PITHOI a rilievo
La lunga e interessante storia della ceramica a rilievo, cominciata già in epoca preistorica, assume un particolare risalto in Grecia nel periodo geometrico e orientalizzante quando appare con un aspetto monumentale, con iconografie eccezionalmente importanti e una tecnica particolare.
Queste caratteristiche si incontrano soprattutto nella categoria detta "Beozia-Tino", alla quale appartengono i grandi pìthoi a rilievo, già noti alla fine del secolo passato, e alcuni altri frammenti. Questi esemplari (due p. a Boston, uno al Louvre e uno ad Atene) acquistati sul mercato antiquario, con una indicazione di provenienza dalla necropoli di Piri, un sobborgo di Tebe, furono considerati come opere rappresentative dell'arte beotica della prima età arcaica (VII sec. a. C.). Ai pochi ritrovamenti simili, rinvenuti altrove, non fu data particolare importanza.
Gli scavi sistematici del 1938 e soprattutto del 1949 a Tino (accanto all'attuale Xompourgo, regione montagnosa all'interno dell'isola) hanno dimostrato che quest'isola fu un importante centro di produzione di questo tipo di ceramica, mentre numerosi altri ritrovamenti hanno confermato che la ceramica a rilievo era distribuita in quasi tutte le Cicladi e a Thasos, a Chio, in Attica orientale, ad Eretria; nessun ritrovamento di questo tipo, fortuito o proveniente da scavi, è avvenuto invece in Beozia, e di consegnenza la localizzazione di questa categoria di vasi nelle regioni dell'Egeo centrale deve essere considerata come sicura.
Ceramica a rilievo è anche conosciuta a Rodi e a Creta dove però la decorazione è più povera rispetto a quella del gruppo Beozia-Tino. In ogni modo l'elemento comune alla produzione di questi tre centri è la decorazione disposta su di una sola metà e unicamente sulla parte superiore del vaso. La parte inferiore, che veniva interrata, si restringe molto, il che dimostra che i p. non erano funerarî ma venivano usati per contenere derrate; a Tino essi sono stati trovati nell'àdyton del santuario scavato. La denominazione di questi vasi come p. non è giusta; essi sono analoghi alle grandi anfore cicladiche a largo collo dipinte; a Tino sono stati messi in luce anche grandi vasi non decorati, senza grande collo e senza manici, per i quali solo è giusta la denominazione pìthoi. Senza dubbio le grandi anfore costituiscono la categoria principale dei vasi a rilievo, tuttavia non mancano piccoli vasi di uso domestico, decorati allo stesso modo.
Gli scavi di Tino ci hanno fatto conoscere per la prima volta l'esistenza di un gruppo (sfortunatamente soltanto in frammenti) chiaramente databile ad età geometrica e anche frammenti che possono essere collegati alla tradizione protogeometrica. Il rapporto con la ceramica a rilievo minoico-micenea non è ancora del tutto provato, e tuttavia comincia a diventare probabile.
Anche la tradizione geometrica è chiaramente riscontrabile sui vasi a rilievo di Tino; lo sviluppo stilistico e iconografico dei rilievi è del tutto analogo e contemporaneo a quello della ceramica dipinta. Non ci sono pervenute forme complete, però non sembra, sulla base dei frammenti rinvenuti, che siano esistite forme diverse da quelle già note; la decorazione si distribuisce in zone con scene figurate alternate a zone a decorazione esclusivamente geometrica. Le scene figurate sono simili a quelle dei vasi geometrici dipinti. Una tradizione più antica è rappresentata da figure il cui contorno è costituito da una serie di punti.
Nelle figure animate troviamo sui p. la stessa esecuzione a silhouette della contemporanea ceramica dipinta, mancano i dettagli del corpo e la figura è eseguita sempre schematicamente: in tal modo la relazione tra i p., la ceramica dipinta e la plastica di età geometrica è assolutamente sicura.
Attraverso questa produzione ceramica oggi conosciamo meglio anche la plastica di età geometrica che sinora era mal nota; le figure di piccole dimensioni, i diademi funerarî d'oro, non avevano permesso infatti una sicura conoscenza delle carattenstiche, del rilievo di età geometrica. La relazione di questi p. a rilievo con l'epoca micenea è ancora più chiara e risulta dal confronto con la ceramica di stile pittorico (pictorial style) e con i vasi a rilievo di età minoico-micenea.
