PISTORE
(Pistor). – Nato in un anno imprecisabile della prima metà del XII secolo, se ne ignora la famiglia di origine così come nulla è dato sapere sulla sua formazione. Almeno dal 1169 fu priore di S. Maria delle Carceri di Este, il che presuppone che avesse abbracciato da qualche tempo la vita ecclesiastica.
Le notizie riguardanti Pistore diventano più abbondanti dopo la sua nomina a vescovo della città di Vicenza, probabilmente per volere del pontefice. Questa nomina si situa in un ben definito contesto sociale e politico che va richiamato per meglio comprenderne figura e attività. In Veneto la Riforma gregoriana faticò a imporsi (Padova esclusa) in città tradizionalmente filoimperiali ove con difficoltà si accettarono presuli fautori dei programmi pontifici tesi a rinsaldare nel XII secolo i legami fra le diocesi venete e Roma. In questo processo contrassegnato da forti tensioni fu sui vescovi che si ripercosse inevitabilmente il travaglio e il rivolgimento politico e sociale che la Chiesa romana sollecitava, sostenendo il recupero dei beni ecclesiastici e il ripristino della libertas Ecclesiae. Vicenza è un caso paradigmatico. L’azione dei signori locali e delle loro contrapposte consorterie, nonché delle fazioni cittadine, fu nella città veneta assai aggressiva e si indirizzò proprio nei confronti della Chiesa locale e dei presuli chiamati a governarla, tanto che fra XII e XIII secolo furono ben due (in una serie che comprende anche, nell’Italia nord-orientale, Bellino vescovo di Padova ucciso nel 1147 e Adelpreto vescovo di Trento nel 1179) i vescovi vicentini assassinati: Giovanni Cacciafronte (1184) e il suo successore, appunto Pistore. L’uccisione del Cacciafronte fu motivata dalla sua lotta contro gli usurpatori del patrimonio ecclesiastico, destinato ai poveri, come asseriscono i testi ascoltati nell’ambito del processo di canonizzazione (1223). I responsabili della sua morte violenta vennero duramente condannati e puniti con la requisizione dei feudi e dei benefici avuti dalla Chiesa, come confermeranno i successivi interventi pontifici fra i quali ricordiamo lo scritto di Celestino III indirizzato a Pistore per vietare per l’appunto la restituzione ai medesimi responsabili dei feudi e dei benefici da essi in precedenza detenuti.
Si può legittimamente supporre che l’elevazione alla cattedra episcopale vicentina di Pistore sia da collocare in un periodo di poco successivo alla morte di Giovanni Cacciafronte, ovvero fra il settembre e l’ottobre (la prima attestazione certa è del 19 ottobre) del 1184, quando, a Verona, presenzia a un’importante investitura rilasciata da Federico I in favore di Obizzo d’Este. Forse egli prese parte al concilio colà riunitosi sotto la guida di papa Lucio III (presente a Verona dal 22 luglio 1184 sino alla morte, il 25 novembre 1185), che promulgò la decretale Ad abolendam; e dove, nella seconda metà del mese di ottobre, si incontrarono il pontefice e l’imperatore.
L’anno successivo Pistore risulta occupato nell’amministrazione del patrimonio della Chiesa vicentina (in evidente stretta continuità con il suo predecessore) e nel controllo dei suoi vassalli, riuniti in assemblea nel 1187, ai quali nel 1190 impose di manifestare i feudi detenuti dall’episcopio al fine di predisporre un contingente di uomini da inviare al seguito di Enrico VI, che si accingeva a recarsi a Roma per l’incoronazione imperiale.
Poco dopo l’elezione, il nuovo vescovo non mancò di dare nuovo impulso alla vita religiosa locale: nel 1185, nell’ambito di un programma diretto al recupero delle chiese abbandonate al culto, affidò S. Nicolò dell’Olmo (non lontano da Vicenza), con l’annesso ospedale, a una fraternitas di laici dediti al servizio caritativo verso poveri e malati. Nello stesso anno confermò una concessione del vescovo Girolamo (inizi dell’XI secolo) al capitolo dei diritti decimali su diverse località poste nell’area circostante la città poi denominata Cultura civitatis: diritti a lungo oggetto di contesa con il Comune cittadino (il privilegio di Pistore sarebbe poi stato confermato nel 1186 da Urbano III). Sempre nel 1186 egli investì il priore di S. Giorgio in Braida di Verona di alcuni diritti decimali, da lungo tempo contesi fra l’episcopio vicentino e l’ente ecclesiastico veronese.
