II) Il sistema è sempre dominato dall'energia cinetica, ma gli effetti quantistici sono ora importanti per la specie elettronica. La conseguenza più importante è che il sistema acquista un'elevata resistenza alla compressione, per effetto del principio di esclusione di Pauli. Questo stato della materia, detto "p. quantistico" o "degenere", è rappresentato nell'Universo dalla classe di stelle cosiddette "nane bianche". Questo tipo di p. può essere prodotto in laboratorio mediante l'impiego di laser di potenza, e riveste grande interesse per la fusione nucleare, nell'ambito della ricerca sul confinamento inerziale (v. oltre).
(III) La dinamica della specie ionica, sempre classica, è ora dominata dall'energia potenziale. Allo scopo di minimizzare quest'ultima, gli ioni tendono pertanto ad assumere una distribuzione spazialmente ordinata, costituendo un reticolo di tipo cristallino, ultracompatto. Si presume che gli strati profondi di certe nane bianche, come pure un sottile strato superficiale delle cosiddette stelle di neutroni, si trovino in questo stato di aggregazione.
(IV) La specie ionica, diventata anch'essa degenere, perde la sua "localizzabilità" spaziale e quindi la possibilità di organizzarsi in un reticolo. Le proprietà meccaniche del sistema tornano a essere perciò di tipo fluido (assenza di rigidità). Si ritiene che le stelle di neutroni, al di sotto della crosta rigida di cui al punto III, presentino una zona avente queste caratteristiche.
La precedente descrizione, soprattutto in relazione agli stati III e IV, è stata sovrasemplificata. Tenendo conto delle possibili reazioni, nucleari, si riscontrerebbe in realtà la seguente fenomenologia aggiuntiva:
a) tendenza alla formazione di nuclei di massa intermedia (ferro, nichel) a spese dei nuclei più leggeri (stati II e III);
b) tendenza alla formazione di neutroni a spese di protoni ed elettroni (stati III e IV);
c) tendenza alla produzione di iperoni a spese dei neutroni (stato IV).
Torniamo ora più propriamente alla discussione di un sistema del tipo I, cioè un p. classico. È opportuno rilevare che la distanza di Landau λL può interpretarsi come la dimensione efficace di una particella agli effetti di una tipica "collisione coulombiana" (cioè mediata dal campo elettrostatico) con altre particelle. Ciò porta alla seguente definizione del cammino libero medio λC (per collisioni coulombiane "forti", cui cioè sono associate deviazioni angolari dell'ordine del radiante):
Un'altra lunghezza fondamentale, molto importante, e che, a differenza di λL, λI, λC, non ha alcun riscontro nella teoria cinetica dei gas, è la distanza di Debye λD (vedi anche App. III, 11, pp. 426-27), definita come segue in termini di λL e λI:
Essa può essere caratterizzata come il lato di un cubo tale che, per ogni particella campione in esso contenuta, l'energia d'interazione elettrostatica totale dovuta a tutte le altre particelle presenti nel cubo (elettroni, o, separatamente, ioni) è dell'ordine dell'energia termica tipica kT. Sebbene, quindi, nell'interazione tra particelle contigue l'energia cinetica sia in media dominante, su distanze dell'ordine di λD l'azione cumulativa delle particelle del p. può avere un effetto non trascurabile sulla dinamica del sistema. La distanza di Debye rappresenta, in altre parole, la lunghezza caratteristica degli effetti elettrostatici cosiddetti "collettivi" in un plasma. È interessante osservare che detti effetti collettivi sussistono per il fatto che il potenziale d'interazione coulombiano varia col reciproco della distanza, cioè decade più lentamente che con il cubo della distanza stessa, mentre il numero delle particelle contenute in un certo volume cresce con il cubo della corrispondente tipica dimensione lineare. Nel caso di un gas neutro, il potenziale d'interazione tra le molecole decade più rapidamente (si è empiricamente trovato che esso decresce almeno come la sesta potenza della distanza), e di conseguenza effetti collettivi non possono aver luogo.
La condizione che definisce lo stato di p., λL ≪ λI comporta altresì λI ≪ λD e λD ≪ λC come segue dalle definizioni [4] e [5]. Queste condizioni, che sono poi condizioni di "rarefazione", sono alla base di molti sviluppi asintotici della fisica teorica del plasma. Esse sono comunemente riassunte nell'asserzione che il numero delle particelle contenute in un cubo avente per lato la lunghezza di Debye è assai grande. Tale numero viene chiamato "parametro di p.", e viene di solito indicato col simbolo Λ. Si ha dunque per definizione
Le relazioni tra Λ e λL, λI, λD, λC sono graficamente illustrate nella fig. 2.
Infine rileviamo come al lungo raggio dell'interazione coulombiana sia pure da ascriversi il fatto che, nei processi di termalizzazione, l'effetto cumulativo delle molte collisioni radenti sia dominante rispetto a quello delle poche collisioni forti. Ciò risulta in una distanza di rilassamento λR minore di λC:
la quantità Λ essendo il parametro di p. precedentemente definito. Si osservi che sebbene il valore di Λ venga di fatto a spaziare entro molte decadi, il suo logaritmo varia ovviamente entro limiti assai più contenuti, onde λR non differisce poi marcatamente da λC.
A differenza dei sistemi illimitati sin qui considerati, un sistema di dimensioni L finite può anche risultare non elettricamente neutro quando sia L 〈 λD. Un sistema siffatto, in cui viene meno la neutralità, viene convenzionalmente escluso dalla definizione di plasma (App. III, 11, p. 427).
