NESSO, Pittore di
Ceramografo attico operante negli ultimi due decennî del VII sec. a. C. Prende il nome dalla monumentale anfora funeraria del museo di Atene n. 1002 con una figurazione di Eracle che abbatte il centauro Nesso (Netos, forma attica normale Nettos). Accanto a questa grandiosa pittura altri vasi e frammenti si sono venuti ad adunare così da rivelare nel Pittore di N. la personalità più vigorosa e più completa tra i ceramisti attici del primo arcaismo. Con questo artista si conclude tutta una generazione di pittori che s'ispirano a un estremo vigore formale e ad una incoercibile passione per il far grande, così che le figure male si adattano e quasi traboccano dalle pareti dei vasi. Inoltre, a parte alcuni rari antecedenti mitici, primo fra tutti l'anfora colossale di Eleusi con Polifemo e le Gorgoni, i ceramografi attici del VII sec. sembrano unicamente interessati, o meglio quasi ossessionati dal mondo degli animali e dei mostri. Anche quando lo spunto è decisamente mitico, come nelle anfore del Pittore di Bellerofonte (v.) il protagonista della scena non è il piccolissimo eroe, ma la Chimera dal rictus selvaggio e dalla grande chioma a riccioli uncinati che domina, con il grande corpo ondulato, gran parte della superficie del vaso. Con il Pittore di N. si introduce un nuovo equilibrio: le immagini traboccano ancora alle volte dai confini assegnati, ma la figura umana domina ormai incontrastata sul mondo dei mostri e dei grandi animali simbolici. Nello stesso tempo le selvagge esuberanze formali appaiono contenute entro una più severa disciplina di ritmi e di composizione. E mentre le esasperate aspirazioni di grandezza si acquietano su una nota di più contenuta dignità formale, alle impennate, all'urlo, ai ruggiti delle fiere si sostituisce una enunciazione quieta e limpida anche dove la drammaticità e più intensa. L'accento è oramai sempre dal lato di Eracle e di Perseo piuttosto che da quello dei Centauri e delle Gorgoni. Un sintomo esteriore ma pure significativo di tale equilibrio riconquistato può vedersi nel fatto che al Pittore di N. sembra sia da riportare l'invenzione dell'anfora regolamentare da cui si sviluppa immediatamente l'anfora "a testa di cavallo".
Bibl.: A. Rumpf, in Arch. Anz., 1923-1924, c. 44 ss.; J. D. Beazley, Black-fig., 1928, p. 9; H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, p. 344; J. M. Cook, in Annual of British School Athens, XXXV, 1936, pp. 200, 205; T. Dunbabin, ibid., XLV, 1950, p. 196; K. Kübler, Altattische Malerei, Tubinga 1950, p. 27; J. D. Beazley, Development, p. 13; id., Black-fig., 1956, p. 4.