PIRITOO (Πειρίϑοος, Pirithous)
Mitico re dei Lapiti di Tessaglia, figlio di Zeus e di Dia o, secondo altre tradizioni di Ixion. Ne consegue una parentela con i centauri del Pelion, anch'essi mostruosi figli di Ixion e di Nephele (v.), e che sono i naturali avversarî dei Lapiti e di P. in particolare.
Nei poemi omerici P. appare solo nelle reminiscenze di Nestore (Il., i, 260 ss.) come avviene degli eroi appartenenti a generazioni anteriori a quelli che combattono sotto Troia: e di lui è ricordata una spedizione con molti eroi, presumibilmente contro i centauri. La saga di P. doveva peraltro presentarsi in tutti i suoi elementi nel poema Mynias di Esiodo: vale a dire la brutalità dei centauri alla festa di nozze come origine della tradizionale inimicizia, così come la fraterna amicizia con Teseo che è alla base di tutte le avventure di Piritoo. Tra i due eroi esiste infatti un rapporto dell'ordine di quello esistente tra Achille e Patroclo, Oreste e Pilade, con un indiscutibile distacco di superiorità dell'uno sull'altro. E di conseguenza anche nella tradizione figurata permane una netta distinzione tra il grande eroe che è di necessità al centro degli eventi e che possiede la più assoluta autonomia e il minore che ne è il riflesso e che non ha quasi una vita propria e indipendente. P. figura quindi come il secondo di Teseo in una quantità di imprese di amore e di guerra, quali il ratto di Antiope e la guerra con le Amazzoni, il ratto di Elena e lo sfortunato tentativo di conquista della regina degli Inferi Persefone. La partecipazione di P. ad altre imprese panelleniche quali gli Argonauti o la caccia di Kalydon sembrano attestate unicamente da fonti tarde.
La tradizione iconografica conosce sin da età assai arcaica la storia del ratto di Elena che appare figurato su un arỳballos protocorinzio del Louvre CA 617 assegnato al Pittore di Aiace e databile nella prima metà del VII sec. a. C.
In questo piccolo monumento peraltro i due eroi attentatori sono indistinguibili. La storia del recupero di Elena da parte dei Dioscuri appariva del resto nell'Arca di Kypselos, mentre il ratto, con Teseo e P., figurava sul Trono di Apollo ad Amyklai. Di conseguenza la presenza di P. sia pure per riflesso della spartana Elena, ricorre con una certa frequenza nell'arte figurata del Peloponneso sin dagli inizî del VII sec. a. C. Degli inizî del VI è invece la figurazione di Teseo e P. prigionieri degli Inferi e liberati da Eracle che appare su una lamina bronzea di scudo da Olimpia. I due eroi sono seduti su troni, con i nomi scritti accanto, mentre Eracle tronca con la spada i loro legami. Il tono della figurazione, per l'ineluttabilità del gesto di Eracle e per la gioiosa aspettazione dei prigionieri che levano il braccio acclamanti ha indotto E. Kunze a ritenere che in questo caso la liberazione è effettiva anche per P. e che le complicate strazianti vicende di una sorte crudelmente ineguale per i due amici, siano da assegnare a un altro strato della tradizione. Per il resto, a parte occasionali apparizioni in centauromachie come quelle di Figalia o di Gjölbaşhi-Trysa, tutte le figurazioni di P. sono da ricercarsi in ambiente attico. Questo è del resto una conseguenza del suo legame con Teseo, e del suo essere stato completamente adottato dalla tradizione attica, sino a lasciare il suo nome a un dèmos, Pyrithodas. A Colono un comune santuario, ricordato da Sofocle, doveva forse ricordare la discesa agli Inferi e il solenne patto di amicizia per il quale i due eroi si sarebbero impegnati a conquistarsi una sposa figlia di Zeus per ciascuno (quindi Elena e Persefone): giuramento tramandato da tarde fonti di mitografi, ma che nella sua elementare semplicità sembra possa risalire alla tradizione epica primitiva. In una oinochòe e una lèkythos opere di Amasis e databili poco dopo la metà del VI sec. a. C. Elena viene afferrata da due giovani quasi identici nella figura e nell'atto. Ed è forse solo la leggera barbula che permette di riconoscere P. che altre volte appare barbato accanto allo adolescente Teseo: si veda ad esempio la hydrìa F 2175 di Berlino in cui egli funziona da auriga mentre l'amico solleva tra le braccia la donna rapita e gesticolante.
