pioggia
piòggia [Der. del lat. ploia, da plovere "piovere"] [GFS] Nella meteorologia, precipitazione atmosferica allo stato liquido che si ha quando le gocce delle nubi sono abbastanza grosse e pesanti da precipitare, vincendo i moti ascensionali nella nube, e da non evaporare durante la caduta al suolo (si stima che per dare luogo a p. occorrano gocce di nubi con diametro iniziale non minore di 0.1 mm: v. nubi, fisica delle: IV181 b). I processi microfisici che portano alla formazione e all'accrescimento delle goccioline intorno a nuclei di condensazione e di ghiacciamento del vapore acqueo atmosferico sono strettamente dipendenti dai processi macrofisici, fra i quali il più importante è il moto verticale dell'aria nella nube; è tale moto infatti che determina la quantità di acqua a disposizione, attraverso il più o meno rapido raffreddamento dovuto all'espansione adiabatica dell'aria. Il carattere della p., cioè la quantità e la grandezza delle gocce che cadono al suolo e la durata della precipitazione, dipende in larga misura dall'influenza che i processi macrofisici esercitano sui fenomeni microfisici nella formazione delle gocce. Da nubi stratiformi dello spessore di circa 1 km, nelle quali predominino moti verticali con velocità dell'ordine di 0.1 m/s, a causa sia della moderata quantità di acqua prodotta da tali moti attraverso il raffreddamento dovuto all'espansione adiabatica dell'aria, sia della scarsa rapidità del processo di coalescenza, è in generale possibile solo la caduta di pioviggine, costituita da gocce minutissime con diametro minore di 0.2 mm e con bassissima velocità di caduta. Se gli strati raggiungono uno spessore dell'ordine di 5 km e la velocità ascensionale interna raggiunge 0.4÷0.5 m/s, come avviene spesso nelle aree cicloniche, si ha p. ininterrotta con gocce di diametro maggiore di 0.5 mm e velocità di caduta di qualche m/s; sono queste le cosiddette p. cicloniche, che costituiscono la maggior parte delle p. invernali nelle nostre regioni. Nei cumuli si hanno moti ascensionali assai intensi con velocità dell'ordine anche di qualche m/s; questi moti, oltre a fornire una notevole quantità di acqua, favoriscono gli urti fra le gocce e quindi il meccanismo di coalescenza, e inoltre tendono a mantenere più a lungo le gocce in ambiente ricco di vapore saturo e soprassaturo, con conseguente formazione di gocce numerose e di notevoli dimensioni; dato il carattere discontinuo di tali moti, si producono facilmente i rovesci (acquazzoni); sono di questa specie le p. delle regioni equatoriali e le p. estive delle regioni temperate. La tab. riporta una classificazione della p. in base agli elementi morfologici (p. leggera, moderata, forte, ecc.), includendo anche le nebbie, che hanno in comune con le p. l'origine da fenomeni di condensazione del vapor acqueo atmosferico. Le misure pluviometriche, riportate opportunamente sulle carte geografiche mediante le isoiete, permettono di determinare la distribuzione geografica delle p. e, nelle varie regioni, il loro andamento nel corso dell'anno. (a) Distribuzione geografica. Si ha una zona di grande piovosità in corrispondenza della fascia equatoriale; altre due zone di elevate precipitazioni si hanno in corrispondenza delle regioni temperate, dove più frequentemente si trovano i fronti polari e le depressioni; zone locali di piovosità eccezionalmente elevata si hanno inoltre in corrispondenza di alti ed estesi rilievi montuosi (p. orografiche), come, per es., le Ande, e ciò anche in relazione al regime locale dei venti dominanti (per es., le p. monsoniche del-l'Hima-laya). (b) Distribuzione stagionale. Nella zona equatoriale si hanno, per la presenza di correnti atmosferiche ascendenti, p. in ogni stagione (soprattutto sotto forma di acquazzoni pomeridiani). Nelle zone tropicali la piovosità tende a seguire il Sole nel suo spostamento in latitudine, e la stagione delle p. è prevalentemente quella estiva. Nei paesi battuti dai