FEDERICI, Placido (al secolo Gaetano)
Nacque a Genova il 4 maggio 1739 da Luigi e da Girolama Federici, in una famiglia patrizia. Per traversie familiari, ben presto egli, insieme al fratello maggiore Stefano (che assumerà nei benedettini il nome di Giovan Battista), nato il 18 genn. 1737, fu affidato allo zio materno, Vittorino Federici, allora priore del monastero benedettino di S. Girolamo della Cervara a Piacenza. Questi, l'8 luglio 1750, li accompagnò a Montecassino con l'intento di farli entrare nella Congregazione cassinense. "Sono spiritosi, ma il secondo mostra di aver miglior talento, e danno a vedere che hanno avuto una buona educazione" (Arch. di Montecassino, Giornali, p. 62: nota dell'archivista S. Campitelli). Vestito il 18 luglio l'abito monastico (P. 72), i due fratelli continuarono gli studi avendo come compagni, tra gli altri, N. e C. Pagano, C. G. Gadaleta e M. Lucarelli. In questo periodo il F. si dedicò all'arte di verseggiare in latino e in italiano, e diede inizio ad un poema in ottava rima su s. Benedetto che non termino mai, per seguire gli studi del corso teologico. Prese i voti monastici il 14 maggio 1755, essendo stato accolto dal capitolo abbaziale "con voti pieni segreti" il 1º ott. 1754. Suo fratello lo aveva preceduto il 13 genn. 1753 (ibid., pp. 411, 438, 449, 451). Compiuti i consueti studi di filosofia e teologia, nel maggio 1760 il F. venne inviato per un triennio a Roma, nel collegio benedettino di S. Anselmo. Ivi ebbe come lettori L. M. Scotti di Parma per la teologia e C. Monti di Brescia per il diritto canonico, mentre fra i condiscepoli si ricordano il vecchio amico di Montecassino Gadaleta ed E. Caputo, che eccellerà anch'egli negli studi di diplomatica e sarà professore a Napoli.
Rientrato a Montecassino, ottenne con dispensa pontificia l'ordinazione sacerdotale, il 21 maggio 1763. Venne immediatamente destinato a secondo custode dell'insigne archivio dell'abbazia, col titolo di lettore dei sacri canoni. Ma ben presto l'abate gli affidò anche l'incarico di redigere un nuovo catalogo della biblioteca degli stampati, assai arricchita recentemente dai lasciti dei fratelli A. e G. Capece: il F. assolse tale compito in meno di un anno, compilando due volumi in folio. Ma nel frattempo il fratello gli aveva aperto una nuova strada (come in seguito avverrà quasi sempre), apprestandogli un lavoro di ben maggiore impegno. Dal 1759 al 1761 Giovan Battista aveva lavorato ad un catalogo dei manoscritti di quell'archivio, limitandosi però ad inserire dei foglietti volanti nei codici. Passò tale abbozzo di lavoro al F., con l'incarico di ridurlo all'unità, completarlo, e trasformarlo in fascicoli e volumi. Ne risultò il grande catalogo dei manoscritti in sette volumi, oggi rilegato in 4º in pergamena, recante il titolo Bibliotheca Cassinensium manuscriptorum, seu Catalogus codicum manuscriptorum, qui asservantur in Archivo sacri archimonasterii Montis Casini, opera et studio, primum d. Ioannis Baptistae Federici a Genua et postea d. Placidi Federici a Genua compositus et illustratus ab anno 1763 ad an. 1768, che verrà emendato da qualche imprecisione nel 1782 ancora da Giovan Battista.
Ma molti altri impegni gravavano sul F., specialmente per fornire le documentazioni occorrenti a sostenere i tanti affari e processi dell'abbazia, e per accontentare le continue richieste provenienti da studiosi di tutta Europa. Nel giugno 1766, inoltre, gli fu attribuito anche l'incarico dell'insegnamento di teologia, che sostenne validamente, sempre affiancato, egli "tutto vivace", dal fratello "tutto tetramente meditabondo".