La composizione delle figure di età geometrica è caratterizzata da una prospettiva appiattita (Flächenperspektiv), cioè da una grande estensione delle figure sul piano, sul quale è riportata, mediante piani obliqui anche la veduta laterale, col risultato di una incerta caratterizzazione di un chiaro lato frontale. Una tale concezione del bassorilievo si verifica sia sui vasi che sulla plastica di età geometrica. Alla fine dell'epoca geometrica i fianchi laterali cessano di essere riprodotti; ci si limita a rendere solo la parte frontale della figura su di un unico piano, e non si cerca la resa plastica del fondo. Sui p. contemporanea a questa nuova concezione è la scomparsa delle zone a sola decorazione geometrica sostituita dalla decorazione a incisione e a stampo, nella quale la schematica figura geometrica si anima. La spalla del vaso, sulla parte superiore era divisa in due o quattro zone e ugualmente in due zone era inizialmente divisa la raffigurazione del collo sul quale però la figura centrale più grande delle altre creava uno schema compositivo frontonale, nel quale la figura centrale di prospetto era sempre una dea femminile. La Pòthnia Theròn con le mani alzate, appoggiata a due figure femminili e due leoni in posizione araldica, nota dall'anfora di Atene e da un frammento di Tino (Artemide di Delo con le vergini iperboree) presenta ancora uno schema semplice mentre sull'anfora "della nascita" di Tino, abbiamo una composizione con molte figure secondo uno schema frontonale accentuato.
In altri casi, come per esempio sull'anfora di Basilea, il mito di Teseo e Arianna si svolge in due zone sul collo, col Minotauro sul fondo del labirinto; tra Arianna e Teseo le figure sono congiunte dal filo. Il seguito di questa narrazione bustrofedica, che congiunge i fregi, lo ritroviamo nella decorazione sulla pancia del vaso. Sull'anfora "della nascita", abbiamo su quattro zone un'unica narrazione epica, come se avessimo quattro versi. La monumentalità delle rappresentazioni di quest'anfora, con una apparizione divina sul collo e una narrazione eroica sotto, fa pensare alle Muse che cantano prima gli dèi e poi gli eroi (Hesiod., Theog., 44 ss.).
Una relazione tematica tra la raffigurazione del collo e quella della pancia del vaso esiste chiaramente anche sull'anfora di Mikonos della Ilioupèrsis e sull'anfora del Choròs a Tino.
La ricchezza delle scene religiose e mitologiche, quale la ricostruiamo dall'iconografia di questi vasi, è veramente impressionante; molto spesso abbiamo rappresentazioni che non possono essere spiegate secondo i miti a noi noti, come ad esempio il dio che nasce dalla testa di una dea alata (una variazione del mito della nascita di Zeus?) un tema analogo a quello della nascita di Atena dalla testa di Zeus. Qui però la raffigurazione ha un carattere molto più realistico (preparazione dell'acqua calda nel tripode in basso a destra). Ritroviamo questo realismo, insolito persino nell'arte greca posteriore, anche nel verso omerico dell'Iliade (i, 4 ss.), in due frammenti da Tino e nel fregio del frammento da Eretria, che presenta una scena di battaglia.
I più recenti di questi vasi appartengono alla metà o al terzo venticinquennio del VII sec., giungendo fino all'epoca dedalica. Del periodo più recente abbiamo pochissimi esemplari. La concezione monumentale che esprimevano queste grandi anfore è sostituita ora dalla grande plastica. La stessa sorte subiscono le grandi anfore dipinte che arrivano appena all'ultimo venticinquennio del VII secolo. Variazioni di questo gruppo beotico-cicladico le troviamo nelle Cicladi meridionali (Thera-Naxos), ove notiamo una esecuzione meno fine e una iconografia più povera.
