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PLAGIO

di Mario PRAZ - Ottorino VANNINI - Enciclopedia Italiana (1935)
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PLAGIO

Mario PRAZ
Ottorino VANNINI

. La parola "plagio" è stata assunta dal diritto in diversi significati; nel senso cioè di "plagio civile", di "plagio politico" e di "plagio letterario".

Il plagio civile. - È la riduzione d'una persona in stato di schiavitù o in altro stato analogo. Il delitto di plagio (il classico plagium), correttamente concepito come delitto contro la libertà individuale, inesattamente considerato in alcune epoche come delitto contro la proprietà alla guisa del furto, ha una storia che ci riporta sino ai tempi di Roma. Pene per il plagio comminarono anche il diritto germanico e il diritto canonico (per il vigente diritto canonico vedasi il canone 2354 del Codex). Scarsa considerazione, invece, ebbe il delitto di plagio nel diritto statutario d'Italia. Il codice penale del 1889 contemplava il delitto di plagio nell'articolo 145 disponendo: "Chiunque riduce una persona in schiavitù o in altra condizione analoga, è punito con la reclusione da dodici a venti anni", assimilando alla schiavitù (condizione giuridica riconosciuta da leggi di stati esteri) quegli stati di fatto che sostanzialmente equivalgono alla schiavitù, in quanto pongono la vittima nella più assoluta condizione servile di fronte alla volontà del padrone. Il codice del 1930 distingue il delitto di riduzione in schiavitù o in una condizione analoga alla schiavitù (es. servo della gleba), ma sempre condizione giuridicamente riconosciuta dalle leggi di stati stranieri (v. art. 600), dal delitto di plagio (art. 603) in cui lo stato di piena soggezione, nel quale viene a trovarsi la vittima, è considerato come mera situazione di fatto; distinzione da cui deriva di conseguenza che il delitto di plagio, diversamente dal delitto di riduzione in schiavitù o in altra analoga condizione giuridica, ben può consumarsi anche in Italia. L'art. 603 del cod. pen., fissando gli estremi del delitto di plagio, dispone: "Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni"; totale stato di soggezione che si determina allorché, come è detto nella relazione ministeriale al progetto del codice (n. 703), "tra il colpevole e la vittima si stabilisce, in sostanza, un rapporto tale che il primo acquista sulla seconda completa padronanza e dominio, annientandone la libertà nel suo contenuto integrale, impadronendosi completamente della sua personalità". Non deve, però, credersi che per "annientamento della libertà nel suo contenuto integrale" si debba intendere la soppressione, nella loro totalità, di tutte, niuna esclusa, le manifestazioni nelle quali la libertà può esplicarsi; quel totale annientamento va inteso nel senso di "negazione, da parte dell'agente, della personalità della vittima, come rapporto di soggezione che investe e lede la personalità umana anche quando per avventura alla vittima, assoggettata al potere dell'agente, fosse residuata una qualche libertà, come, ad es., la libertà di locomozione, di corrispondenza per lettera con terzi, ecc.". Il delitto di plagio è collocato fra i delitti contro la personalità individuale (sezione I), anziché fra i delitti contro la libertà personale (sezione II), per quanto sia per eccellenza un delitto contro la libertà personale; e ciò perché nel delitto di plagio, come in quello di riduzione in schiavitù, a differenza che nei delitti contro la libertà personale, "la lesione giuridica ha per oggetto non una o più delle singole manifestazioni in cui può esplicarsi la libertà individuale, bensì il complesso di tali manifestazioni che si riassumono nello status libertatis" (Rel. Min., n. 699). È cosi che si distingue il "plagio" dal "sequestro di persona". Il delitto di plagio è delitto doloso, ma la legge non richiede per esso alcun fine specifico. Indifferente è il mezzo di cui si sia servito il colpevole per commettere il delitto; di modo che non tornerebbe oggi giusta la definizione che di esso dà F. Carrara: "violenta o fraudolenta abduzione di un uomo per farne lucro o per fine di vendetta".