Nel 1176 Alessandro III gli aveva affidato l’incarico di comporre la vertenza allora in corso fra il presule vicentino e l’arciprete di Cologna Veneta e S. Giorgio di Verona per il possesso di due cappelle situate in Sabbion. La lite si risolse in tempi non brevi: nel 1192 dovette intervenire, a nome del pontefice, il presule mantovano per far sì che il Comune di Vicenza e la chiesa di S. Giorgio trovassero una soluzione, e sei anni più tardi fu di nuovo Pistore a concedere al preposito della Chiesa veronese i diritti di decima su beni posseduti dal suo episcopio fra Veronese e Vicentino.
Nei tardi anni Ottanta e nel decennio successivo, Pistore mantenne saldi rapporti con la Curia romana, dalla quale ebbe incarichi relativi anche alla gestione di controversie concernenti diocesi del Veneto orientale. Già nel 1180, prima dell’elezione a vescovo, era stato coinvolto in una lite tra l’abate di Praglia e l’arciprete di Carturo, mentre nel 1187 per volere di Urbano III si occupò della controversia fra il priore di S. Leonardo di Padova e il monastero di S. Pietro e, soprattutto, intervenne per conto di Gregorio VIII contro Ezzelino II, reo di aver arrecato ingenti danni al monastero di S. Maria di Sesto. Nella primavera del 1189 Pistore assisté inoltre, con il vescovo di Belluno, alla consacrazione della chiesa di S. Maria delle Carceri da parte del patriarca di Aquileia: segno della continuità di rapporti fra il presule e l’ente di cui aveva fatto parte. Poco dopo, intervenne per incarico di Clemente III in una controversia fra i canonici di Treviso e le monache di S. Cristina, nell’ambito della quale avrebbe agito anche un suo nunzio al quale avrebbe demandato il compito di interrogare il vescovo e i canonici trevigiani. Nell’estate del 1193, infine, fu a Verona, dove, con numerosi altri presuli, presenziò alla promulgazione di un’indulgenza da parte del legato pontificio.
Tornando al versante interno, un vescovo così prestigioso e autorevole ‘proconsole’ del papato si trovò di fronte a gravi problemi. La Chiesa vicentina conosceva sì, come molte altre del resto, segnali di un rinnovato fermento religioso, ma era colpita da una grave crisi finanziaria e non solo: più tardi, Innocenzo III in una lettera a Pistore avrebbe usato per essa la metafora di «una nave fatta a pezzi» (Ut quasi navem confractam gubernaturus in fluctibus). Da un complesso atto del patriarca di Aquileia dell’anno 1208, con il quale venne autorizzata l’alienazione di beni dell’episcopato vicentino per l’estinzione di debiti, si apprende, infatti, che il defunto vescovo Pistore tra il 1189 e il 1195 aveva acceso tre carte di credito per complessive 1010 lire: egli aveva dunque fatto ricorso ai prestiti degli usurai per sostenere la propria azione di governo. In città, tuttavia, egli godeva di notevole prestigio, pur in una situazione di latente contrasto tra le varie fazioni.
È alquanto significativo che nel 1189 Pistore fosse nominato per primo in una riunione del Consiglio cittadino svoltasi ancora nel duomo della città (governata allora da un rettore che parrebbe agire su ordine del vescovo); ed è nelle mani del vescovo o in sua presenza che giurarono fedeltà gli uomini delle ville in quello stesso torno di tempo (e Pistore, secondo alcuni studiosi, cfr. Cracco, 2009, p. 364, potrebbe aver ricoperto la carica di podestà cittadino). Negli anni successivi, tuttavia, questo informale controllo o influenza sul Comune cittadino dovette venir meno, e l’organismo comunale iniziò ad agire in totale autonomia. Non a caso già nel 1194 Pistore fu costretto all’esilio allorché, a seguito di una congiura ordita dalla pars comitis (capeggiata dal conte Uguccione) – grazie a un accordo stretto dal giudice Pilio di Vincenzo con il podestà bolognese Giacomo di Bernardo –, vennero espulsi violentemente i da Vivaro ed Ezzelino II, e per l’appunto il presule che avrebbe trovato rifugio nel castello di Brendola: il colpo di mano ebbe riflessi sugli instabili equilibri politici dell’intera Marca Veronese. Due anni più tardi il conte vicentino sottrasse al vescovo il centro fortificato di Altavilla, che sarebbe poi stato riconquistato sempre nel 1196.