A Tino sono stati trovati anche vasi a decorazione esclusivamente geometrica, analoga alle decorazioni dei vasi di questo gruppo provenienti da Rodi. La sola spiegazione possibile di questo fenomeno è che, con l'inizio dello stile orientalizzante, i "fregi" geometrici, separati da quelli figurati, abbiano continuato a costituire l'unica decorazione di certi vasi separando così chiaramente i due cicli di decorazione. Questa osservazione ci aiuta a capire lo stile "geometrico" di Thera - in realtà lineare - nel quale solo raramente sono rappresentate figure animate.
Sulla ceramica a rilievo di Rodi raramente e soltanto in misura ridotta, si introducono tra le zone geometriche piccole scene figurate secondo lo stile dell'epoca. L'artista si interessa soprattutto della decorazione lineare delle sue anfore. I p. rodî sono conosciuti nelle tre città di Rodi e nella costa dell'Asia Minore dinnanzi a questa isola.
Molto più grande è la difficoltà di classificazione dei vasi a rilievo di Creta, dove conosciamo soprattutto frammenti e in minor quantità vasi interi. Le analogie nella decorazione tra la produzione di Rodi e quella di Creta sembrano esistere solo in un gruppo da Festo, ove l'animale che decora il collo è l'unica figura animata. Il motivo più comune è costituito da una decorazione a nastro piatto, generalmente di diverse forme, che si differenzia nettamente dai disegni lineari degli altri gruppi, ugualmente divisi in zone. Generalmente la rappresentazione figurata viene ridotta ad una metopa, decorata da un animale e raramente vi è un fregio con molte figure; si incontrano anche cavalli soli o con i loro cavalieri, tori, leoni, cervi, capre selvatiche e soprattutto sfingi e altri animali fantastici, come cavalli alati, centauri ecc. Dalla religione e dall'epos raramente vengono tratti motivi iconografici.
Il rilievo qui è molto più piatto, con forti incisioni per la rappresentazione dei dettagli; nell'epoca anteriore la tradizione minoica era ancora molto vivace, come mostra il frammento con toro. Nei vasi cretesi a rilievo, molto spesso si usa il colore - sconosciuto negli altri centri - fatto che collega questi vasi a quelli della Grecia orientale del VII secolo.
Un ultimo centro di produzione che ricorda nello stesso tempo quello delle Cicladi meridionali e quello cretese, fiorì durante il IV sec. a Sparta. Le anfore a forma di cratere che si sono conservate sono decorate soprattutto con scene di battaglia.
Una relazione puntuale tra i vasi arcaici a rilievo della Grecia e l'Oriente non esiste; quelli hittiti appartengono all'età preistorica, sia nella composizione che nei soggetti non vi è alcun rapporto; se un rapporto esiste, è quello più generale tra la Grecia e l'Oriente.
Riguardo alla tecnica di questi vasi possiamo notare che la monumentalità di queste raffigurazioni a rilievo non poteva certamente essere ottenuta con la tecnica abituale ad impressione.
Soprattutto sui rilievi cicladico-beotici le figure sono plasmate liberamente a mano e sono applicate poi sui vasi. Soltanto i particolari sono ottenuti in un secondo momento mediante incisione o impressione; anche a Creta si usa, ma in minor misura, questa tecnica; qui le figure più grandi sono stampate con matrice; abituale era anche la tecnica ad impressione, come a Rodi.
Bibl.: F. Courby, Les vases grecs à reliefs, Parigi 1922, p. 47-92 (con bibl. anteriore); R. Hampe, Frühe Griechische Sagenbilder in Boeotien, Atene 1963, p. 56 ss.; F. Grace, Archaic Sculpture in Boeotia, Cambridge 1939, p. 16 ss.; J. Schaefer, Studien zu den griechischen Reliefpithoi des 8°-6° Jahr. v. Ch., Kallmunz 1957; N. M. Kontoleon, in Πρακτικά, 1949 e ss.; ᾿Αϕιέρωμα εἰς Κ. ῎Αμαντον, Atene 1940, p. 435 ss.; Atti VII Congr. Inter. Archeol. Classica, Roma, I, 1961, pp. 267-272; Κρητικὰ Χρονικά, XV-XVI, 1963, p. 283-293; Frühgriechische Reliefkunst, in ᾿Αρχ. ᾿Εϕ., 1967, pp. 215-236.