piovere
Il senso proprio, nell'usuale costrutto impersonale, è documentato solo in Pg XXXII 110 Non scese mai con sì veloce moto / foco di spessa nube, quando piove / da quel confine che più va remoto, " quando piove dalle più remote regioni dell'atmosfera " (Casini-Barbi); ma c'è chi intende foco (" folgore ") come soggetto di piove, che varrebbe quindi " cade ", " scende ": così Porena e Chimenz. In tutti gli altri casi il verbo significa appunto " cadere ", " scendere dall'alto " con maggiore o minore violenza; e può avere come soggetto sostantivi concreti o astratti. Si avvicina in qualche modo al senso proprio, anche per la comparazione che subito segue, in If XIV 29: le dilatate falde di fuoco che piovean sui violenti del VII cerchio, d'un cader lento / ... come di neve in alpe sanza vento, costituiscono appunto la pioggia de l'aspro martiro cui Capaneo soggiace impassibile (cfr. XVI 6 e XIV 48. L'immagine è di ascendenza biblica: Gen. 19, 24 " Dominus pluit super Sodoman et Gomorrham sulphur et ignem "; Ezech. 38, 22 " ignem et sulphur pluam super eum ").
Il verbo acquista particolare rilievo posto in bocca ai dannati, con allusione alla loro ‛ caduta ' nell'Inferno: Io piovvi di Toscana / ... in questa gola fiera, dice Vanni Fucci (If XXIV 122; " come fa la pioggia d'aere in terra ", Vellutello), cui fa eco Maestro Adamo: Qui li trovai... / quando piovvi in questo greppo (XXX 95) Analogamente, i più di mille... / da ciel piovuti (VIII 83) sono i " demòni, li quali, cacciati di paradiso, in guisa di piova caddero nello 'nferno " (Boccaccio). " Ben potea dire ‛ caduti ' o simili; ma non dicea uno a cento di quel che l'altro. Prima, il piovuti dice l'infinito numero degli angeli ribelli di ciel caduti come una pioggia; l'altra, egli è un venir giù a piombo ed a scavezzacollo " (Cesari). Si noti il participio sostantivato, accompagnato da mille come quantificatore; e cfr. IX 91 0 cacciati del ciel, gente dispetta.
Ancora detto di persone, ma con tutt'altra immagine, p. è usato in Pg XVII 25 Poi piovve dentro a l'alta fantasia / un crucifisso (Aman), dove " esprime bene e la provenienza dall'alto delle immagini, e la forza irrecusabile con cui esse si producono investendo di sé... la fantasia ", l'immaginazione (Mattalia).
Con soggetti astratti, p. assume un valore più spiccatamente metaforico, sempre nel significato di " scendere dall'alto ": abbiamo così la paura che dagli occhi della donna sovra 'l meo cor piove (Rime LXV 5); l'allegrezza che D. nell'Empireo vede piover sulla Vergine, portata ne le menti sante, " scendere da Dio, portata dagli angeli ", Sapegno (Pd XXXII 89: " ne le vale ‛ da le ', ma accentua l'interiorità, la spiritualità del ‛ portare ' ", Chimenz); la verità che dal cielo piove / per Moisè, per profeti e per salmi (XXIV 135: " giuso discende " [Buti], e quindi " Si manifesta " agli uomini [Ottimo]); e ancora la grazia / del sommo ben che piove, se pur in maniera non uniforme, in ogne dove del cielo (III 90; cfr. Pg XXX 112-113 le grazie divine / ... alti vapori hanno a lor piova). In Rime C 67 la primavera è definita il dolce tempo novello, quando piove / amore in terra da tutti li cieli: Barbi-Pernicone ricordano qui Arnaldo Daniello En cest sonet 13 " l'amors q'inz el cor mi plou "; cfr. inoltre Cavalcanti Era in penser 3-4 " L'una cantava: ‛ E' piove / gioco d'amore in noi ' ".
Con una sfumatura un po' diversa, in Pd VII 70 Ciò che da lei [la divina bontà] sanza mezzo distilla / non ha poi fine... / Ciò che da essa sanza mezzo piove / libero è tutto: qui il verbo, pur mantenendo implicita l'idea del ‛ discendere ', è sinonimo (come hanno notato commentatori antichi e moderni) di distilla, " cioè deriva et è produtto in essere " (Buti).
Costruito transitivamente, p. acquista valore causativo: Rime LXXXVII 11 Ciascuna stella ne li occhi mi piove [" fa cadere ", Barbi-Pernicone] / del lume suo e de la sua vertute, con riferimento all'influsso astrale che è " altro tema tipicamente stilnovistico, di fonte guinicelliana " (Contini); la cagion che 'l fiato piove, cioè " che fa soffiare dall'alto il vento " (Scartazzini-Vandelli) onde Cocito tutto s'aggelava, è lo ‛ svolazzare ' delle ali di Lucifero (If XXXIII 108 e XXXIV 52); così ancora Pd XXVII 111, e Cv III Amor che ne la mente 63 (ripreso in VIII 15 e 16, e XV 11), dov'è detto che la bieltà della donna-Filosofia piove fiammelle di foco, vale a dire ardore d'amore e di caritade (VIII 16; e ancora: sua biltà, cioè moralitade, piove fiammelle di foco, cioè appetito diritto, XV 12). Il concetto è ripetuto in un altro passo, con ripresa del costrutto intransitivo: queste fiammelle che piovono da la sua biltade... rompono li vizii innati (VIII 20).