PIPINO conti di Altamura
Giovanni, notaio in Barletta, fedele servitore di Carlo I d'Angiò, poi del figlio Carlo II, dette origine alla nobiltà di questa famiglia, quando fu decorato (1289) della dignità cavalleresca. Dopo aver partecipato (1300) alla distruzione della colonia saracena di Lucera vi ottenne la carica ereditaria di contestabile, e la conservò fino alla morte (1316). Il figlio Nicola, per il suo matrimonio con la contessa Giovanna d'Altamura, accrebbe il patrimonio feudale di suo padre. I suoi quattro figli, Giovanni, Pietro, Ludovico e Matteo, profittando dello stato di anarchia del regno, corsero la Puglia, intromettendosi con i loro armati nelle lotte di varî signori feudali, fin quando re Roberto (1341) mosse guerra contro di loro. I Pipino sostennero lungamente la lotta, ma dovettem, infine, arrendersi. Furono tenuti in carcere, e ne uscirono solo alla morte di re Roberto, dopo l'intervento del cardinale Giovanni Colonna, che mandò Francesco Petrarca a perorarne la causa. Ritornati nei loro feudi pugliesi dopo l'uccisione di re Andrea, cui non presero parte, riebbero in breve tanta autorità, che i Colonnesi si rivolsero a Giovanni per Combattere Cola di Rienzo. Giovanni e i fratelli aiutarono poi la regina Giovanna I e il marito Ludovico contro Luigi il Grande d'Ungheria, quando questi occupò il regno, e gli si opposero anche nella seconda invasione, ma questa volta vennero a patti con lui. Divenuti, perciò, meno buoni i rapporti con la corte di Napoli, quando gli Ungheri abbandonarono il regno, i P. profittarono (1354) della ribellione alla corte del principe Ludovico di Durazzo per unirsi a quest'ultimo, e due anni sostennero la lotta, finché, nel 1356, a breve distanza di tempo, Giovanni prima, poi Ludovico, furono fatti prigionieri ed impiccati ai merli dei loro castelli. Il terzo fratello, conte di Vico, andò in esilio.
Bibl.: R. Caggese, Giovanni P. conte di Altamura, in Studi di storia napoletana in onore di M. Schipa, Napoli 1926.