Fu in questo contesto di dure contrapposizioni politiche e di scontri militari che Pistore trovò la morte. Secondo il racconto di Gerardo Maurisio, ciò accadde nel 1200 nell’ambito di una vera e propria azione di guerra: il vescovo, che assieme alla ‘fazione’ dei Vivaresi assediava il castello di Belvicino (nei pressi di Schio), occupato dalla fazione del conte Uguccione, ora appoggiato anche da Ezzelino, sarebbe stato colpito da una freccia lanciata dai difensori: «episcopus autem bone memorie, Pistor nominatus, cum Vivarensibus et amicis suis ivit in succursum illorum de Scledo et, commorantibus cum totis viribus apud Scledum, nocte una clam et occulte comes Ugucio abstulit castrum Belvexini Vivariensibus. Die autem adveniente cum castrum per Vivarenses obsideretur, episcopus memoratus cum inermis esset, in aqua que fluit apud castrum predictum, supra equum suum saggitatus ab illis de castro exulavit» (1914, p. 10).
Lo stesso cronista ci informa che Pistore trovò sepoltura presso la chiesa cattedrale, dove erano tumulati altri presuli di Vicenza («episcopus autem mortuus ductus fuit ad civitatem sepultusque fuit in ecclesia sancte Marie iuxta sepulturas aliorum episcoporum», p. 10).
Il necrologio di S. Maria delle Carceri (nella trascrizione datane dal Brunacci edita da Gualdo) conferma la data proposta da Maurisio e consente di collocare con precisione la morte di Pistore al 10 luglio di quell’anno («Julio – 1200 die 10. ob. R.us d. Pistor prior Carcerum et episcopus Vicentinorum», anche se viene qui registrata la morte, ma non si fa parola della sua uccisione violenta). Ciò permette di superare, almeno per questo punto specifico, i dubbi da più parti avanzati sul racconto di Maurisio, ritenuto confuso e di parte. La data da lui indicata fu infatti respinta da vari autori (Verci, Riccardi, Soranzo, Mantese), i quali credettero di collocare la scomparsa di Pistore nell’anno 1203 o nel 1204 sulla base di diversi indizi, in specie una carta notarile del 16 novembre 1203 (secondo Gualdo, tuttavia, falsa, o comunque da collocare in un anno diverso) nella quale comparirebbe come attore il vescovo Pistore nell’atto di concedere l’investitura di un feudo. Ma al dato del necrologio va aggiunto che nel dicembre del 1202 la sede vescovile vicentina risulta già occupata da Uberto II, già arciprete della cattedrale nonché collaboratore di Pistore.
Pistore fu dunque un presule di indubbio rilievo, che con prestigio e autorevolezza riuscì a governare una chiesa locale in anni convulsi, in una realtà i cui rivolgimenti sociali e politici riflettevano quelli dell’intera Marca Veronese, rivolgimenti ai quali egli stesso non fu estraneo come le stesse vicende legate alla sua morte evidenziano. Egli fu dunque un ecclesiastico di ‘professione’, dalle buone capacità amministrative, attento alla nuove espressioni della vita religiosa, e dalla indubbia fedeltà alle direttive pontificie.
Fonti e Bibl.: Biblioteca del Seminario vescovile di Padova, G. Brunacci, Codice diplomatico padovano, ms. 581 (sec. XVIII), III, c. 1953; Gerardi Maurisii Cronica dominorum Ecelini et Alberici fratrum de Romano (1183-1237), a cura di G. Soranzo, in RIS2, VIII, 4, Città di Castello 1914, p. 10; I documenti dell’archivio capitolare di Vicenza (1083-1259), a cura di F. Scarmoncin, nota introduttiva di F. Lomastro - G.M. Varanini, Roma 1999, n. 12 (8 ottobre 1185), n. 14 (15 novembre 1186), n. 24 (6 marzo 1208).
