PISTACCHIO (fr. pistachier, pistache; sp. alfonsigo, arbol de los pistachos; ted. Pistazie, grüne Pimpernuss; ingl. pistachio, pistachio nut)
S'indicano con questo nome tanto l'albero quanto il frutto della Pistacia vera L. della famiglia Anacardiacee. L'albero è di mediocre altezza, a rami diffusi e tortuosi, resinoso, di lento sviluppo. Ha foglie caduche imparipennate a 1-2 coppie, raramente 1-foliolate; foglioline subcoriacee, glabre, lucide, verde chiaro, sessili, grandi, ovali, ottuse o mucronulate, con elegante sottile nervatura reticolata prominente. Fiori dioici in pannocchie ascellari, apetali, gli staminiferi con calice 5-partito e 5 stami, i pistilliferi con calice 3-5-partito e ovario 1-loculare sormontato da uno stilo brevissimo e 3 stimmi a spatola arcuati. Il frutto è drupaceo, ovatobislungo, apiculato, giallastro o rossigno, lungo 20-25 mm. e largo la metà, con mesocarpo quasi secco, endocarpo osseo bianchiccio ovale formato da 2 valve connesse a spigolo, contiene un seme rivestito da una pellicola violacea, senza albume e con due cotiledoni piano-convessi, verdi. Questi semi di delicato sapore, leggermente aromatici, contengono grassi e zucchero, si mangiano freschi e secchi e sono assai pregiati e largamente usati nella confezione di dolci, gelati e vivande varie.
Il pistacchio probabilmente cresce spontaneo nella Siria e nella Mesopotamia; di là, scrive Plinio, fu portato in Italia e nella Spagna nella prima metà del sec. I d. C. Secondo Planchon, la P. vera sarebbe una razza derivata per via di coltura da P. terebinthus L. Oggi il pistacchio è coltivato estesamente nell'Asia Minore, in Sicilia e a Tunisi; la sua coltura in altri punti del Mediterraneo non ha importanza. La produzione maggiore e migliore è quella siciliana.
In Sicilia il pistacchio viene chiamato fastuca (arabo fustuq), ciò che fa pensare a un'introduzione araba nell'isola. La sua coltivazione occupa circa ha. 4000, di cui la maggior parte nelle provincie di Catania e di Girgenti. L'esportazione annua media nel quinquennio 1927-31 è stata di q. 2400 di pistacchi sgusciati. Si adatta a terreni magri e sassosi; richiede poche cure colturali. Spesso il prodotto è scarso per mancanza di sufficiente numero d'individui maschili. Si moltiplica per innesto sul terebinto (P. terebinthus L.; siciliano: scornabecco) selvatico, in posto stesso dove questo è cresciuto spontaneo, poiché non sopporta il trapianto. Solo di recente si è piantato qualche pistaccheto con piantine di pistacchio o di terebinto da seme, da innestare le une e le altre. L'innesto viene anche sul lentisco (P. lentiscus L.), ma si ottengono piante assai meschine. Raramente nei pistaccheti siciliani si hanno piante staminifere di P. vera, per lo più la fecondazione della P. vera pistillifera è affidata al terebinto staminifero spontaneo. Di conseguenza, i semi che si ottengono dànno luogo ad individui ibridi di P. vera x terebinthus con caratteri intermedi fra i genitori ed a frutto non utilizzabile, donde la necessità dell'innesto. Ma anche quando si abbiano piantine pure provenienti da semi di P. vera fecondati con polline di P. vera, è praticamente necessario ricorrere allo innesto sia per affrettarne la fruttificazione, sia per ottenere la giusta proporzione e distribuzione di piante staminifere e pistillifere.
Le foglie del pistacchio presentano sovente galle in forma varia di borse, o di corni talvolta assai grandi, determinate da varie specie di afidî del genere Pemphigus. I frutti da giovani vengono attaccati da un piccolo imenottero, il Megastigmus Ballesteri Rond., la cui larva rode la mandorla, distruggendo parte, anche assai rilevante, della produzione.