PENELOPE, Pittore di
Ceramografo attico, attivo immediatamente dopo la metà del V sec. a. C.
È considerato un continuatore della corrente rappresentata dal Pittore Lewis, di cui riprende la forma preferita, lo sköphos. L'intera produzione del Pittore di P. è infatti secondo J. D. Beazley limitata a un gruppo di sköphoi, con la sola intrusione di una oinochòe del tipo 8. Le rappresentazioni, concise come numero di figure e circoscritte entro spazi ben limitati, come delle metope, sembrano rispondere a un bisogno di classicità quasi sculturale che può considerarsi il carattere fondamentale del maestro. Scene di genere e figurazioni mitologiche vengono rese con lo stesso linguaggio elevato e sonoro, si potrebbe dire da alto rilievo: e ugualmente la dignità e l'altezza morale del suo discorso rimangono inalterate sia in scene di azione violente - come l'uccisione dei Proci - che in momenti in cui il dramma sembra risolversi in attesa e sospensione. Il nome è tratto dal vaso di Chiusi con una notissima figurazione di Penelope seduta in malinconica attesa dinanzi al telaio, in uno schema noto da grandi opere di plastica e da una serie di rilievi melii (v. F. Jacobstahl, Melische Reliefs, 180). A questo proposito si può rilevare la singolare coincidenza che, mentre per un lato la Penelope dello sköphos corrisponde abbastanza precisamente alla Elettra presso la tomba del padre, un'altra opera dello stesso pittore, lo sköphos di Copenaghen (v. Jacobstahl, op. cit., 181), presenta la rara figurazione della tomba di Agamennone.
Bibl.: Fr. Hauser, in Strena Helbigiana, 118; Buschor, Furtwängler-Reichhold, III, 124, 298; J. D. Beazley, Vasenm. rotfig., p. 366; H. R. W. Smith, Der Lewismaler, Lipsia 1939, p. 19; J. D. Beazley, Red-fig., p. 721-722.