F. Ughelli, Italia sacra, V, Venetiis 17202, coll. 1039, 1046; J.B. Mittarelli - A. Costadoni, Annales Camaldulenses Ordinis S. Benedicti, IV, Venetiis 1759, pp. 79, 110, 195; G.B. Verci, Storia degli Ecelini, I, Bassano 1779, pp. 317 s.; T. Riccardi, Storia dei vescovi vicentini, Vicenza 1786, pp. 66-68; I. Savi, Notizia compendiosa dei vescovi vicentini, Vicenza 1818, pp. 27 s.; G.B. Verci, Storia degli Ecelini, I, Venezia 1841, pp. 150 s.; G. Cappelletti, Le chiese d’Italia dalle loro origini ai tempi nostri, X, Venezia 1854, p. 842; F. Lampertico, Scritti storici e letterari, II, Firenze 1883, pp. 358 s.; F. Kehr, Regesta pontificum romanorum. Italia pontificia, VII, 1, Berolini 1923, pp. 131, 205-207; G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, II, Dal mille al milletrecento, Vicenza 1954, pp. 189-209; G. Meersseman - E. Adda, Pénitents ruraux communautaires en Italie au XIIe siècle, in Revue d’histoire ecclésiastique, XLIX (1954), p. 360 (anche in G. Meersseman, Ordo fraternitatis. Confraternite e pietà dei laici nel medioevo, in collaborazione con G.P. Pacini, I, Roma 1977, pp. 305-354); G. Gualdo, Contributo alla cronologia dei vescovi di Vicenza dal secolo VI a tutto il XII, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, X (1956), pp. 1-48 (in partic. pp. 32-36); Id., La morte del vescovo di Vicenza P. (1184-1200), in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XIV (1960), pp. 117-121; A. Castagnetti, I conti di Vicenza e di Padova dall’età ottoniana al comune, Verona 1981, pp. 170 s.; Id., La Marca veronese-trevigiana, Torino 1986, pp. 52 s.; Id., Le città della Marca Veronese, Verona 1991, pp. 234-236; Id., I da Romano e la loro ascesa politica (1074-1207), in Nuovi studi ezzeliniani, a cura di G. Cracco, I-II, Roma 1992, I, p. 36; A. Rigon, Religione e politica al tempo dei da Romano, ibid., pp. 400 s.; A.A. Settia, Uomini e armi negli eserciti ezzeliniani, ibid., pp. 77 s.; G. De Sandre Gasparini, La vita religiosa nella Marca veronese-trevigiana, Verona 1993, pp. 11-17; G. Cracco, Da comune di famiglie a città satellite (1183-1311), in Id., Tra Venezia e Terraferma. Per la storia del Veneto regione del mondo, Studi raccolti con la collaborazione di F. Scarmoncin - D. Scotto, Roma 2009, pp. 352 s., 364, 371 s., 509 (già in Storia di Vicenza, II, L’età medievale, a cura di G. Cracco, Vicenza 1988, pp. 73-138); Id., «Assassinio nella cattedrale» nell’Italia del nord-est: storia e memoria, ibid., pp. 559-577 (già in Miscellanea di studi in onore di Igino Rogger in occasione del suo ottantesimo compleanno, a cura di E. Curzel, Trento 1999, pp. 17-34); A. Ciaralli, Una controversia in materia di decima nella Bassa Veronese. Il castello di Sabbion tra Verona e Vicenza, in Studi sul medioevo per Andrea Castagnetti, a cura di M. Bassetti et al., Bologna 2011, pp. 75-135 (in partic. pp. 79, 82 s., 97, e docc. nn. 4, 5, 6, 9); G.M. Varanini, Lucio III, la curia romana e una Chiesa locale. Verona 1184-1185, in Roma e il papato nel medioevo. Studi in onore di Massimo Miglio, I, Percezioni, scambi, pratiche, a cura di A. De Vincentiis, Roma 2012, pp. 185-199; A. Tilatti, Tra santità e oblio: storie di vescovi uccisi in Italia nordorientale (secoli XIII-XIV), in L’évêque, l’image et la mort. Identité et mémoire au Moyen Âge, sous la direction de N. Bock - I. Foletti - M. Tomasi, Roma 2014, pp. 603-620.