Infine, è opinione della dottrina, conforme a quanto è detto nella relazione ministeriale, che il consenso non escluda il reato, non ritenendosi, nell'ordinamento giuridico italiano, lo status libertatis un diritto di cui si possa legittimamente disporre.

Il plagio politico. - Con questa espressione si vuole indicare il delitto di colui che priva illegittimamente alcuno della libertà personale, consegnandolo all'estero per un servizio militare, ossia per un servizio militarmente disciplinato, e, come tale, implicante nella persona uno stato di privazione della libertà. Questa figura di plagio politico, che con altra denominazione era contemplata nel primo capoverso dell'art. 146 del codice penale del 1889 come forma aggravata del delitto di "restrizione dell'altrui libertà personale", non è prevista in modo particolare dalla vigente legislazione penale (cod. pen. 1930).

Il plagio letterario. - La parola plagio viene altresì usata, come si è detto, nel significato - che è del resto il suo più comune o volgare significato - di plagio letterario (o anche scientifico e artistico), consistente nel fatto di colui che pubblica o dà per propria l'opera letteraria o scientifica o artistica di altri. G. Carmignani definì il plagio, sotto questo aspetto, come "il delitto degli scrittori che gli altrui scrigni espillano e ne portano via gli scritti, onde le altrui idee o clandestinamente o palesemente inseriscono nelle proprie opere". Per il Carrara consisteva il plagio letterario nello "speculare a proprio indebito lucro, e in danno del legittimo dispositore, sui prodotti dell'ingegno altrui". Occorre però distinguere il plagio come illecito morale, che a carico dell'autore determina, come sanzione, disistima e discredito, dal plagio come illecito giuridico, altrimenti definito con la parola "contraffazione", con la quale s'indicano solo "i casi in cui vi è vera e propria riproduzione, sia pure parziale o mascherata, dell'opera e, quindi, vi è vera violazione reprimibile dei diritti esclusivi od in genere del diritto di autore". Il reato di plagio letterario (delitto: v. art. 5 disp. di coordinamento per il cod. penale) è previsto dal r. decr. legge 7 novembre 1925, n. 1950 sui diritti di autore, che al capo 5° (Sanzioni penali e misure cautelari), art. 61, così dispone: "Salve le maggiori pene stabilite dal codice penale e da altre leggi, è punito con la multa da lire 500 a 10.000 chiunque abusivamente, con qualsiasi scopo e in qualsiasi forma, riproduce, pubblica o diffonde, con o senza modificazioni, un'opera altrui, e chiunque introduce o mette in vendita nel Regno gli esemplari illecitamente prodotti. Se il reato è commesso su opera non destinata dall'autore alla pubblicità, ovvero con usurpazione della paternità dell'opera, ovvero con deturpamenti dell'opera che offendono la reputazione o i sentimenti dell'autore, la pena è della multa non inferiore a L. 5000".

Specialmente nel secolo scorso, si è data eccessiva estensione al concetto di plagio in un'opera d'arte, vedendosi plagi perfino in legittime utilizzazioni di fonti storiche. Così, ad esempio, quando Olindo Guerrini denunziava che il famoso ragionamento di don Ferrante sulla peste era "copiato di sana pianta" da una lettera di Claudio Achillini al Mascardi. Neanche una contaminazione di varie fonti si può chiamar plagio, poiché la risultante è opera diversa dalle parti disparate che una nuova fantasia è intervenuta a ricombinare: così non diminuisce affatto il merito dell'Ariosto l'aver attinto all'invenzione altrui nel. creare la sua nuova fiaba d'Orlando. A voler essere sottili, non solo una traduzione è opera diversa dall'originale, ma anche una nuova esecuzione d'una stessa musica, una nuova lettura d'una stessa poesia, una copia d'un dipinto o d'una statua sono opere in certo senso originali, non potendosi nulla ripetere nei processi dello spirito. Insomma, in sede di giudizio estetico, distinguere tra ispirazione immediata, o di primo grado, cioè sorta da una personale contemplazione dell'universo, e ispirazione mediata, o di secondo grado, cioè sorta da una personale contemplazione d'una contemplazione altrui; fare, in altre parole, una distinzione basata sul genere dei motivi d'ispirazione equivale a voler introdurre in quel giudizio un fatto estraneo, dal momento che tanto il motivo naturale quanto il motivo letterario non sono rimasti fatti bruti, identici a sé stessi, nella nuova visione dell'artista.

