TELEPHOS, Pittore di
Ceramografo attico, la cui attività può esser fissata entro il secondo venticinquennio del V sec. a. C. Il nome è dovuto a una coppa di Boston (98.931) dedicata a storie di Telefo e con una singolare e drammatica rappresentazione, nel tondo, dell'eroe supplice e ferito, seduto su una roccia presso un compagno stante.
Una prima individuazione dell'artista si ha da L. Pollak e da P. Hartwig che ne aveva introdotto alcune opere nel suo composito Maestro dalla Testa Calva (Meister mit dem Kahlkopf); in seguito una più precisa definizione sotto il nome di Maestro di Eos (Eosmeister) veniva a spostare il punto di partenza sulla singolare, urtata e spiacevole coppa di Boston 95.28 con Eos e Tithonos. J. D. Beazley riconosce al pittore una quarantina di opere in massima coppe con alcuni piccoli vasi, quali due lèkythoi, un rhytòn, un'anfora nolana. Il Pittore di T. è considerato appartenénte al gruppo di Makron: peraltro cercheremmo invano nello scolaro un'eco del barocchismo fiorito e delle amplificazioni di virtuosismo lineare del maestro. Il temperamento del Pittore di T. si rivela immediatamente in un'asciutta angolosità formale: non è improbabile anzi che certe affermazioni di severità e di durezza si debbano proprio al bisogno di spogliarsi dalle lussuriose cadenze grafiche e dai caotici vortici di pieghe di Makron. Le sue opere più notevoli si raccomandano a una vivida, stringata drammaticità ottenuta con il minimo di mezzi espressivi- la fuga disperata dell'uomo con il bambino sulle spalle nell'Ilioupèrsis dell'Ermitage, la determinata possessività di Eos, la chiusa tensione di Telephos. In altre opere di contenuto meno impegnativo l'accento personale è nel Valore dei contorni scattanti, energicamente scanditi nelle figure contratte di atleti e di guerrieri.
Bibl.: E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., Monaco 1923, p. 470 ss.; J. D. Beazley, Vasenm.-rotfig., p. 542 ss.; id., Vas. Pol., p. 38; id., Red-fig., p. 816.