PISANI DOSSI, Alberto Carlo
PISANI DOSSI, Alberto Carlo (Carlo Dossi). – Nacque a Zenevredo (Pavia) il 27 marzo 1849, da Giuseppe, ingegnere di nobile famiglia pavese, imparentata con i Beccaria d’Arena, e da Ida Quinterio, la cui famiglia, originaria di Lodi, era di tradizione patrizia.
Due anni dopo, il 12 aprile 1851, vide la luce il fratello Guido, che sarebbe diventato architetto e che sarebbe stato tra i fondatori, nel 1882, del giornale satirico Il guerin meschino. Il nonno paterno, Carlo, per un ventennio fu esule in Svizzera per sfuggire alla condanna a morte per la partecipazione ai moti carbonari del 1821.
L’appartenenza nobiliare non impedì a Pisani Dossi di entrare in contatto poco più che adolescente con gli ambienti artistici, scientifici e letterari della Milano scapigliata, dove si fece conoscere con il nome di Carlo Dossi e strinse amicizia con Tranquillo Cremona, Paolo Gorini e Cletto Arrighi. Tramite per l’inserimento in questa eclettica società fu Luigi Perelli, carattere estroverso che compensava il suo, schivo e riservato. Personalità complementari, i due iniziarono un sodalizio umano, ideologico e professionale che durò per tutta la vita.
Frutto della loro collaborazione fu La Palestra letteraria, rivista fondata nel dicembre 1867 che seppe inserirsi nei fermenti del milieu scapigliato, operando un confronto fra la generazione risorgimentale e quella postunitaria. I due costituirono una ‘commissione esaminatrice’ dei lavori destinati alla pubblicazione, coinvolgendo alcune tra le più illustri personalità del mondo letterario, linguistico e scientifico dell’epoca, da Giosue Carducci a Niccolò Tommaseo, da Graziadio Isaia Ascoli a Bernardino Biondelli, da Luigi Cremona a Paolo Mantegazza. In seguito a uscite irregolari e dopo aver modificato il titolo in Palestra letteraria artistica scientifica, la rivista sospese le pubblicazioni nel 1869 per difficoltà finanziarie. Nei tre anni di vita La Palestra stampò diversi racconti dossiani, ma fu con le prime due opere in volume, L’altrieri. Nero su bianco (Milano 1868) e Vita di Alberto Pisani (Milano 1870) che il giovane fu apprezzato per uno stile umoristico inconfondibile, caratterizzato da un plurilinguismo di rara fattura.
Nel 1866, dopo gli studi liceali, Pisani Dossi si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Pavia, dove si laureò nel 1871. Per intraprendere la carriera diplomatica partecipò al concorso per un posto di volontario al ministero degli Affari esteri, classificandosi primo. Trasferitosi nella capitale, prese servizio il 1º gennaio 1872, ma presto si rivelò insofferente della vita ministeriale, tanto da presentare le dimissioni dopo un anno. Roma significò vivere lontano dalla famiglia e dal cerchio di amicizie costruito a Milano, che dal dicembre 1872 si arricchì del giornalista ferrarese Primo Levi.
Il ritorno a Milano gli permise fino al 1877 di dedicarsi alla scrittura. Pubblicò Il Regno dei Cieli (Milano 1873), Dal calamajo di un mèdico (Milano 1873, primo volume dell’incompiuto ciclo dei Ritratti umani), La colonia felice. Utopia (Milano 1874), e compose tutta La desinenza in A (Milano 1878), altro capitolo dei Ritratti umani. Il taglio autobiografico dell’Altrieri e dell’Alberto Pisani fu superato a vantaggio di altre istanze ispirative. L’approccio umoristico, debitore della linea Manzoni-Rovani e di modelli europei (Johann Paul Richter e Laurence Sterne), si completò di nuovi stimoli creativi per un interesse crescente nei confronti delle scienze esatte. All’ammirazione per l’empirismo alchimistico di Paolo Gorini, il vulcanologo padre del movimento cremazionista e imbalsamatore della salma di Giuseppe Mazzini, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta si aggiunse quella per l’antropologia criminale di Cesare Lombroso.