monsoni, si ha un semestre piovoso (l'estivo: monsone di mare) e uno asciutto (l'invernale: monsone di terra). Nei paesi soggetti a venti variabili, le p. possono verificarsi in tutte le stagioni, ma, per es., nei paesi mediterranei l'estate è decisamente secca e la piovosità tende a concentrarsi nei mesi invernali; nelle regioni temperate dell'Europa centrale si hanno invece p. ripartite tutto l'anno. Nella regione alpina la stagione più piovosa è spesso l'estate. ◆ [GFS] P. acida: p. che trascina al suolo acido solforico e acido nitrico, derivanti dalla trasformazione catalitica di solfati e nitrati presenti, come inquinanti, nel particolato dell'atmosfera, emessi in zone industrializzate e portati a grande distanza dai venti ad alta quota; hanno effetti devastanti sulla vegetazione e sui marmi delle opere d'arte all'aperto, nonché sulla salute umana: v. inquinamento atmosferico: III 211 c. ◆ [GFS] P. di cristalli: p. di fango (v. oltre) di origine vulcanica, in cui sono presenti in quantità sensibile cristalli isolati o aderenti a brandelli di sostanza vetrosa eruttata; in Italia se ne hanno intorno a Stromboli (cristalli di augite), intorno all'Etna (augite e labradorite) e intorno al Vesuvio (leucite). ◆ [GFS] P. di fango: si ha quando le gocce di p. trascinano al suolo in grande quantità particelle solide di origine desertica o vulcanica, precedentemente portate all'altezza delle nubi da correnti ascensionali. ◆ [GFS] P. di sangue: nome popolare della p. di fango rossiccio. ◆ [GFS][FNC] P. radioattiva: p.che contenga particelle radioattive, come accade, per es., per quelle provenienti dalla zona di scoppio di una bomba atomica; peraltro con questa locuz. s'intende propr. la caduta al suolo delle particelle radioattive stesse, anche se non accompagnata dalla precipitazione acquea: → fall-out. ◆ [GFS] Provocazione artificiale della p.: spesso accade che, pur essendo presente nelle nubi un quantitativo di acqua e vapor acqueo complessivamente abbondante, non si formino tuttavia precipitazioni; ciò avviene perché i meccanismi della formazione della p. sopra descritti non riescono a "innescarsi", soprattutto per deficienza di nuclei di condensazione e di nuclei generatori di cristalli di ghiaccio; in queste condizioni si può intervenire artificialmente per produrre le condizioni di innesco dei processi di precipitazione. I primi esperimenti in questo senso furono compiuti nel 1946, quando fu osservato che, disseminando ghiaccio secco (anidride carbonica solida) in una nube surraffreddata, si forma una grande quantità di cristallini di ghiaccio, probab. per il congelamento delle goccioline surraffreddate a contatto con i granuli di ghiaccio secco (la cui temperatura è di -78.5 °C). Dopo il 1946, numerosissime esperienze hanno messo in rilievo che anche i cristalli di ioduro d'argento producono cristallini di ghiaccio in nubi a temperatura inferiore a -5 °C, con successiva possibile precipitazione; l'uso dello ioduro d'argento può essere assai comodo perché esso, oltre che essere disseminato nell'atmosfera da aerei, può essere prodotto a terra in grande quantità e sollevarsi in aria sotto forma di fumo. Comunque, è possibile provocare la caduta della p. solo se esiste localmente una favorevole situazione igrometrica, per cui il problema richiede un'accurata conoscenza della situazione meteorologica locale. Indubbiamente la provocazione artificiale della p. può arrecare grandi benefici alle regioni desolate dalla siccità, tuttavia non va dimenticato che la p. ottenuta con tali mezzi viene sottratta dal bilancio pluviometrico delle regioni contigue; tale fatto involge tutta una serie di delicate questioni giuridiche, anche internazionali, e impone un'oculata programmazione e una serie di accordi su scala regionale e continentale; le grandi difficoltà che si sono riscontrate nella pratica per tali accordi hanno determinato un notevole rallentamento delle attività di provocazione della pioggia.