Alla fine del 1768 un dispaccio reale chiese all'abbazia il rispetto della norma che proibiva a chiunque non fosse suddito del Regno di esercitare qualsiasi ufficio. Ad una richiesta di deroga presentata dall'abate A. Parisio, il ministro B. Tanucci rispose seccamente che non si potevano fare grazie particolari e che se gli "esteri" non erano contenti "non era loro vietato di ritornare alla loro patria". I due fratelli Federici sarebbero potuti rimanere se avessero rinunciato agli incarichi pubblici (il F., oltre che professore di teologia, era penitenziere diocesano ed esaminatore del clero), ma, offesi dal trattamento loro riservato, giudicarono più dignitoso lasciare il Regno.
Il 4 apr. 1769 partirono alla volta di Napoli, da dove proseguirono via mare per Livorno, giungendo a Genova il 5 maggio. Qui li accolse lo zio Vittorino ora abate di S. Caterina, che affidò al F. una pubblica scuola di teologia aperta per l'occasione e a Giovan Battista l'incarico dell'istruzione dei giovanetti nobili genovesi. Il corso di teologia ebbe vasta eco, ma suscitò anche accese gelosie, e si volle trovare nelle sue dottrine tracce di gallicanismo. Appoggiato da personaggi qualificati, il F. rifiutò di accordare all'inquisitore qualsiasi modifica delle sue tesi: ne derivò una tensione che consigliò ai suoi superiori di allontanarlo prudentemente. Il fratello aveva già lasciato Genova per Roma, cedendo alle insistenze dell'abate di S. Paolo P. Ginanni, che voleva il suo aiuto per la stesura della storia di quella basilica, ed era poi passato a Ferrara, nel monastero di S. Benedetto. Perciò a Ferrara si diresse il F., sul finire del 1773. I fratelli si riunirono dunque in quella città, dove ebbero inizio le vicende che fecero del F. "lo storico di Pomposa".
Infatti a S. Benedetto di Ferrara era depositato l'archivio dell'insigne monastero pomposiano, immenso ammasso di diplomi e pergamene a partire dal IX secolo, mai pubblicato, se non in minima parte da L. A. Muratori per limitate questioni inerenti al dominio della S. Sede su Comacchio. L'abate B. Bacchini ne aveva compilato un indice cronologico. Giovan Battista presentò quei documenti al fratello, spingendolo a intraprendere la compilazione di una grande storia dell'abbazia di Pomposa.
Il F., affascinato dal pregio di quell'archivio antichissimo, dalla comodità dell'indice esistente. ed "allettato dalla novità", intraprese il lavoro, che era stato ancora una volta programmato per lui dal fratello, il quale dovette anche, all'inizio, aiutarlo nella decifrazione dei testi. Il F. aveva cominciato a stendere l'opera in italiano, ma fu persuaso a passare al latino da un altro professore di quell'università, G. Ferri, e dagli annalisti camaldolesi G. B. Mittarelli e A . Costadoni.
Il completamento del lavoro impose ricerche anche in altre città: a Modena il duca gli aprì gli archivi, dove fu assistito da G. Tiraboschi; il card. A. Albani gli permise, tramite G. Marini, ricerche nell'archivio di Castel Sant'Angelo; a Parma godette dell'aiuto di P. M. Paclaudi; a Firenze di quello di A. M. Bandini, bibliotecario della Laurenziana.
Complessivamente quel lavoro assorbì il F. per cinque anni, dal principio del 1774 alla fine del 1778, quando il manoscritto del primo volume dell'opera era pronto per la stampa. Ma sorsero allora gravi difficoltà di ordine finanziario. Il F. si era rivolto per la pubblicazione ai librai veneti, e questi volentieri ne avrebbero assunto l'impegno, ma esigevano la consegna dei tre volumi previsti, e non solo del primo, onde attirare un maggior numero di sottoscrizioni. Passò così del tempo, e il F., di carattere impulsivo, preso da sfiducia ritirò il manoscritto da Venezia, e abbandonò l'idea di continuare l'opera.
