Vedi PIRAMIDE dell'anno: 1965 - 1996
PIRAMIDE (v. vol. VI, p. 178)
Tecniche di costruzione. - Sono state formulate molte ipotesi riguardo ai metodi con i quali furono costruite le p. di Gīza, ma attualmente la teoria più accreditata è che fu fatto uso di particolari rampe di mattoni crudi, come già riferiva Diodoro Siculo (I, 63). Scartata l'ipotesi di un unico lunghissimo camminamento perpendicolare a un lato della p., in quanto esso avrebbe dovuto essere rifatto, per il cambiamento di pendenza, dopo la messa in opera di ciascun corso di blocchi, ci si è orientati sull'impiego di più rampe di mattoni crudi e pietrisco disposte lungo le facce della p. e a essa appoggiate. Il Goyon ha proposto una rampa elicoidale avvolgente, che essendo più lunga e solida poteva sopportare nello stesso tempo il peso dei blocchi, delle attrezzature e degli uomini. Ogni sezione della rampa si snodava nell'angolo creatosi tra la piattaforma dell'ultimo gradone del nucleo e quello in costruzione. In questo modo gran parte del volume del materiale adoperato per la rampa finiva col fare corpo con il monumento e così non doveva essere rimosso e disperso una volta terminato il lavoro. Questo potrebbe spiegare perché non si siano trovate tracce di tali rampe. Poiché l'argilla del piano doveva essere costantemente inumidita per facilitare il passaggio del traino con il carico, il suolo si trasformava in pantano; per ovviare a tale inconveniente furono utilizzati impianti formati da tronchi di palma accostati che ricoprivano la carreggiata. In tal modo l'eccedenza di acqua era assorbita dalla porosità delle fibre che davano all'argilla l'umidità necessaria e contemporaneamente consolidavano l'armatura. La scoperta del Vercoutter in Nubia di un camminamento di terra battuta con traverse di legno, destinato al trasporto di navi, sembra confermare questa ipotesi. Restano tuttavia ancora insoluti molti problemi riguardanti queste rampe: p.es. se avessero le estremità arrotondate o ad angolo retto o compartimenti interni formati da graticci o travature.
Per quanto riguarda le «macchine fatte di corti legni» di cui parla Erodoto (II, 125), mediante le quali i blocchi di pietra erano sollevati dal suolo, finora non si può dire nulla di preciso, dato che non possiamo contare su nessun documento diretto o indiretto, raffigurazione o descrizione. L'idea dell'«elevatore oscillante», formulata da Legrain, derivò dal ritrovamento in tombe del Nuovo Regno di modellini di una specie di culla, formati da due legni arrotondati, quasi semicircolari, appaiati e collegati con traverse. Si poggiava la macchina sul terreno con il lato curvo in basso, vi si fissava sopra per mezzo di corde un blocco di pietra e quindi, dopo aver provocato un moto oscillatorio con una semplice spinta, si inserivano alternativamente cunei di legno sotto la superficie curva, in modo che il blocco si sollevava di qualche centimetro e via via di gradino in gradino. L'ipotesi suscita comunque molte obiezioni.
Un altro metodo di sollevamento, proposto da Croon, sfrutta il principio dello šādūf (mazzacavallo), utilizzato ancora dai contadini egiziani per attingere acqua. L'apparecchio è costituito da un bilanciere orizzontale mobile, sospeso a un palo fisso. Il blocco era fissato alla parte corta del bilanciere, mentre dalla parte più lunga si faceva contrappeso; giunto all'altezza del piano superiore, il blocco era fatto scivolare sopra un tavolato, ripetendo l'operazione di gradino in gradino. Il mazzacavallo non è però formato da legni corti e inoltre i ritti di sostegno avrebbero dovuto lasciare traccia dei fori di impianto nei blocchi già messi in opera, il che invece non risulta (v. inoltre monumento funerario, Egitto).
Bibl.: J. P. Lauer, Remarques sur la planification de la construction de la grande Pyramide, in BIFAO, LXXIII, 1973, pp. 127-142; G. Goyon, Il segreto delle grandi piramidi, Roma 1980; D. Arnold, Überlegungen zum Problem des Pyramidenbaues, in MDIK, XXXVII, 1981, pp. 15-33; C. Rinaldi, Le Piramidi, Venezia 1983; M. Isler, On Pyramid Building, in JARCE, XXII, 1985, pp. 129-142; M. Lehner, The Development of the Giza Necropolis = The Khufu Project, in MDIK, XLI, 1985, pp. 128-138; M. Isler, On Pyramid Building. II, in JARCE, XXIV, 1987, pp. 95-112; D. Arnold, Building in Egypt, New York I99I, pp. 98-101.