PISTOLA
. Arma da fuoco cortissima che si maneggia e spara con una mano. Questa è la definizione più generica e applicabile all'arma odierna che ha tale nome, ma non all'arma originale, dato che nel sec. XVI si diceva pistola uno schioppo o archiburgio corto; mentre le armi corte propriamente dette, da fonda, da pugno, da tasca, si chiamavano terzaroli, pistoletti, mazzagatti, assassinetti, ecc.
L'origine del nome "pistola", è controversa. Si legge nella maggior parte degli scritti sulle armi che il nome derivi da Pistoia ove la pistola sarebbe stata inventata nel 1515; ma tale affermazione non ha fondamento documentato e si può logicamente ammettere che terzaroli, pistoletti, mazzagatti, ecc., cioè piccoli schioppi o archibugetti a una mano e simili armi sorgessero qua e là come modificazioni delle armi più lunghe e senza che possano riferirsi all'una o all'altra località. Enrico Stefano così scrive a questo riguardo: "A Pistoia... si solevano fare piccoli pugnali, i quali essendo stati portati in Francia come novità, furono dal luogo di provenienza detti dapprima pistojesi, poscia pistolieri e infine pistole. Qualche tempo dopo essendosi venuti all'invenzione dei piccoli archibugi si trasferì a essi il nome dei piccoli pugnali..."; A. Guglielmotti in Vocabolario marino e militare (Voghera 1889), propende per questa opinione. Nel Coast Artillery Journal del 1926 è nettamente rivendicata l'invenzione della pistola a un italiano: Camillo Vitelli di Pistoia nell'anno 1546. Ma, scritto ciò, viene aggiunta questa considerazione: "contrariamente alla comune credenza che la pistola abbia tratto il nome da Pistoia ove nacque, sembra invece che la sua denominazione sia derivata dal fatto che i primissimi esemplari dell'arme furono costruiti esattamente e dello stesso calibro, diametro di una moneta allora corrente detta pistola". A. Demmin nella Histoire abrégée des armes anciennes crede che il nome possa provenire da pistallo "pomo o guarnizione" e ciò dalla forma a pomo che ebbe il calcio di queste armi. E forse si può propendere per questa opinione, anche perché il petrinale (fr. poitrinal), esso pure piccolo archibugio come la pistola, fu così chiamato dalla forma del calcio adattabile al petto, contro cui si appoggiava nello sparo.
Qualunque sia l'opinione sulla derivazione dell'arma e del suo nome, certo è che fino dal 1547 vi furono in Francia soldati armati di. piccoli archibugi detti pistolets e che nel 1574 questi soldati si chiamarono pistoliers. I primi documenti italiani nei quali ricorra la parola "pistola" sono della metà del sec. XVI. Da essi risulta che negli anni 1557 e 1559 si pagavano a Torino conti ad armaioli i quali avevano riparate o ristaurate pistole (pistolets) di cui andava armato S. Altezza (che era il duca Emanuele Filiberto); che nel 1568 erano proibiti in Piemonte pistoletti più corti di una certa misura; che nel 1592 si proibivano pistole corte da roda nello stato di Sabbioneta (duca di Mantova), le quali pure si dicevano pistole curte in un editto piemontese del 1623. E ciò deve far ritornare a quanto si è sopra accennato, che, cioè, le pistole nel sec. XVI e nel successivo, erano piccoli archibugi, cioè armi di mezzo fra le lunghe e le corte odierne; e solo sulla metà del Seicento fu definito il nome e fu ristretto alle armi piccole, con impugnatura a calcio, da tenersi e spararsi con la mano, così come si usa e si dice ora.
L'invenzione dell'acciarino o piastra a ruota, che meglio del serpentino conveniva ad un'arma da tirarsi da cavallo con una sola mano, fu presto applicata alle pistole e col facilitarne l'impiego ne rese più esteso l'uso.