Per problemi economici, nel febbraio 1877 Dossi valutò tramite il deputato liberale moderato Enrico Fano, amico di famiglia e in ottimi rapporti con Cesare Correnti, la possibilità di riprendere la carriera diplomatica. A novembre fu riammesso con il grado iniziale di volontario nella direzione generale dei Consolati e del Commercio. Tornato a Roma, insieme a Levi e Perelli entrò in contatto con Francesco Crispi, deciso a riprendere le pubblicazioni del quotidiano La Riforma, sospese nel 1874. Fondata nel 1867 da Agostino Bertani, Benedetto Cairoli e dallo stesso Crispi, La Riforma aveva espresso le posizioni della Sinistra democratica postrisorgimentale, contraria alle manovre centriste di Agostino Depretis. Il giornale tornò alle stampe il 16 gennaio 1878, diventando organo del solo Crispi, che da esperto giornalista seppe mettere in moto con i tre amici scapigliati un formidabile gruppo. A Levi fu affidata la direzione dei servizi esteri e dal luglio 1879 quella dell’intero giornale; a Perelli la gestione dello Stabilimento tipografico italiano, casa editrice della costellazione politica crispina. Più defilato, ma non meno importante, il ruolo ricoperto da Pisani Dossi, che con i suoi interventi di critica d’arte e di attualità letteraria evidenziò spesso meriti e pregi di quanti con lui condividevano i propositi riformistici e colonialisti di Crispi.
Come Levi e Perelli, anche lui vide in Crispi un politico di rottura e non di conservazione, legato alla tradizione della Sinistra risorgimentale e perciò contrario al trasformismo di Depretis, al moderatismo della Destra e al clericalismo. Allo scapigliato tornato in diplomazia, Crispi non apparve tanto come l’uomo d’ordine, quanto come il reduce dell’epopea garibaldina, intenzionato a scardinare il conformismo dei notabili liberali e a imporre il prestigio dell’Italia in campo internazionale.
La militanza giornalistica contò molto anche per il destino letterario di Pisani Dossi, che dal 1879 iniziò il rilancio editoriale delle proprie opere. Se il Dossi milanese era stato uno scrittore per addetti ai lavori, quello romano diventò autore per un pubblico più vasto. Ai libri stampati in pochi esemplari fuori commercio, seguirono quelli pubblicati con alcuni tra gli editori più influenti del tempo.
Lo Stabilimento tipografico italiano pubblicò Goccie d’inchiostro (Roma 1879) e ristampò La colonia felice e L’altrieri (opere già riproposte sulle appendici della Riforma). Dopo cominciò la collaborazione con Angelo Sommaruga, per il quale, tra il 1881 e il 1884, stampò alcuni libri precedenti (La colonia felice, Dal calamajo di un mèdico e La desinenza in A) e l’inedito I Mattòidi al primo concorso pel monumento in Roma a Vittorio Emanuele II (Roma 1884). In seguito approdò alla casa editrice Dumolard di Milano, con cui diede alle stampe nel 1885 Campionario (episodio dei Ritratti umani, scritto insieme a Perelli) e nel 1887 Amori.
Il Dossi romano fu anche il Dossi delle prefazioni, scritti teorici con cui esplicitò le ragioni formali e contenutistiche delle proprie opere. Testi come la Prefazione a Goccie d’inchiostro, Agli scrittori novellini (per l’edizione 1881 dell’Altrieri), il Màrgine per La desinenza in A ripubblicata da Sommaruga (1884), misero in luce le istanze della personalità dossiana. Non a caso quello più paradigmatico fu la Diffida contenuta nella riedizione sommarughiana della Colonia felice (1883), con cui lo scrittore ufficializzò la sua lenta evoluzione di pensiero, sconfessando gli slanci filantropici di ascendenza illuministica per avvalorare i convincimenti lombrosiani.