Nella centauromachia del vaso François una lacuna viene a cadere in quello che possiamo supporre dovesse essere il posto di P. accanto a Teseo. D'altra parte non occorrerà rilevare come in questa figurazione non sono presenti le donne, mentre anzi i rami d'albero di cui i centauri sono armati farebbero pensare a una battaglia all'aperto anziché all'improvvisa disordinata zuffa della festa nuziale interrotta. Nelle figurazioni di centauromachia, in specie quelle associate alla festa nuziale, da un preciso parallelismo di azioni con Teseo, P. viene a volte ad assumere un sempre più spiccato aspetto di protagonista. Generalmente i due eroi vengono raffigurati in atteggiamenti uguali o specularmente simmetrici, in atto di assestare colpi irresistibili sui mostruosi avversarî con l'abbandono totale di Armodio nel gruppo dei Tirannicidi. In alcuni casi è solo l'arma, la bipenne caratteristica di Teseo, oppure un più stretto aggruppamento con una delle donne minacciate quale conviene al novello sposo P. che distingue i due eroi. A volte peraltro P. è decisamente il protagonista come nel superbo stàmnos del museo di Firenze, in cui domina la scena al centro, mentre domina il centauro con la sua potenza di pugile o nel noto dipinto su marmo del museo di Napoli, che riprende un noto motivo partenonico. Né è da dimenticare che nel frontone occidentale di Olimpia Pausania e alcuni esegeti moderni con lui hanno visto P. nella figura centrale, quella che viene comunemente intesa come la quieta, ineluttabile presenza invisibile di Apollo.
Se P. è generalmente visto come un adolescente nella centauromachia (ad eccezione di alcuni monumenti come il cratere a calice di Vienna) è generalmente barbato nel ratto di Elena e nelle amazzonomachie. Con una certa approssimazione è quindi da concludere che nella ceramica attica P. è imberbe quando è lui lo sposo, è barbato quando è il compagno dello sposo, quando accompagna Teseo in una delle sue predatorie spedizioni amorose. In quelle che generalmente intendiamo come scene di amazzonomachia possono distinguersi due temi, che del resto possono ridursi a due momenti successivi dello stesso contesto mitico, il ratto e la battaglia. Le scene di ratto sembrano indicare un'azione di sorpresa concertata e silenziosa, con il carro appostato e l'amazzone sollevata tra le braccia di Teseo come nel frontone di Eretria o in infiniti dipinti di vasi. P. è quasi sempre presente, come un guerriero barbato, il più vicino a Teseo, a volte con il nome scritto accanto, a volte riconoscibile dall'episema dello scudo, un toro avanzato a sinistra che ricorre in una coppa di Oltos e sulla notissima anfora di Myson del Louvre. Come Odisseo rispetto a Diomede nel ratto del Palladio, P. è l'eroe più maturo e prudente che deve guardare le spalle al rapitore e che alle volte funziona da auriga. La presenza di P. appare meno necessaria nelle grandi scene di battaglia, e dove egli è riconoscibile unicamente in base al nome iscritto o in base a uno speciale rapporto con Teseo. Notevole la figurazione di un cratere a calice del Pittore di Achille da Spina in cui P. compare grave e barbato come nelle scene di ratto. È significativo peraltro che in documenti più tardi come le lèkythoi di New York (n. 31. 11. 13), di Napoli, assegnata ad Aison, tra i molti nomi di eroi iscritti manchi quello di Piritoo.