Di pistola lunga (o comune) andavano armati i raitri (Reiter) tedeschi, che in italiano si chiamavano ancora pistolieri, e la portavano a tracolla come ora si porta il moschetto; poscia ebbero pistole più corte le lance, che ne avevano una e la tenevano nella fonda all'arcione della banda sinistra; e le corazze, che ne avevano due, una per fonda. La forma più comune delle pistole nel sec. XVII è quale appare dalle figure 1-2.
Quando fu inventata la piastra o acciarino a focile ne fu fatta applicazione alle armi a mano, e successivamente fu applicato l'acciarino a capsula metallica o a luminello, e queste armi perfezionate servirono oltreché per la guerra anche per la caccia e per i duelli. Oggi per gli eserciti sono in uso più specialmente pistole a retrocarica, a ripetizione (rivoltelle) ed automatiche e le pistole a una canna con acciarino a luminello sono adottate quasi esclusivamente per i duelli; e sono sempre riunite in pariglie o in coppie uguali per forma, calibro e lunghezza di canne, e tenute chiuse in astucci. Sono ancora molto comuni nelle armerie e nei musei pistole a due canne, con doppia batteria di scatto, armi che si chiamano oggi doppiette.
Come per le armi da fuoco portatili, lunghe e medie, anche per le pistole si sono fatti in tutti i tempi tentativi ed esperimenti per la rigatura della canna, per il caricamento della culatta e per la ripetizione. Uno dei mezzi escogitati per avere da una pistola colpi multipli successivi senza caricarla a volta a volta fu la moltiplicazione delle canne riunite in un fascio e la rotazione di esso, cosicché le canne venivano a presentare, l'una dopo l'altra, il rispettivo luminello all'azione dell'acciarino. Ne fu inventore il Mariette di Liegi, che ne costruì a 4, a 6, ad 8 canne. Un altro tentativo si deve all'americano Sharp, il quale acconciò al cane un percotitoio, che girava quando veniva rialzato il cane dopo ogni colpo, e si spostava andando a battere successivamente gl'inneschi di quattro canne riunite in un fascio solo. Si ebbe ancora la pistola a ripetizione tipo Lenormand di Parigi a 5 colpi, la Devisme a 7 colpi, la Mariette (già citata) a 24 colpi; ma furono armi tutte di effetto poco sicuro, pesanti e presto relegate come curiosità nei musei e nelle armerie private.
Chi risolse il problema in modo pratico fu il colonnello Samuel Colt dell'esercito americano, il quale costruì la rivoltella cioè una pistola a una canna sola, munita alla culatta di un tamburo girevole a varie camere, il quale presenta, ogni volta che si voglia sparare, una delle camere cariche davanti alla canna e sotto al cane, opportunamente armato.
Fino dal 1630 un certo Hanzelet aveva descritto un'arma da lui inventata, consistente appunto, in una canna da fucile con un tamburo posteriore a 6 camere, imperniato a fianco della canna. Le camere dovevano caricarsi dalla loro bocca, per mezzo di "polvere, borra e piombo" come scriveva l'Hanzelet; poi doveva mettersi a posto il tamburo "finché una camera fosse in corrispondenza della canna" fissarla con una molla, innescare e tirare, e così per gli altri colpi.
Sono questi gli elementi del revolver Colt, il quale nei primi saggi era ad avancarica (del tamburo) e a moto intermittente, colpo per colpo. Gli inglesi Adams e Deane costruirono, non molto tempo dopo, una rivoltella (sistema Adams-Deane) con la quale si potevano eseguire tutte le funzioni, cioè far girare il cilindro, armare il cane e farlo scattare, premendo sul grilletto; per il che si potevano sparare di seguito i 5 colpi che la pistola portava. Ne furono armati i marinai inglesi, i quali l'usarono per la prima volta in Crimea (1855-56). Una rivoltella che tenne per parecchio tempo buon posto in alcuni eserciti europei (in Italia l'ebbero i carabinieri) fu quella a sistema Lefaucheux, specializzata dall'impiego della cartuccia a spina laterale.
