Vedi PIRAMIDE dell'anno: 1965 - 1996
PIRAMIDE (πυραμίς, pyramis)
L'Egitto antico ha conosciuto varie forme sepolcrali. Della p., che è particolarmente caratteristica, possiamo seguire con una certa precisione la storia. Negli esempî classici, la p. ha la forma del solido geometrico che da essa prende nome, a base quadrata e con facce di inclinazione varia secondo i diversi esempî, ma sempre attorno ai 50°. Tale forma è il punto di arrivo di una serie di esperienze strutturali e culturali, che oggi è possibile seguire con una certa approssimazione.
Nello sviluppo della civiltà egiziana, il punto di partenza della p. si ha dall'inizio dell'epoca storica, con le tombe della I dinastia che contrappongono il monumento funerario regio a quello dei normali sudditi. Questa differenziazione che manca all'epoca preistorica, resterà tipica fino alla fine della civiltà egiziana, e giustificherà la ricerca di nuove forme e l'impegno dei sovrani nel prepararsi mausolei che sono affermazioni di regalità. Il primo edificio che possiamo connettere con la futura p. classica è la cosiddetta p. a gradini di Saqqārah (v.): un monumento che si stacca profondamente ed in modo rivoluzionario dai precedenti, e cui la tradizione dà per autore il mitico Imḥōtep (v.). Si tratta di un complesso di edifici in pietra: il primo che adoperi metodicamente e solamente questo materiale, in confronto del legno e del mattone crudo che fin qui era stato in uso. Non solo, ma l'edificio sepolcrale, dopo una successiva serie di modificazioni cui fu sottoposto durante la costruzione, risultò formato da sei gradoni a pianta rettangolare, che si restringono assai accentuatamente verso l'alto. Il complesso è privo di camere interne, ma copre una serie assai intricata e complessa di corridoi e stanze e pozzi sotterranei, in cui sono distribuiti gli appartamenti funerarî. Attorno a questo nucleo centrale si raggruppano altri edifici di vario tipo, che costituiscono le dipendenze cultuali della tomba, e presentano una serie di problemi diversi da quelli delle p. più tarde. L'edificio di Saqqārah ha già un movimento ascensionale assai più accentuato di quanto non si fosse visto fino ad allora e sottolinea la necessità di uno scandito rastremarsi verso l'alto. Solo in questo senso esso può costituire un precedente alle piramidi. La generazione seguente fa un passo avanti, e a Medum una p. a gradini del re Snofru è a un certo momento della costruzione adoperata come nucleo di una p. classica. Tale operazione forse non fu condotta a termine e, comunque, oggi il monumento ci si presenta come un torrione a piani successivi rientranti; ma alla stessa epoca risalgono - anzi allo stesso re - altre costruzioni più francamente piramidali. Una a Dahshūr è la p. "romboidale", caratterizzata dal fatto che a circa metà dell'altezza la pendenza delle facce muta bruscamente da 54° 14' nella parte inferiore a 42° 59' in quella superiore. Il perché di questa particolarità è dubbio: forse la costruzione fu conclusa rapidamente, e si risparmiò, con questo mezzo, tempo e materiale da costruzione. Forse si ebbe paura di sovraccaricare il tetto della camera funeraria. Forse le ragioni furono ancora altre. Ma veramente piramidale è, a Dahshūr stessa, un'altra tomba dello stesso re Snofru: la prima p., il cui lato misura m 213 e la cui altezza è di m 99. Caratteristica arcaica del monumento è la scarsa inclinazione delle facce (43° 36' in confronto dei 51° 50΄ di Medum). Poiché si può provare che quando si finiva la p. di Medum si iniziava quella di Dahshūr, è lecito vedere, nel nuovo rapporto fra base ed altezza, una intenzione precisa verso un nuovo ritmo, una meno esplicita verticalità. Alla vecchia inclinazione di 51° 50΄ tornerà la generazione seguente, con la grande p. di Kheops a Gīzah, che ripropone con assai più chiara concezione di insieme il valore architettonico della piramide. Il passaggio dalla p. "a gradini" alla p. vera e propria non si spiega che attraverso una idealizzazione del profilo del più antico edificio, di cui viene sottolineato l'ordinamento generale, ma di cui volontariamente si eliminano i particolari (i "gradini"): è la tendenza verso la tipizzazione figurativa, verso la massa geometricamente definita che riscontriamo in generale nella scultura dell'epoca rispetto all'arte del periodo precedente. Ora, questa affermazione della geometria, dell'ordine astratto e intellettuale si afferma bene anche attraverso la mole della "grande piramide", alta m 146,60 e con una base di m 230,364. Solo in queste dimensioni la precisione del lavoro (orientamento delle facce ai punti cardinali, preparazione del piano roccioso su cui elevare l'edificio a pendenza 0°, taglio e connessione dei blocchi, angoli del quadrato di base, lunghezza dei lati, ecc.) assume realmente tutto il suo senso, e solo su tale cubatura è possibile il paragone fra questa montagna artificiale è perfetta e quelle casuali che presenta il deserto su cui essa si leva. Questo gusto e questa capacità si perpetuano nelle costruzioni dei re immediatamente