A Roma con lo statistico Luigi Bodio e il diplomatico-antropologo Edmondo Mayor des Planches, Dossi formò un trio amicale, parallelo a quello consolidatosi negli anni milanesi con Perelli e Levi. Il sodalizio fu scandito da una progettualità ideologica contraddistinta da matrici positiviste. La collaborazione con Bodio cominciò nel 1881 per il censimento degli italiani all’estero e con la pubblicazione in volume dei lavori (Censimento degli italiani all’estero, Roma 1884) con cui Dossi ottenne il primo risultato rilevante della sua carriera. Di lì a poco il diplomatico vide scoccare la sua ora. Entrato nell’ultimo governo Depretis in qualità di ministro dell’Interno nell’aprile 1887, Crispi lo volle a capo della sua segreteria incaricandolo di gestire i rapporti con gli Esteri. E proprio in questo ruolo fece da intermediario fra lo statista siciliano e l’abate cassinese Luigi Tosti per la restituzione della rendita di S. Paolo alla S. Sede, durante quello che fu il primo tentativo conciliatorista fra Stato e Chiesa. La trattativa, di cui tenne un diario, pubblicato nel 1939 dal figlio Franco Alvise, fallì a causa degli opposti intransigentismi (F.A. Pisani Dossi, Le relazioni tra Francesco Crispi e Padre Luigi Tosti (pagine di un diario del 1887), in Nuova Antologia, 16 marzo 1939, pp. 136-155). A giugno, dopo la morte di Depretis, Crispi diventò presidente del Consiglio, mantenendo il dicastero dell’Interno e assumendo ad interim quello degli Esteri. Pisani Dossi fu nominato capo di gabinetto del ministero. In piena sintonia con Crispi sui punti nevralgici della politica estera, si rivelò dal 1887 al 1891 il protagonista di un’attività diplomatica senza precedenti, dal viaggio a Friedrichsruh nell’autunno 1887, durante il quale con Mayor affiancò Crispi nell’incontro con il cancelliere Otto von Bismarck-Schönhausen, alla costituzione, nel gennaio 1890, dell’Eritrea prima colonia italiana.
Riunire i possedimenti sulle coste del Mar Rosso in un’unica amministrazione politica rappresentò il risultato più prestigioso raggiunto da Crispi, che per attribuire la denominazione alla nuova entità territoriale si avvalse dei consigli di Bodio e di Dossi, optando per la proposta di quest’ultimo, più letteraria e quindi più umanistica rispetto a quelle di Bodio, motivate da ragioni di natura scientifica (Adalia, Azania, Regione adulitica). Una geniale intuizione linguistica, quella del diplomatico dai trascorsi scapigliati, che colpì la sensibilità ideologica di Crispi. Anche al suo orecchio ‘Colonia eritrea’ riecheggiò il titolo più noto tra le opere dossiane, quella Colonia felice di cui si ebbero sei edizioni tra il 1874 e il 1895 e che in virtù delle suggestioni di stampo rousseauiano riscosse un consenso capace di entusiasmare la società letteraria (con in testa Carducci ed Edoardo Scarfoglio) e raggiungere le aule parlamentari: intervenendo l’8 novembre 1888 al Senato sull’organizzazione delle colonie penali, Tullo Massarani lesse alcuni brani del romanzo, elogiandone le finalità pedagogico-umanitarie (Sul Codice Penale. Parole dette in Senato da Tullo Massarani, Roma 1888, pp. 31-33).