Le prime armi di questo sistema, ottime balisticamente, erano a movimento intermittente, cioè caricato il cane e prodotto lo scatto, si doveva ricaricare il cane per condurre un'altra cartuccia davanti alla canna, e così successivamente. Al fine di unire il vantaggio della disposizione a tiro continuo della rivoltella Adams-Deane con la giustezza del tiro della Lefaucheux, il fabbricante di armi da fuoco Schilling la provvide di doppia rotazione, permettente il tiro intermittente e il tiro continuo a volontà, e costituì così un'arma apprezzabilissima. Dal 1870 circa, tutti gli eserciti europei adottarono per gli ufficiali e per qualche corpo speciale armi fondate sui principî su esposti. In Italia fu scelta la rivoltella Chamelot-Delvigne (fig. 3) a percussione centrale e rivoluzione continua e intermittente a volontà, calibro 10,35; quest'arma fu detta pistola a ripetizione mod. 1874 e l'ebbero anche i Belgi e gli Svizzeri. In Italia è ancora in servizio insieme con la pistola mod. 89, di poco dissimile, e con la pistola automatica.
Un particolare interessante nel quale differivano le pistole a ripetizione dei varî sistemi (oltre a piccoli particolari di forma, calibro, leggerezza, ecc.) era quello riguardante l'espulsione delle cartucce sparate. Questa operazione poteva venire praticata con la bacchetta della pistola oppure automaticamente. Di solito la bacchetta era assicurata alla parte inferiore o alla parte laterale destra della canna. Girando opportunamente il cilindro si presentava una delle camere davanti alla bacchetta; si spingeva questa fino ad espellare il bossolo sparato, s'introduceva una cartuccia buona, e si girava di nuovo il cilindro per ripetere l'operazione alla camera laterale, fino ad avere espulsi tutti i bossoli e caricate tutte le cartucce. L'estrazione automatica simultanea poteva avvenire con procedimenti varî, e qui si presenta come esempio la pistola Galand (fig. 4), nella quale l'estrattore ha forma di stella, con movimento relativo retrogrado rispetto al cilindro; cioè, avendo scaricata la pistola e volendo ricaricarla, si fanno scorrere in avanti canna e cilindro, rispetto all'impugnatura manovrando la leva L; allora l'estrattore E, che non fa corsa completa, stacca con le sue branche i bossoli delle cartucce dalle camere del cilindro ed essi sono o successivamente ritirati a mano o fatti cadere a terra voltando l'arma con la canna in alto; poi si caricano le nuove cartucce e si riconducono a posto cilindro e canna.
Le pistole a ripetizione più comuni negli ultimi anni del sec. XIX furono: quella mod. 77 (Gasser) dell'esercito austro-ungarico, molto apprezzata; quella Adams-Deane degli eserciti inglese, danese e sassone; il mod. 1883 (Mauser) per gli ufficiali tedeschi; il mod. Galand (sopra descritto, modificato leggermente) dei Francesi; la Smith-Wesson (o semplicemente Wesson) dei Russi; la Francotte per gli Svedesi; la Mervin-Hulbert per gli Stati Uniti.
I calibri erano di 11 mm. per l'Inghilterra, l'Austria-Ungheria, la Spagna, la Francia e la Svezia; di 10 mm. per l'Italia, la Germania, la Danimarca, l'Olanda, la Norvegia, la Svizzera. Molte di queste pistole durano tuttora, però la tendenza di tutti gli stati fu di alleggerirle, di renderne più sicuro il funzionamento e di diminuirne il calibro. Nei primi anni del sec. XX si trovano in uso, presso alcune delle principali potenze, le seguenti pistole a ripetizione: Italia: pistola mod. 1889, a 6 colpi, calibro 10.35, espulsione dei bossoli vuoti a bacchetta; Austria-Ungheria: pistola mod. 1898, a 8 colpi, calibro mm. 8, espulsione dei bossoli come sopra; Francia: pistola mod. 1892 riduzione della Galand, a 6 colpi, calibro 8 mm., scaricamento simultaneo dei bossoli sparati coll'estrattore automatico; Russia: pistola mod. 1895 sist. Nagant, a 7 colpi, calibro mm. 7.65. Questa pistola (come i tipi Pieper, García-Reynoso e qualche altro) ha il pregio notevole che quando si arma il cane e si fa eseguire 1/7 di giro al cilindro, questo avanza verso la canna, e la cartuccia vi penetra leggermente con la parte anteriore del bossolo, cosicché viene evitato ogni disperdimento di gas all'atto dello sparo. Svizzera: pistola mod. 1878 (Schmidt), calibro 10 mm. e mod. 1882, calibro 7.5; quest'ultima, poco dissimile dalla precedente, poteva essere eventualmente attaccata alla fondina, ideata dallo Schmidt, e appoggiata allo sparo alla spalla per dare all'arma maggiore stabilità.