seguenti, Khephren e Mykerinos, che anch'esse rivaleggiano per mole con la prima p. di Gīzah (alte rispettivamente m 136,10 e m 66, ma questa con il vantaggio di un colle che funge da base). La minore aggiungeva, probabilmente, un elemento coloristico all'insieme geometrico, ché la parte inferiore della p. era rivestita di granito rosso, mentre la parte alta era in calcare bianco. Dopo la IV dinastia i campi di p. sono di nuovo a S di Gīzah, a Saqqārah, a Abu Sir. Ma l'interesse per la forma è ormai svanito: le costruzioni non rivaleggiano per mole con le precedenti, e soprattutto la tecnica di costruzione è estremamente affrettata e approssimativa. Scomparso il rivestimento in calcare, il blocco della costruzione si è sfaldato proprio per la cattiva apparecchiatura. Bisogna aspettare la XII dinastia perché la p. sia di nuovo di moda: a Lisht sono le p. di Amenemḥēt I e di Sesostris I, che si oppongono, con la ripresa del modello memfita della tomba regale, alle diverse costruzioni funerarie dei re che avevano avuto il potere dalla fine del Regno Antico in qua. A Dahshūr sorgono le p. di altri re della dinastia, uno dei quali (Amenemḥēt III, il Meri degli antichi) se ne fece costruire una seconda a Hawārah nel Fayyūm. Queste piramidi, in mattoni anziché in pietra, mostrano una ripresa culturale del tipo classico, determinata da veri e proprî programmi politici di ispirazione legittimista memfita. Interessante il modo in cui sono stati risolti i problemi di statica del materiale di riempimento, che è tenuto fermo mediante muraglioni trasversali nel corpo della piramide. Un ultimo gruppo di p. regali si ha in epoca assai tarda nel regno meroitico. È anche in questo caso un elemento programmatico e politico che determina la scelta del tipo in sostituzione di quello tradizionale dei sovrani del posto: dopo la conquista dell'Egitto e l'assunzione di un atteggiamento di restauratori della tradizione faraonica, i re etiopici si costruiscono tombe di tipo memfita a Napata (v.) prima, a Meroe (v.) poi. Diverso, per altro, è l'aspetto generale di questi monumenti, minori di proporzioni e con facce assai più erte che nei modelli classici (circa 680 nell'esempio meglio conservato). Mentre queste ultime piramidi condividono con alcuni esempi di p. di tombe private del Nuovo Regno (a Deir el-Medīneh, v.) la caratteristica di contenere una assai ampia camera, le p. classiche - e cioè quelle regali del Regno Antico e Medio - son prive di un vero e proprio interno praticabile. La grande p. ha un sistema abbastanza complesso di corridoi e di camere funerarie e di camere di scarico del peso della costruzione. Le altre riducono al minimo anche questi vani, ma in ogni caso lo spazio vuoto è insignificante rispetto alla massa compatta del blocco. La p., si può dire, architettonicamente ha solo un esterno e solo per quello vale. Questo carattere appare evidente anche nelle costruzioni secondarie che regolarmente accompagnano la p. vera e propria. Già la p. a gradini di Saqqārah è al centro di un complesso di cappelle, di edifici simbolici e di cortili caratterizzati da particolari costruttivi, che non è di facile interpretazione. Negli esempî più recenti, lo schema delle dipendenze è più fermo. Al lato E della p. (a Saqqārah a quello N, dove sbocca il corridoio d'accesso ai sotterranei, che anche in quasi tutte le altre p. sboccherà a N) si appoggia un tempio destinato al culto funerario. Questo è collegato, mediante un lungo passaggio chiuso fra due muri (quasi un corridoio) a un altro tempio più basso, al margine delle terre coltivate. Nell'epoca memfita questi templi hanno uno sviluppo di pianta assai lontano dall'alzato, che in genere è racchiuso entro forme assai semplici, all'incirca a parallelepipedo, e tale da accordarsi naturalmente con la semplicità della forma della piramide. È possibile però che tutte le pareti di questi edifici secondari siano ravvivate da decorazioni figurate in policromia, retaggio di un più antico e sempre vivo e vitale gusto aneddotico. Con la costruzione delle p. sono connessi infiniti problemi tecnici, in gran parte risolti solo ipoteticamente. Come si sia potuta raggiungere la precisione di lavoro che ancor oggi sarebbe difficilmente uguagliabile, come si sian potuti spostare i carichi, come si sia potuto far lavorare contemporaneamente tanto numerose masse di operai quanto è richiesto dai risultati ottenuti: son queste alcune delle domande che hanno, se mai, troppe risposte e non una sola e sicura. Per quel che noi sappiamo della scienza egiziana, dobbiamo senz'altro scartare tutte le ipotesi che faccian troppo credito a conoscenze matematiche d'ordine superiore; ma oltre che mirabili espressioni di una mentalità chiaramente razionale anche nella sua attività fantastica, le p. sono monumenti di una civiltà che ha saputo affrontare e risolvere empiricamente i problemi tecnici più complessi.
Bibl.: J. Lauer, Le problème des pyamides d'Égypte, Parigi 1952; I. F. S. Edwards, The Pyramids of Egypt2, Harmondsworth 1961 (traduz. ital. Milano 1962).