Il concetto di plagio, che implica una condanna morale, può, sì, applicarsi all'intenzione di deliberatamente appropriarsi il prodotto dell'altrui fantasia, ma non altrettanto bene al risultato; ché se agli effetti legali basterà che sia chiaramente riconoscibile il modello e la premeditazione d'imitarlo, in sede estetica la riconoscibilità del modello, a meno, s'intende, che non si tratti di riproduzione integrale, non toglie individualità all'opera nuova, qualunque essa sia. In sede di storia letteraria e della cultura, interesserà sempre ravvicinare un'opera alla sua fonte o alle sue fonti. L'utilizzazione, per es., di versi omerici in un poeta alessandrino, di versi petrarcheschi in un petrarchista, di schemi compositivi e di particolari d'antichi maestri in un preraffaellita, ecc., dimostrerà il carattere culturale dell'opera più recente. Notava Daniello Bartoli (L'uomo di lettere difeso et emendato): "I componimenti dei grandi maestri di lettere mirati con applicazione improntano nella mente a poco a poco una nobile idea di un simile dire: e si ha per esperienza che chi si avvezza a leggere componimenti di nobili sensi e d'alte maniere, quasi ebbriato de' medesimi spiriti, pare che non sappia più dire in altro modo che nobilmente". In questa luce possono venir considerate anche le statue di A. Dossena, ispirate dallo studio di antichi maestri, sorgendo il concetto di plagio, o meglio di contraffazione, solo nell'intenzione, estranea all'opera d'arte in sé, di derivarne un lucro, profittando dell'aria di famiglia con i modelli. In un'intenzione di questo genere, nella deliberata alterazione della verità storica circa l'autore d'un'opera (o d'una teoria), va ricercata l'essenza del plagio, come ha notato il Croce; ma per ammettere ciò non ci si può contentare di pochi elementi: occorre l'appropriazione più o meno completa dell'opera altrui.

Non tutti i plagi celebri son quindi plagi nel senso vero e proprio qui accettato. Un caso ideale è quello di Batillo, che s'attribuì un epigramma di Virgilio in onore d'Augusto, onde Virgilio scrisse i quattro famosi versi: "Sic vos non vobis nidificatis aves", ecc. Un simile caso di plagio classico, di Crispino da Orazio, fu immaginato da Ben Jonson nel suo dramma Poetaster. Oltremodo numerosi i plagi dello Stendhal, specie nelle sue prime opere (Vies de Haydn, Mozart et Métastase; Le livre de l'amour; Histoire de la Peinture en Italie; Rome, Naples et Florence; Racine et Shakespeare). Ma in molti dei plagi celebri si tratta di riduzione, di adattamento, di libera imitazione: tale è, per esempio, il caso dei plagi dannunziani, che suscitarono tanto scalpore in Italia alla fine del secolo scorso, dopo gli articoli di E. Thovez nella Gazzetta Letteraria del 1896.

La similarità dell'argomento, senza riscontri precisi, può essere talora dovuta a coincidenza, o a moda, e non rientra affatto nel concetto morale di plagio. Per esempio si volle vedere un plagiario nel Sienkiewicz, perché il suo Quo vadis? assomigliava per ispirazione agli Ultimi giorni di Pompei del Bulwer Lytton.