Però, come l'automaticità della carica fu in questi ultimi anni applicata alle armi da fuoco lunghe, così la si è studiata e quasi ovunque applicata alle armi da fuoco manesche. Dei quattro sistemi di automaticità, il più generalmente applicato alle pistole a retrocarica è quello nel quale il blocco otturatore si stacca ad ogni sparo dalla canna e retrocede per forza dei gas della carica e poi è riportato a posto dalla reazione di una molla (recuperatore) compressa dal blocco nel movimento di rinculo. Nel movimento di retrocessione il blocco otturatore fa espellere dalla pistola il bossolo della cartuccia sparata e fa armare il cane; nel movimento di avanzata fa penetrare una cartuccia, dal serbatoio nella culatta della canna. Così, automaticamente, l'arma si trova pronta per un nuovo colpo e per sparare basterà premere sul grilletto, fino ad esaurimento delle cartucce che sono nel serbatoio.
Come si rileva da quanto detto, la pistola a ripetizione automatica non è più munita di un tamburo porta-cartucce, bensì di un serbatoio, come i fucili, il quale è quasi sempre ricavato nel calcio dell'arma o impugnatura.
Una delle prime nazioni d'Europa che abbia adottata una pistola automatica (per i soli ufficiali) fu il Belgio, il quale ebbe fin dal 1901 una pistola Browning allestita a Liegi nella fabbrica d'armi di Herstal. I suoi dati principali sono: calibro 7.65 mm peso dell'arma kg. 0.615, peso della cartuccia gr. 7.65, carica di circa 2 gr. di polvere senza fumo. L'Inghilterra nel 1899 studiava una pistola automatica Mauser, l'Austria-Ungheria nel 1900 aveva in prova una Roth e nel 1901 una Mannlicher; la Germania nel 1901 una Parabellum (Borchardt-Luger) e una Mauser di cal. 7.65 con 10 cartucce nel serbatoio.
In Italia fu posta in distribuzione la pistola Glisenti automatica mod. 1910 a canna scorrevole indietro, caricamento multiplo o successivo, calibro mm. 9; cartuccia a pallottola con carica di polvere Rotweill e pallottola di piombo rivestita di maillechort (rame e nichel); caricatore, nel manico, capace di 7 cartucce.
Nel 1915 fu adottata la pistola Beretta, il cui insieme appare dalla fig. 5; è di calibro 7.65, rigata (a 6 righe), a canna fissa con otturatore scorrevole indietro sotto l'azione del rinculo, porta 7 cartucce in un caricatore metallico, che s'introduce nell'impugnatura. Per cominciare il fuoco basta tirare indietro completamente il blocco otturatore, indi abbandonarlo bruscamente. Questo, trascinato in avanti dal ricuperatore, spinge la prima cartuccia nella camera della canna. Così l'arma è pronta per lo sparo, poiché il cane viene armato dalla retrocessione dell'otturatore. Premendo il grilletto il primo colpo parte; il rinculo prodotto dallo sparo fa tornare indietro l'otturatore e la cartuccia vuota viene espulsa. L'otturatore, tornando automaticamente in avanti, porta dal caricatore nella camera della canna una nuova cartuccia. Questo movimento continua finché rimangono cartucce nel caricatore; quando l'ultimo colpo è partito il tiratore ne è edotto perché l'otturatore rimane aperto; e si chiude togliendo il caricatore vuoto.