Plasmi e tecnologia. Fusione termonucleare controllata. - Nell'ultimo decennio sono state realizzate o prospettate svariate nuove applicazioni tecnologiche dei p. moderatamente caldi (temperatura non superiore a 105 °K). Si è aperto il capitolo della "chimica calda"; sono in corso studi per trasformare direttamente l'energia termica del p. in energia elettrica; la propulsione a p. è oggetto di ricerca nella nuova tecnologia spaziale; le "torce a p." rendono più agevole il trattamento dei materiali refrattari.
L'applicazione di gran lunga più ricca di promesse rimane, da più di due decenni, quella della fusione termonucleare controllata. Le temperature richieste sono, in questo caso, elevatissime (oltre 108 °K). I progressi compiuti nella comprensione di tali regimi di p. sono stati considerevoli, sebbene forse ancora lenti, se raffrontati al massiccio impiego di ricercatori e mezzi cui si è dato luogo nei paesi più industrializzati. Il notevole sforzo trova ampia giustificazione negl'importanti vantaggi che questa possibile nuova fonte di energia presenta nei confronti dei combustibili chimici o nucleari di fissione oggi impiegati.
Com'è noto, in un p. di deuterio e trizio, portato a centinaia di milioni di gradi, avvengono reazioni nucleari di fusione, e l'energia sviluppata può eccedere quella spesa per riscaldare il p., purché questo rimanga caldo per un tempo τ tanto più lungo quanto più bassa è la densità n del p. (condizione di Lawson: App. III, 11, p. 428).
Negli anni Cinquanta e Sessanta è stata proposta una grande varietà di approcci al problema del confinamento magnetico di un p. termonucleare. Un naturale processo evolutivo e di selezione ha oggi portato a concentrare l'investigazione su un ridotto numero di configurazioni magnetiche. Quelle che riscuotono maggior credito sono le cosiddette "configurazioni chiuse" o "toroidali", con il p. a forma di ciambella. Delle configurazioni aperte "a specchi" si sta considerando il potenziale uso in reattori "ibridi", in cui i neutroni di fusione produrrebbero, in un mantello esterno al p., combustibili nucleari (trizio da litio e attinidi fissili da torio e uranio naturali), che in parte verrebbero bruciati in loco per fissione e in parte estratti per l'uso in altri impianti. Nell'ambito delle configurazioni toroidali, il tipo di macchina più rappresentativo è il "tokamak".
Le principali caratteristiche di un tokamak possono riassumersi come segue.
Nel p. a forma di ciambella scorre una corrente, che ha l'ufficio di riscaldare (parzialmente) il p., e di confinarlo, attraverso il campo magnetico a essa associato, che esercita appunto una pressione dell'ordine di quella del plasma. Il tutto è immerso in un campo magnetico assai più intenso, prodotto da conduttori esterni avvolti a solenoide attorno alla ciambella, e avente un effetto stabilizzante. La ciambella ha un aspetto tozzo, con i raggi maggiore e minore non molto diversi tra loro. Le prestazioni più spinte sino a oggi ottenute con questo tipo di macchine si possono così riassumere: temperatura ≈ 2,5•107 °K (grazie al riscaldamento addizionale ottenuto iniettando atomi neutri energetici); densità ≈ 1014 particelle per cm3; tempo di confinamento dell'energia ≈ 1/50 sec (è questo il tempo τ da usare nel criterio di Lawson), tempo di durata della configurazione ≈ 1/2 sec (v. anche reattore nucleare, in questa Appendice).
In alternativa agl'indirizzi cui si è precedentemente accennato, dalla metà circa degli anni Sessanta si persegue anche una nuova strada, quella del cosiddetto "confinamento inerziale". Essa consiste nel folgorare con radiazione laser di potenza una sferetta solida di deuterio-trizio. Il tempo da usare nel criterio di Lawson è ora il tempo di esplosione della sferetta. Tale tempo è di necessità molto breve, perché l'esplosione è controllabile solo se la sferetta è molto piccola. Ne segue che la densità n dev'essere assai elevata, se si vuole soddisfare il sopraddetto criterio: in pratica, si può mostrare che occorrono densità circa mille volte superiori alla densità del deuterio solido. Fortunatamente una tale fantastica compressione può essere prodotta mediante lo stesso fascio laser, non tanto per effetto della pressione di radiazione, che è trascurabile, ma a causa della reazione alla violenta sublimazione superficiale della sferetta (osservata per la prima volta nel 1965 a Frascati presso i Laboratori Gas Ionizzati del CNEN). Sperimentalmente si è a tuttoggi prodotta una compressione di un fattore cento rispetto alla densità del deuterio solido.
Il residuo non ablato del bersaglio è un interessante p. degenere, che l'ultima parte dell'impulso laser può scaldare sino alla temperatura d'ignizione termonucleare. La fiducia in questo nuovo approccio alla fusione attende il conforto di più ricche informazioni sperimentali, accompagnate da un poderoso sviluppo tecnologico dei laser di potenza. Sono state recentemente proposte soluzioni alternative che prevedono la sostituzione del fascio laser con fasci energetici di elettroni o di ioni pesanti.
Bibl.: M. A. Ruderman, Superdense matter in stars, in Journal de Phys., vol. 30 (1969), suppl. al n. 11-12; B. Coppi, J. Rem, Il Tokamak e la fusione termonucleare controllata, in Le scienze, vol. IX (1972), n. 50; J. L. Emmett, J. Nuckolls, L. Wood, Energia di fusione da implosione con il laser, ibid., vol. XIII (1974), n. 74; F. L. Ribe, Fusion reactor systems, in Review of modern physics, vol. 47 (1975), n. 1.