Intanto, nel maggio di quello stesso anno 1778, il capitolo generale della Congregazione cassinense, riunito a Perugia, aveva eletto abate (per la seconda volta) don D. Favilla, grande estimatore degli "esuli" fratelli Federici. Egli immediatamente scrisse loro invitandoli a ritornare a Montecassino, con la promessa di impegnarsi presso la corte di Napoli per ottenere la loro "naturalizzazione". Infatti, giunto in sede, poté comunicare loro un dispaccio reale del 3 ottobre che gli permetteva "di poter impiegare due Religiosi non regnicoli, che sono di grandi capacità, in cariche che non comportino Preláture ..."; era qualcosa, anche se, per il parere contrario della Real Camera, la completa soddisfazione giungerà solo nel 1781. Giovan Battista non volle per allora abbandonare la parrocchia di S. Procolo a Bologna, che aveva assunto da appena un anno; il F. invece, allettato dalla promessa nomina a primo archivista, accettò subito. Tuttavia, avendo già assunto l'impegno di recarsi a riordinare gli archivi di S. Vitale a Ravenna, chiese ed ottenne una dilazione fino al maggio 1779. A Ravenna svolse quell'incarico con somma alacrità, coadiuvato da don B. Fiandrini Frontorio, e portò a compimento il catalogo. Parti per Montecassino prima della fine di aprile, fermandosi però a Roma per salutarvi vecchi conoscenti e corrispondenti, come mons. S. Borgia, il card. F. S. Borghese, e G. C. Amaduzzi, che lo vollero in Arcadia, dove fu accolto col nome di Dormindo Leutrense.
Il F. giunse a Montecassino il 21 luglio. L'abate Favilla, assente, aveva lasciato ordine che gli fossero immediatamente consegnate le chiavi dell'archivio; il 25 entrò in carica, cominciando da quella data a stendere i Giornali, che purtroppo sono andati perduti negli eventi bellici del 1944.
Scoprì subito che il Calepino, il prezioso vecchio indice alfabetico dell'archivio, consegnato qualche anno prima al re, non era stato restituito. Col solito entusiasmo si mise a compilarne uno nuovo, lavoro enorme che lo terrà impegnato fino alla morte, e che fu poi proseguito su sue note dal suo successore G. Lamberti. Nel 1780 fu nominato convisitatore della diocesi, e nel 1781 gli fu nuovamente addossata la cattedra di teologia. Rifiutò la cattedra di dommatica a Propaganda Fide, offertagli dal card. L. Antonelli. Nello stesso 1781 vide finalmente la luce il primo volume della storia di Pomposa, ma a spese del F., anche se con forti contributi dell'abate di Montecassino e del monastero di S. Benedetto di Ferrara (Rerum Pomposianarum historia monumentis illustrata, auctore d. Placido Federicio monacho et lectore Casinate, Romae 1781).
L'opera era stata annunciata come articolata in tre volun-ú, ed il F. andava dichiarando a tutti, anche al papa, che il secondo volume era già pronto, allo scopo di attirare un maggior numero di sottoscrizioni, ma non era vero. Tali sottoscrizioni furono abbastanza numerose, pero non tante da coprire le spese di pubblicazione del secondo volume, onde il F., scoraggiato, anziché intensificare il lavoro lo rallentò.
Invano il fratello, alcuni anni dopo, gli venne in aiuto con somme sufficienti: ormai la salute del F., messa a durissima prova dai suoi metodi di lavoro (a volte passava anche due notti successive senza dormire, sostenendosi solo con caffè), declinava, tanto che l'abate lo alleggerì di molti impegni, e gli assegnò la carica di vicario generale della tranquilla ed elevata abbazia di San Vincenzo al Volturno (ora Comune di Rocchetta a Volturno, provincia d'Isernia), dove egli si insediò nel giugno 1785. Ma già il 12 luglio fu assalito da febbri ed egli vi morì il 26 luglio 1785. Il fratello gli sopravvisse fino al 10 ag. 1800, prima incaricato della biblioteca e poi dell'archivio.
