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CELI, Placido

di Laura Gigli - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 23 (1979)
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CELI, Placido

Laura Gigli

Nacque a Messina verso il 1649. Le notizie sulla sua vita sono fornite dal contemporaneo F. Susinno. Iniziò a studiare sotto la guida di Agostino Scilla, noto pittore e filosofo locale. Questi, erede degli ideali classicisti romani di Carlo Maratta e Andrea Sacchi, si recò a Roma, dove il C. lo seguì ben presto, ma lo abbandonò per frequentare la scuola del Maratta e quella di A. Morandi. Decisamente attratto dalla pittura classicista, frequentò l'Accademia del nudo dei Francesi e copiò e disegnò le opere dei Carracci e "tanto possesso pigliò di quella maniera tondeggiante e di mirabil rilievo nella Galleria Farnese, che gran disegnatore divenne" (Susinno, p. 248). Altra sua caratteristica, sempre a detta del biografo, era la rapidità nell'esecuzione. Sempre a Roma, su richiesta dello Scilla, fece una replica del Presepio del Maratta a S. Giuseppe dei Falegnami, che fu inviata al duca di Saponara di Messina.

Nel 1694 il C. tornò nella città natale ove dipinse una Immacolata per il monastero della Concezione (Grosso Cacopardo), e quattro tele (L'Adorazione dei pastori, L'Adorazione dei Magi, Davide e Isaia) per la chiesa del monastero di S. Maria dell'Alto (chiesa e monastero oggi distrutti).

Tornò poi a Roma, dove sposò "una damigella del duca Altemps"; e da questo momento, oltre a farsi mantenere, "se la passava tutto il giorno nelle botteghe di cafettieri" (Susinno, pp. 248 s.). Le conseguenze sulla pittura non dovevano tardare a farsi sentire. Quando riprendeva in mano i pennelli, "col presto fare cercava risarcirsi quel che perdeva nell'otiosità", ma aveva abbandonato "la prima maniera molto grata" per assumerne una contraria "alla diligenza romana ... intenta alla correzzione e pulito tingere" (ibid., p. 249). Risalgono a questo periodo una tela ovale con S. Teresa, Gesù e la Madonna, tuttora conservata nella quarta cappella a sinistra della chiesa di S. Maria in Traspontina, e un S. Leopoldo inginocchiato per S. Maria dell'Anima, andato disperso.

Nell'agosto del 1702 il C. tornò per breve tempo a Messina, dove per le feste organizzate in onore del conte di Tolosa, innalzò sulla piazza del Duomo, a spese del clero, un "apparato" che riscosse un grande successo. Per la chiesa dell'ospedale dei SS. Pietro e Paolo de' Preti dipinse le Anime del Purgatorio ed il Crocifisso spirante, in cui "cercò ... dare uno scacco matto a' suoi emoli, che pregiavansi di vago colorito. Seguì ... un certo fare accordato, fuggendo la vaghezza, coll'avvelenare qualunque bellezza ai colori accesi, valendosi di una tinta verdiccia, col campo del tutto turchinetto..." (ibid.). L'opera, che misura m 1,80 × 2,83, è attualmente conservata nel Museo nazionale di Messina. In questo stesso periodo, per la Congregazione di Maria Vergine della Sacra Lettera, alla quale è dedicata una cappella sotto il duomo, il C. eseguì le due tele ai lati dell'altare maggiore raffiguranti L'ambasceria della città di Messina alla Vergine e la Vergine seduta che scrive alla città. Secondo il Susinno, prima di dipingere faceva modelli in creta, per meglio osservare gli effetti naturali di luce e ombra, e poi li rivestiva con "pezze di lino inzuppate nell'acqua", per meglio studiare le pieghe dei vestiti.

Insofferente delle critiche, il C. ripartì presto da Messina, dove non era molto benvoluto, a causa del suo carattere sempre litigioso che contrastava con il suo aspetto gradevole e la sua amabile conversazione. Si recò quindi a Roma, dove si trattenne per un breve periodo, perché si ammalò d'itterizia e fu costretto a tornare nella città natale, dove ebbe dal console di Francia la commissione per un dipinto raffigurante il Tempio della salute con l'Aurora, che fu portato in Francia. Per il duomo di Messina fece ancora un S. Giuseppe col Bambino e per i gesuiti della casa professa il Transito di s. Giuseppe, opere tutte di cui non si conosce la sorte.

Il C. morì a Messina il 1º apr. 1711, all'età di sessantadue anni circa, e fu sepolto nella chiesa dei padri predicatori.

La maggior parte delle sue opere è andata dispersa in seguito, al terremoto di Messina del 1908, per cui ai fini della ricostruzione della sua personalità artistica abbiamo dovuto necessariamente accogliere acriticamente quanto su di lui scrisse il Susinno.

Fonti e Bibl.: Oltre alle vecchie guide di Messina, si veda: F. Susinno, Le vite de' pittori messinesi…, a cura di V. Martinelli, Firenze 1960, ad Indicem; C.D. Gallo, Annali della città di Messina, Napoli 1755, p. 215; F. Hackert-G. Grano, Mem. de' pittori messinesi, a cura di S. Bottari, Messina 1932, p. 33; G. Grosso Cacopardo, Mem. de' pittori messinesi...,Messina 1821, pp. 196 s.; S. Ticozzi, Diz. degli architetti, scultori, pittori…, Milano 1830, I, p. 307; F. De Boni, Biografia degli artisti, Venezia 1840, p. 206; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p.266.

Vedi anche
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plàcido
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placidità
placidita placidità s. f. [dal lat. placidĭtas -atis, der. di placĭdus «placido»]. – L’essere placido; abituale tranquillità, naturale disposizione alla calma: p. d’animo, di carattere; sensazione di quiete e serenità proveniente da luoghi,...
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