Nell’agosto 1891 Pisani Dossi conobbe Carlotta Borsani, nipote di Francesco Mussi, cugino di Giuseppe, sindaco radicale di Milano dal dicembre 1899 al dicembre 1903. Di famiglia cattolica, la giovane era stata educata in un ambiente austero. L’incontro con lei lo aiutò a sopportare la doppia delusione patita in pochi mesi: la caduta di Crispi – a cui subentrò il liberale conservatore Antonio Starrabba di Rudinì – e l’incarico in Colombia. Prima di partire per Bogotà sposò la Borsani, con la quale ebbe tre figli: Bianca, Franco Alvise ed Elena. Testimoni del matrimonio, celebrato nel gennaio 1892 a Roma dal cardinale bavarese Gustav Adolf von Hohenlohe-Schillingsfürst, furono Crispi e Pietro Antonelli, altro esponente della politica colonialista del gruppo politico crispino. Nonostante la moglie, Dossi rimase indifferente all’ortodossia cattolica. Il ruolo della Borsani invece fu decisivo per far nascere in lui un forte interesse per la telepatia, i sogni premonitori e la reincarnazione. L’incarico colombiano durò poco più di un anno. Nell’aprile 1893, dopo la morte di Mussi, Pisani Dossi chiese un congedo per motivi familiari, che si prolungò fino alla fine dell’anno in attesa di una nuova destinazione che non ci fu perché, tornato alla guida del governo nel dicembre 1893, Crispi gli affidò la direzione del gabinetto del ministero degli Affari esteri. Agli inizi del 1895 a Milano fu protagonista delle trattative con il mondo cattolico per le elezioni amministrative del 10 febbraio e di quelle politiche del 26 maggio nelle vesti di mediatore con le gerarchie ecclesiastiche guidate dal cardinale Andrea Carlo Ferrari, al fine di ottenere un accordo tra lo schieramento filocrispino e gli ambienti clericali, nel tentativo di sganciare Crispi dalla corrente massonica e neutralizzare l’avanzata dell’estrema sinistra. Ma i risultati non ebbero uguale esito: a causa del «non expedit» papale la coalizione filocrispina, che pure conquistò l’amministrazione milanese, fu sconfitta dall’alleanza tra radicali e socialisti a livello nazionale. Concluso l’impegno elettorale, prese servizio presso la sede di Atene dove aveva fatto richiesta di essere destinato alla fine del 1894, vincendo la riluttanza del ministro Alberto Blanc, che avrebbe preferito tenerlo con sé alla Consulta. E proprio in veste di ambasciatore del Regno d’Italia ospitò Gabriele D’Annunzio, Scarfoglio e gli altri ulissidi, Guido Boggiani e George Hérelle, durante il viaggio in Grecia nell’agosto 1895. Dalla penisola ellenica Pisani Dossi fu richiamato in Italia poche settimane dopo la disfatta di Adua (5 marzo 1896). Tra tutti i collaboratori di Crispi fu lui a pagare il prezzo più alto. Perfino Levi, Bodio e Mayor continuarono a percorrere brillanti carriere. Soltanto Pisani Dossi fu estromesso dal mondo politico, costretto all’aspettativa dopo Adua e collocato a riposo d’autorità nell’agosto 1901, nei giorni successivi alla morte di Crispi, affronto a cui rispose rifiutando l’onorificenza di grand’ufficiale della Corona d’Italia.
Ritiratosi a vita privata, si dedicò all’archeologia e alla riorganizzazione dei beni artistici e bibliotecari di famiglia, usando a questi scopi le due sedi dove trascorse il periodo conclusivo della propria esistenza: la villa quattrocentesca di Corbetta (Milano), ereditata da Mussi, e quella monumentale del Dosso Pisani, costruita a Cardina, sul lago di Como, tra il 1898 e il 1910 su progetto di Luigi Conconi e realizzata da Luigi Perrone secondo i canoni di un impianto neoclassico aperto al liberty e all’eclettismo. Nella villa di Corbetta, edificata dal fisico di Lodovico il Moro, Ambrogio Varese da Rosate, allestì un museo con i reperti raccolti durante il lungo soggiorno romano e gli incarichi in Colombia e in Grecia. La collezione aumentò con gli oggetti di epoca romana e preromana rinvenuti durante gli scavi a Corbetta e nei territori circostanti di Albairate e di Cisliano.
