EUCHARIDES, Pittore di
Ceramografo attico, operante intorno al 500 a. C. e per tutto il primo venticinquennio del V secolo. Alcune sue tarde opere possono essere anzi scalate oltre questo limite per quanto si tratti in questo caso piuttosto di un prolungamento che di uno sviluppo nell'opera dell'artista. Il suo apporto vitale si esaurisce nella prima fase della sua carriera, il resto è piuttosto una sopravvivenza. Il nome è dovuto ad un'acclamazione isolata scritta su uno stàmnos di Copenaghen intorno a cui sono stati raggruppati un notevole numero di vasi a figure rosse e a figure nere. A considerare anzi l'estrema varietà di tipi di neckamphorae che egli impiega si sarebbe tentati di pensare ch'egli sia stato anche vasaio. Così, ad esempio, la peculiare rispondenza tra la scansione a larghe fasce decorative orizzontali di alcune sue anfore e l'ornamentazione a zone orizzontali della veste di Ariadne in una delle sue opere più raffinate, l'anfora di Londra E 279, potrebbe far pensare ad una identità tra il creatore della forma e il pittore.
J. D. Beazley riconnette strettamente questo artista al Pittore di Nikoxenos, arrivando sino a supporre la possibilità di un'unica personalità artistica in due fasi diverse. Questo dovrebbe esser valido specialmente per i vasi a figure nere: nell'altro lato dell'attività del pittore, la produzione a figure rosse, una distanza invalicabile separa questo maestro dall'arido e spicciativo Pittore di Nikoxenos che, secondo J. D. Beazley, sarebbe il suo maestro. In effetti il Pittore di E. è, tra le figure di secondo piano, una delle più attraenti e significative. In lui certe qualità native di tenerezza ingenua e un vivo senso decorativo riscattano quanto appare di inabilmente articolato, di urtato nella composizione e nella costruzione delle singole figure. È classico il confronto tra il suo Apollo saettante Tityos (British Museum E 278) e l'Apollo avanzante in attacco contro Eracle nella notissima anfora del Pittore di Berlino. Confronto che rivela in pieno la durezza di giunture e d'impostazione, il casalingo provincialismo del Pittore di E. accanto al colpo d'ala creativo e alla portentosa sensibilità lineare del Pittore di Berlino. Tali limiti sono ancora più avvertibili nelle molte opere di minore impegno e addirittura trasandate del pittore. In generale dove la costruzione fa difetto, il Pittore di E. raddoppia nella decorazione, soffocando sotto un fruscio di pieghe, strutture anatomiche approssimative e mal connesse. Di conseguenza le espressioni più riuscite sono da ricercare nei grandi vasi con larghi effetti d'insieme piuttosto che nelle coppe, in cui si richiede concentrazione e una visione più tersa ed essenziale. Nella vastissima opera del Pittore di E. si vedono rappresentati tutti o quasi i tipi di vasi, dalle anfore panatenaiche a figure nere, alle lèkythoi e alle coppe: ma la sua produzione veramente significativa va cercata nel gruppo più antico dei vasi a figure rosse.
Bibl.: J. D. Beazley, in Ann. Brit. School Athens, XVIII, 1911-12, p. 217 ss.; id., Vasenm. rotfig., p. 97; id., Vases Pol., p. 16; id., Red-fig., p. 153 ss.; id., Black-fig., p. 395.