Le vicende dell'inedito II volume della Rerum Pomposianarum historia furono complesse: le carte lasciate dal F. risultarono meno complete e soddisfacenti di quanto egli avesse lasciato credere. Alle insistenze del papa e di altri eminenti personaggi per il completamento e la pubblicazione del lavoro, i superiori pensarono di affidarne l'incarico al fratello Giovan Battista, che dopo alcuni periodi passati a Rimini nel 1783 e a Pavia nel 1784, si era fermato a Genova, proseguendo solo nel luglio 1785 per Gaeta e Montecassino. Ma questi non se la sentì di assumere l'impegno, pur riprendendo ad occuparsi dell'archivio. Così il lavoro venne affidato a S. Campitelli di Trani, già archivista dal 1745 al 1758, che vi si dedicò per diversi anni. Anche se non pervenne mai alla pubblicazione, quel manoscritto fu conosciuto, usato dagli studiosi e ricopiato (una copia si trova presso la Biblioteca Ariostea di Ferrara). L'originale si trova nell'Archivio di Montecassino: consta di pp. XVII-919 delle dimensioni di 284 × 200, con legatura in pergamena, e porta il titolo Rerum Pomposianarum historia pars altera, monumentis illustrata, d. Placidi Federici obitu intercepta et d. Sebastiani M.ae Campitelli, prioris Cas.is lucubrationibus absoluta.
Fonti e Bibl.: Montecassino, Archivio dell'Abbazia, Cod. Cass. 1057: Istoria della vita letteraria delp. d. P. F. (sul dorso il titolo posteriore Vitap. d. P. F. et aliorum): contiene vari rifacimenti e un corredo di lettere, in originale o in copia; è di mano del fratello Giovan Battista, e fu compilata nel dicembre 1790 per fornire a S. Campitelli materiali per l'elogio del F. da premettersi al secondo volume della Historia... che questi stava completando. Il Campitelli ne trasse P. F. Pomposianae historiae auctoris Εγκωμιον, allegato al ms. del citato secondo volume; Ibid., Codex diplomaticus Casinensis... compactum vero et ordine chronologico congestum cura d. P. Federici. Archivi praefecti anno MDCCLXXX); Ibid., Matrice dell'Istoria di Pomposa, ms. del primo vol. dell'opera nella primitiva parziale stesura in italiano; Codd. Cass. 878 e 1072 (sermoni e scritti vari); Codd. Cass. 879 e 880: Anectoda Cassinensia; Cod. Cass. 885, Idem; Cod. Cass. 886 (lettera del F. a Pio VI per dedicargli le sue ricerche sulle opere di S. Massimo trasmesse a mons. S. Borgia) 25 dic. 1779 e breve di Pio VI a lui indirizzato (13 genn. 1780); Cod. Cass. 899 (catalogo di parte dei codici miniati della Biblioteca di S. Benedetto di Ferrara); Cod. Cass. 899 bis, catalogo dei corali miniati della certosa di Ferrara. Notizie sul F. forniscono i Codd. Cass. 882, 883, 884 e 887; Forlì, Bibl. comunale, Fondo Piancastelli, Sez. Carte Romagna, ms. 576 (lettere del F. a F. L. Bertoldi, C. A. Denna, G. Ferri e appunti sull'archivio di Pomposa); Benedetto da Cavalese, Prodromo alle Opere di s. Agostino, Bassano 1767, p. 406; L. Tosti, Bibliotheca Cassinensis, I, Montecassino 1873, pp. XLVIII ss.; Id., Scritti vari, II, Roma 1880, pp. 274-283; T. Leccisotti, Il collegio di S. Anselmo dalla fondazione alla prima interruzione (1687-1810), in Benedictina, III (1949), p. 51; Id., Le carte di Pomposa a Montecassino, in Pomposia monasterium in Italia princeps, IX centenario del campanile, Ferrara 1963, pp. 29 s.; Id., Lo storico di Pomposa don P. F. (1739-1785), in Atti e mem. della Deputaz. prov. ferrarese di storia patria, n. s., XXIX (1964), pp. 377-412; Nouvelle Biographie générale, XVII, p. 250.