Sgravato dalle responsabilità della politica, Pisani Dossi tornò a dedicarsi attivamente anche alla letteratura. Nel 1905 editò a Como la commedia in dialetto milanese Ona famiglia de cilapponi (scritta con Perelli nel 1873) e l’anno seguente Fricassea critica di arte, storia e letteratura (Como 1906), ampia raccolta dei suoi scritti giornalistici. In quegli anni si consolidò l’amicizia con Gian Pietro Lucini, figura insolita di critico e di poeta e singolare anello di congiunzione fra l’epoca scapigliata ormai al tramonto e il nascente movimento futurista. Quella con Lucini si rivelò una collaborazione decisiva per l’allestimento presso gli editori Treves dei cinque volumi delle Opere (Milano 1910-27), di cui lo scrittore vide stampati i primi due nello scenario bokliniano del Dosso Pisani.
Morì nella sua villa di Cardina il 16 novembre 1910 per le conseguenze di un ictus che lo aveva colpito nell’aprile 1908.
Al di là delle opere pubblicate, la scrittura dossiana si espresse nella misura giornaliera delle lettere, con una produzione sterminata il cui esito fu l’incompiuta autobiografia epistolare Vita di Carlo Dossi scritta da Alberto Pisani. Ma fu con la dimensione diaristica delle Note azzurre (scritte dal 1870 al 1907) che Dossi manifestò in modo magistrale il suo talento. Un diario intimo di appunti, riflessioni, progetti di libri mai portati a compimento (Rovaniana, Libro delle bizzarrie, Storia dell’umorismo) con cui delineò insieme al proprio ritratto quello di un’epoca intera, tra aneddotica scapigliata, entusiasmi crispini, fervori lombrosiani e suggestioni spiritistiche.
Opere. Si segnalano le seguenti edizioni: Opere, a cura di G.P. Lucini, I-V, Milano 1910-27 (con Preludio e Interludio di P. Levi, I, pp. V-XXIV; II, pp. V-XXVI); Opere, a cura di C. Linati, Milano 1944; Opere, a cura di D. Isella, Milano 1995; Carlo Dossi, scelta e introduzione di A. Arbasino, apparati di G. Pedullà, Roma 1999. Inoltre: Rovaniana, a cura di G. Nicodemi, I-II, Milano 1946; Note azzurre, a cura di D. Isella, I-II, Milano 1964 (ed. integrale Milano 2010); Autodiàgnosi quotidiana, a cura di L. Barile, Milano 1984; Goccie d’inchiostro, a cura di F. Lioce, Roma 2009 (in appendice Vita di Carlo Dossi scritta da Alberto Pisani: lettere 34, 36, 38, 42, 43, 48, 50, 157, 233, 247, 259 del Tomo I e lettera 161 del Tomo II, pp. 125-143, e descrizione dell’autografo, pp. 148-151).
Fonti e Bibl.: Corbetta (Milano), Archivio privato Carlo Alberto Pisani Dossi (faldoni I-V, minute di lettere 1866-1902); Casa Pisani Dossi, Museo archeologico Pisani Dossi; Milano, Biblioteca nazionale Braidense, Fondo autografi, Archivio privato Luigi Bodio, f. Carlo Dossi, lettere a Luigi Bodio (1883-1902); Roma, Archivio centrale dello Stato, Fondo Carlo Alberto Pisani Dossi (30 buste e 68 fascicoli). Per un’analisi complessiva della personalità: G.P. Lucini, L’ora topica di Carlo Dossi. Saggio di critica integrale, Varese 1911 (Milano 2003); Carteggio inedito tra Carlo Dossi e Gian Pietro Lucini (1902-1907), con note illustrative di T. Grandi, in Il Convegno, XIV (1933), 1-2, pp. 1-29; F. Lioce, Dalla Colonia felice alla ‘Colonia eritrea’. Cultura e ideologia in Carlo Dossi, Napoli 2014; Carlo Dossi lo scrittore, il diplomatico, l’archeologo, a cura