Volendo si può sospendere il tiro e mettere l'arma in posizione di sicurezza agendo su appositi bottoni, che sono uno davanti e l'altro dietro al blocco dell'arma.
La lunghezza massima della pistola Beretta è di mm. 169; il suo peso con caricatore gr. 870 circa.
Pistola mitragliatrice. - È un'arma che agisce come una mitragliatrice, cioè lancia con successione rapida pallottole da fucile. Un esempio di questo tipo d'arma è la pistola mitragliatrice Fiat (fig. 6). Si può dire che quest'arma risulti dall'accoppiamento di due pistole a lunga canna, riunite di dietro da un solo calcio, e davanti da un telaio per il quale l'arma complessa prende appoggio su un riparo (orlo di trincea, parapetto di fortificazione, ecc.). La pistola è a utilizzazione diretta del rinculo; le canne sono fisse e gli otturatori rinculano; i caricatori contengono 25 cartucce ognuno. Dopo che si è caricata l'arma con l'ultima operazione di caricamento, la molla recuperatrice rimane completamente compressa e l'otturatore è trattenuto dal dente della leva di sparo (specie di grilletto); premendo questa leva si lascia in libertà l'otturatore il quale avanza, fa cadere una cartuccia nella camera di culatta e continuando ad avanzare sotto l'effetto della molla percuote la capsula della cartuccia. Per effetto della deflagrazione della carica, il proietto sfugge dalla canna e l'otturatore, per reazione, compie una corsa indietro trascinando il bossolo, che, urtando contro l'espulsore, cade dall'apertura inferiore della culatta.
Nella corsa retrograda l'otturatore si arma e, se si mantiene la pressione sulla leva di sparo, compiuta la corsa, non essendo trattenuto dal dente della leva stessa, ritorna in avanti ripetendo il ciclo e provocando la partenza di colpi successivi, finchk sono consumate le cartucce dei serbatoi. Per sospendere il fuoco basta abbandonare la leva di sparo. La pistola può agire con una e poi con l'altra canna, o con tutte e due contemporaneamente. Ha subito modificazioni leggiere negli anni 1916 e 1917, cosicché si conosce sotto i nomi di pistola mitragliatrice Fiat mod. 1915, mod. 1916 o mod. 1917.
Nella guerra mondiale fu usata dagli Stati Uniti una pistola mitragliatrice Thompson, la cui particolarità è di prestarsi a essere impiegata anche marciando, sia come pistola sia come fucile. Ha due impugnature, una sotto al meccanismo di scatto e di chiusura e una sotto la canna, e per spararla si tiene con ambedue le mani all'altezza della cintura.
Per usare questa pistola mitragliatrice come fucile le si aggiunge una specie di calcio per il quale s'appoggia alla spalla, pur tenendola con le due mani. Il caricatore è costituito da una scatola a disco di cartone, che viene applicata all'arma fra le due impugnature e col suo piano normale all'asse della canna; vi sono caricatori da 20, 30, 50 e 100 cartucce.
Pistola da sala o da tiro per sale, parchi o giardini; sono pistole che si caricano con piccola carica e si usano per esercitazioni di tiro al bersaglio. Talvolta in luogo di pallottola hanno per proiettile un piumaccetto che resta infisso nel bersaglio con una punta di ferro o di ottone. È diffusa la pistola Flobert, che si spara con una semplice capsula a fulminato di mercurio, munita di una piccola pallottola di piombo.
La pistola illuminante e anche da segnalazione lancia cartucce a luce bianca o rossa, chiuse in bossoletti di alluminio; le cartucce bianche per illuminazione, quelle rosse per segnalazioni. La luce data dalle cartucce bianche è tale che a 100 m. dal tiratore si distinguono perfettamente le sinuosità del terreno, e a 200 m. si arriva a scoprire un uomo in piedi o una pattuglia di uomini accovacciati; sparando più cartucce bianche di seguito a intervalli di tempo stabiliti, si riesce a tenere illuminato il terreno per parecchi minuti.