PENTESILEA, Pittore di
Ceramografo attico tra i maggiori, operante per tutto il secondo venticinquennio del V sec. a. C. È essenzialmente un pittore di coppe e i suoi esperimenti in forme affini quali gli sköphoi e le pixides non, pongono problemi nuovi. D'altra parte le sue grandi coppe, e prima d'ogni altra quella di Monaco con la morte di Pentesilea, che gli ha dato il nome, rappresentano alcune delle massime espressioni artistiche della ceramografia attica per elevatezza di forma e grandiosità tragica di esposizione.
La fama e il fascino singolare di questa eccezionale pittura hanno indotto, sin da tempi ancora relativamente lontani, a tentare varî aggruppamenti allo scopo di fissarne la personalità: e alla base di questi sta la proposta fusione con la personalità del Pittore di Pistoxenos che in varî aspetti ha perdurato sino ai giorni attuali. In realtà il problema è dei più sottili e dei più impegnativi che esistano nella storia della ceramografia attica. Dalle intuizioni dei pionieri di questi studî, sino alle ricerche estremamente obiettive e "fattuali" di H. Bloesch sulla forma delle coppe risulta indiscutibile la dipendenza strettissima tra i due artisti. Il tipo di coppa dell'uno è la continuazione di quello scelto dall'altro, in entrambi è vivissimo l'interesse per il colore e per i nuovi problemi plastici che il suo impiego comporta, il mondo formale in definitiva dei due artisti sembra almeno in parte sovrapporsi. È da considerare quindi ancora una volta una prova dell'acutezza di visione di J. D. Beazley che sia ora appunto il principale dei suoi contraddittori, H. Diepolder, a tentar di separare gli sviluppi dei due artisti in presenza di sempre nuovi e sempre più problematici documenti artistici, quali la coppa a fondo bianco di Taranto o le due grandiose coppe gemelle di Spina.
Al Pittore di P. J. D. Beazley attribuisce un centinaio di coppe, più alcuni sköphoi e kàntharoi e un gruppo di delicatissime pixides a fondo bianco. Anche queste sue esperienze nel mondo del colore lo ricollegano al Pittore di Pistoxenos, che è senza dubbio il più ricco e il più dotato tra i pittori di coppe a fondo bianco. Intuizioni coloristiche del resto s'incontrano in vari e nuovissimi aspetti nel decorativismo delle vesti, nei chiaroscuri e nel colore diluito nella coppa di Pentesilea. Ma quest'opera è in se stessa un monumento così eccezionale nella sua volontà di superare i limiti della pittura di vasi, così fervido di nuovi fermenti che non hanno trovato sviluppo né nell'opera dell'artista né altrove, che rimane in un certo senso un isolato punto di partenza nella evoluzione del Pittore di Pentesilea. Accanto alla potenza e alla ricchezza di fatti nuovi che in essa si manifestano, le opere che seguono, anche se notevolissime, appaiono come dei ripiegamenti e delle rinunce. In effetti, la monumentalità delle figure che traboccano dai confini, la plasticità veemente e incomposta accentuata da elementi coloristici, la composizione arditissima, compressa e come riassunta a fatica dalle pareti curve del vaso, appaiono come dei generosi tentativi non realizzati compiutamente e non realizzabili. E alcuni di questi il pittore ha già abbandonato nella coppa che segue immediatamente, quella di Apollo e Tityos ugualmente di Monaco, che è assai meno grande pittura e più felicemente realizzata nei limiti di una pittura di vaso. E indubbiamente questi grandi fondi di coppa - che del resto sono quelli che vengono costantemente accostati al Pittore di Pistoxenos -, vengono a rappresentare delle espressioni un poco collaterali nell'opera del pittore; sono come dei momenti di concentrazione solenne e quieta, un poco innaturali e forzati in un temperamento così vivido e passionale. E difatti le strutture incise e cristalline dell'Apollo e Tityos vengono ad essere presto superate e frantumate nella passionalità travolgente che domina oramai incontrastata nelle pareti e nei tondi. Le figure sono sempre più rapidamente schizzate con un segno approssimativo e tormentato, carico di elettricità. Un'intensità passionale quasi angosciosa domina nei colloqui, gli inseguimenti, anche nelle scene di per se stesse neutre di atleti e cavalieri. Una pagina più serena, ma ugualmente trepidante di vitalità nervosa si rivela nelle scene a fregio continuo delle pixides a fondo bianco, che alle volte nei contorni delicatamente appuntiti anticipano il Pittore di Sotades.
Bibl.: A. Furtwängler, in Furtwängler-Reichhold, I, p. 283; P. Hartwig, Meisterschalen, Stoccarda-Berlino 1893, p. 490; E. Buschor, Griech. Vasenm., Stoccarda-Berlino 1893, p. 182; E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., Monaco 1923, p. 528; J. D. Beazley, Vasenm. rotfig., p. 272; H. Diepolder, Der Penthesilea Maler, Lipsia 1936; J. D. Beazley, Red-fig., p. 587; G. Gullini, in Archeologia Classica, III, 1951, i ss.; H. Diepolder, Pistoxenos Maler, in 110. Wincklemannspr., Berlino 1954.