di F. Spera - A. Stel, Milano 2014. Sull’attività letteraria: D. Isella, La lingua e lo stile di Carlo Dossi, Milano-Napoli 1958; La critica e Dossi, a cura di L. Avellini, Bologna 1978; A. Saccone, Carlo Dossi. La scrittura del margine, Napoli 1995; A. Carli, Storia di una salma. Giuseppe Rovani, Carlo Dossi e Paolo Gorini, in Testo. Studi di teoria e storia della letteratura e della critica, n.s., XXII (2002), 2, pp. 75-86; P.C. Buffaria, Carlo Dossi et ses ‘Note azzurre’. Raison pratique et innovation littéraire, Alessandria 2006; C.A. P. D. scrittore e uomo di Stato, a cura di C. Giovanardi - F. Lioce, Napoli 2012 (in partic. M. Arcangeli, Dossi, il realismo e dintorni, pp. 13-25; R. Colombi, Carlo Dossi e le radici ottocentesche del suo umorismo, pp. 101-134; V. Perozzo, Carlo Dossi, Giuseppe Rovani e il mito della Scapigliatura, pp. 135-143; A. Saccone, Il ‘geroglifico’ Dossi e la ‘difficile facilità’ di Manzoni e Rovani, pp. 145-159; R. Salsano, Carlo Dossi, Alberto Cantoni e le prospettive dell’umorismo, pp. 161-181; M. Berisso, Rileggendo la ‘Fricassea critica’, pp. 189-208; E. Paccagnini, Carlo Dossi tra polemiche e imitazioni, pp. 243-260). Sull’attività diplomatica e l’ideologia politica: F. Fonzi, Crispi e lo ‘Stato di Milano’, Milano 1965 (in partic. il capitolo Incertezza di Crispi e attività di P. D., pp. 177-217); G. Anceschi, Carlo Dossi e il mito di Garibaldi, in Il Ponte, XXXVIII (1982), 10, pp. 1052-1063; E. Serra, A. P. D. diplomatico, Milano 1987; D. Adorni, Francesco Crispi. Un progetto di governo, Firenze 1999, ad ind.; C. Duggan, Creare la nazione. Vita di Francesco Crispi, Roma-Bari 2000, ad ind.; F. Lioce, ‘Colonia eritrea’: origini e storia di un toponimo, in Rivista italiana di onomastica, XIV (2008), 2, pp. 361-376; Id., Flussi migratori e politica africana: alcune lettere di P. D. a Luigi Bodio, in Rassegna storica del Risorgimento, XCV (2008), 3, pp. 379-406; A. Debenedetti, Carlo Dossi, le invettive sulla Capitale e il potere di un lombardo furioso, in Corriere della sera, 19 agosto 2010, p. 7 (ed. romana); F. Lioce, Prime note sulla ‘Vita di Carlo Dossi scritta da Alberto Pisani’: letteratura e politica, in L’Ellisse, V (2010), pp. 201-208; Id., Colonia, in Itabolario. L’Italia unita in 150 parole, a cura di M. Arcangeli, Roma 2011, pp. 75 s.; G. Iannaccone, Carlo Dossi poeta della Comune, in C.A. P. D. scrittore e uomo di Stato, a cura di C. Giovanardi - F. Lioce, Napoli 2012, pp. 29-49; G. Monsagrati, P. D. ad Atene tra diplomazia e archeologia, ibid., pp. 55-83; F. Lioce, Uno scrittore scapigliato al servizio dell’Italia crispina, ibid., pp. 209-241; Id., Dossi e D’Annunzio. Prime ipotesi per un possibile confronto, in Studium, CIX (2013), 3, pp. 448-466. Per le sedi storiche e l’archeologia: F.A. Pisani Dossi, Libero tra boschi e prati, Milano 1960; A. Reverdini - N. Reverdini, Carlo Dossi, Milano 1989; M. De Donno, Una necropoli romana a Corbetta (Milano). La provenienza dei materiali, in Archeologia uomo territorio, 1995, vol. 14, pp. 101-109; A. Antonibon et al., L’analisi dei materiali, ibid., pp. 110-132; L. Granchelli - G. Groppelli - A. Rovida, Lucerne romane della collezione Pisani Dossi, Vercelli 1997; A. Bresciani et al., Il Museo Pisani Dossi a Corbetta, Milano 1998.