Per quanto riguarda le figurazioni attiche relative alla prigionia nell'Ade di Teseo e di P. il tradizionale riferimento alla Nèkyia di Polignoto fa già intendere un nuovo carattere di drammaticità e di intensità psicologica. Non sappiamo se il motivo della sorte ineguale dei due eroi fosse già implicito nel dipinto di Polignoto. In ogni modo il tema di personalità eroiche sospese al limite tra la vita e la morte ritorna con appassionata insistenza in tante storie mitiche, come quelle di Orfeo, dei Dioscuri, di Alcesti, di Protesilao, di Tideo e di Athanasia. E un'eco di questa profonda, rattenutissima commozione sembra di poter cogliere nella più antica, succinta figurazione in una lèkythos del Pittore di Alkidmachos nel museo di Berlino. Non si tratta che di due figure, un Eracle giovane e quasi timido che porge la mano a un eroe barbato e grave seduto su una roccia; e il tono di misteriosa, remota commozione fa pensare si tratti appunto di P., il prigioniero che non è possibile riscattare dal suo seggio di pietra. Le figurazioni divengono più scopertamente ed esteriormente drammatiche nella ceramica italiota, così intimamente collegata con la materia teatrale. Così i due eroi sono figurati mentre vengono legati da Erinni, gettati a terra e a volte torturati dalle torce a quattro fiamme di Persefone. Tra i due, torturati o seduti in tragico abbattimento, P. si distingue per un'accentuazione della pena o un maggiore avvilimento nella prigionia: si veda in specie il mirabile frammento di Karlsruhe che lo presenta nella sua splendida giovinezza avvilita, legato e custodito da Dike con la spada sguainata. In Etruria alla greve malinconia dei dannati si aggiunge la coreografia tutta teatrale ed esteriore di un Charun, grottesco spaventapasseri che agita serpenti nella Tomba dell'Orco. Mentre la suprema pacificata malinconia del notissimo rilievo a tre figure rende con silenziosa commozione lo straziante addio tra i due amici, quello che torna sulla terra e quello che rimane legato nell'oscurità degli Inferi.
Per la partecipazione alla caccia di Kalydon, l'unico dato è la menzione che ne fa Pausania nel descrivere il frontone del tempio di Atena Alèa a Tegea. Verosimilmente P. doveva apparire in un angolo estremo lasciando le posizioni centrali a Meleagro, Atalanta, Peleo.
Una immagine che sembra riassumere assai felicemente i rapporti che intercorrono tra Teseo e P. può vedersi nel tondo centrale della superba coppa del Pittore di Pentesilea con ciclo di Teseo, recentemente rinvenuta a Spina. I due eroi, ambedue adolescenti e incoronati stanno presso un altare, l'uno a cavallo, l'altro a piedi, forse per compiere la cerimonia del giuramento. È anche per questa diversità nella presentazione si può ricordare che in termini non diversi, Achille a cavallo, Patroclo a piedi erano figurati in un gruppo di Delfi (Paus., x, 13, 5).
Monumenti considerati. - Arỳballos protocorinzio del Pittore di Aiace: L. Ghali-Kahil, Les enlèvements et les retours d'Hélène, Parigi 1955, p. 307. Lamina bronzea di scudo da Olimpia: E. Kunze, Schieidbänder, Berlino 1950, 112 Oinochòe e lèkythos di Amasis: S. Papaspiridi-Karouzou, Amasis tav. 6,1. Hydrìa Berlino F 2175: L. Ghali-Kahil, op. cit., tav. 1902. Stàmnos di Firenze n. 3997: G. V. A., vol. ii, tav. 43. Cratere a calice, Vienna 1026: Arch. Zeit., 1883, tav. 18. Coppa di Oltos, British Museum E 41: D. v. Bothmer, Amazons in Greek Art, Oxford 1957, tav. lxviii, S. Anfora di Myson, Louvre: id., op. cit., tav. lxiii, S. Cratere a calice del Pittore di Achille da Spina: Riv. Ist. Arch. St. dell'Arte, 1953, p. 16. Lèkythos, Napoli: D. v. Bothmer, op. cit., tav. a p. 162. Lèkythos, New York: D. v. Bothmer, op. cit., tav. lxxvii. Lèkythos di Berlino del Pittore di Alkimachos n. 30035: Schaal, Vasen aus Frankfurt, 36. Frammento di Karlsruhe: Roscher, iii, c. 1783. Coppa del Pittore di Pentesilea da Spina: Riv. Ist. Arch. St. dell'Arte, 1959, p. 65.
Bibl.: Roscher, III, 1902-07, p. 1758 ss.; Pauly-Wissowa, XXVII, 1954, p. 114 ss.; E. Kunze, Archaische Schieldbänder, Berlino 1950, p. 132 ss.; D. von Bothmer, Amazons in Greek Art, Oxford 1957, p. 162; K. Schauenburg, in Jahrbuch, 1958, p. 66.