Bibl.: G. Carmignani, Elementi di diritto criminale, Napoli 1854; F. Carrara, Programma, II, Lucca 1875, p. 591 segg.; A. Pertile, Storia del diritto italiano, V, 2ª ed., Torino 1892, p. 609 segg.; Th. Mommsen, Römisches Strafrecht, Lipsia 1899; M. Lauria, Appunti sul plagio, in Annali Univ. Macerata, VIII (1932), p. 196 segg.; E. Piola Caselli, Trattato del diritto di autore, 2ª ed., in Il diritto civile italiano di P. Fiore, Torino-Napoli 1927; B. Croce, problemi di estetica, Bari 1923, pp. 67-70; D. Giuriati, Il Plagio, Milano 1903 (copiosa documentazione, scarso valore teorico); A. Lumbroso, Plagi, imitazioni e traduzioni, in Scaramucce e avvisaglie, Frascati 1902; A. Sandulli, Arte delittuosa, Napoli 1934. La questione dei plagi dello Stendhal è stata trattata nel suo insieme da P. Hazard, Les plagiats de Stendhal d'après de récentes publications, in Revue des Deux Mondes, 15 settembre 1921. Per i plagi dello Stendhal dal Carpani nelle Vie de Haydn, v. il riassunto di E. Henriot, Stendhaliana, Parigi 1924, p. 154; per i plagi nell'Histoire de la Peinture en Italie, v. P. Arbelet, L'Histoire de la Peinture en Italie et les plagitas de Stendhal, ivi 1914. V. inoltre pure P. Arbelet, Les plagiats de Stendhal jugés par Stendhal, in Revue de France, 15 febbraio 1922. Per i plagi dannunziani vedi D'Annunzio e l'amor sensuale della parola, in M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella lett. romantica, Milano-Roma 1930.

Vedi anche
Antoine Furetière Furetière ‹fürti̯èer›, Antoine. - Scrittore (Parigi 1620 - ivi 1688). Avvocato nel 1645, poi procuratore fiscale di Saint-Germain-des-Près; quindi, presi gli ordini sacri, fu abate di Chalivoy (1663) e infine priore di Pruines. Dedicandosi alla letteratura, si distinse per alcune raccolte di poesie e ... Galileo Galilèi Galilèi, Galileo. - Fisico e filosofo della natura (Pisa 1564 - Arcetri 1642). Figlio maggiore di Vincenzo, musicista e teorico della musica e di Giulia Ammannati, trascorse la sua infanzia tra Pisa e Firenze (dal 1574). Il 5 settembre 1580 (1581 secondo il calendario pisano) fu immatricolato fra gli ... Ungheria Stato interno dell’Europa orientale, confinante con la Slovacchia a N, l’Ucraina a NE, la Romania a E, la Serbia e la Croazia a S, la Slovenia e l’Austria a O. 1. Caratteristiche fisiche Il territorio ungherese si presenta per lo più pianeggiante (per oltre il 70% della superficie totale), con rilievi ... Potocki Jan. - Studioso dell'antichità, archeologo e scrittore polacco (Pików, Podolia, 1761 - Uładówka, Podolia, 1815). È noto per il romanzo fantastico-filosofico Manuscrit trouvé à Saragosse, costruito sullo schema de Le mille e una notte. Il romanzo apparve integralmente nella trad. polacca del 1847 (e nell'originale ...
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plàgio
plagio plàgio s. m. [dal lat. tardo, giur., plagium, der. del gr. πλάγιον «sotterfugio», neutro sostantivato dell’agg. πλάγιος «obliquo»; in latino il termine aveva il sign. 1, e da esso deriva il sign. 2; il sign. 3 si fa risalire a un...
plàgio-
plagio- plàgio- [dal gr. πλάγιος «obliquo, trasverso»]. – Primo elemento di termini composti formati modernamente nel linguaggio scientifico ital. e lat., sul modello del gr. πλαγίαυλος «plagìaulos», nei quali indica posizione obliqua o...
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