Pio XII
Papa (Roma 1876-Castel Gandolfo 1958). Eugenio Pacelli studiò filosofia nell’univ. Gregoriana, si laureò in teologia e in utroque iure. Ordinato sacerdote nel 1899, entrò nel 1901 al servizio della Santa Sede nella congregazione degli Affari straordinari, di cui fu prima sottosegretario (1911-14) e poi segretario (1914-17). Nel 1917 fu nominato nunzio in Baviera e consacrato arcivescovo. Assolse varie missioni in Germania, in partic. a Monaco nel 1919, e nel 1920 fu nominato primo nunzio a Berlino. In tale veste preparò e concluse concordati con la Baviera (1925), con la Prussia (1929) e con il Baden (1932). Nominato cardinale (1929), successe a P. Gasparri come segretario di Stato, diventando così il più stretto collaboratore di Pio XI, che rappresentò in viaggi ufficiali in Europa e in America e alla cui morte fu eletto papa (2 marzo 1939). Levò la sua voce ad ammonire i governi, nel pericolo imminente della Seconda guerra mondiale (allocuzione del 3 marzo 1939, appello del 21 agosto e nota diplomatica del 31 agosto) e, con la sua prima enciclica, Summi pontificatus (20 ott. 1939), volle indicare i modi e i fini di una pacifica convivenza dei popoli. Si adoperò per evitare l’estensione del conflitto e specialmente la partecipazione dell’Italia alla guerra, rivolgendosi prima a Vittorio Emanuele III (visita al Quirinale, 28 dic.) e poi con lettera autografa (24 aprile 1940) a Mussolini. Nei confronti della Germania, dove continuavano le vessazioni contro la Chiesa, P. cercò con proteste, appelli, note diplomatiche, di migliorare le relazioni, senza riuscirvi. Nello stesso tempo il Sant’Uffizio condannò alcune aberrazioni della teoria e della pratica del nazismo: l’eutanasia, messa in campo per sopprimere coloro che il regime considerava «non meritevoli di vita» (2 dic. 1940), e la sterilizzazione, soprattutto coatta (23 febbr. 1941). Un’opera importante di assistenza per le popolazioni in guerra fu quella voluta da P. con l’organizzazione, presso la segreteria di Stato, di un ufficio informazioni sui prigionieri e dispersi che trattò più di dieci milioni di casi. Per Roma, il suo intervento per farla riconoscere «città aperta», se non riuscì a evitare i bombardamenti, impedì tuttavia che la città divenisse campo di battaglia fra due eserciti; per questo, il 5 giugno 1944, P. fu acclamato da un’immensa folla in San Pietro defensor civitatis. Le modalità degli interventi per denunciare e frenare la persecuzione nazista contro gli ebrei (generalmente aiutati e protetti dalla Chiesa e, a Roma, dallo stesso Vaticano) provocarono invece in seguito critiche nei confronti dell’operato di P., giudicato insufficiente, e ricorrenti polemiche. Nei riguardi della Russia comunista, P. aveva previsto i pericoli della sua espansione e della persecuzione contro la Chiesa (si veda la corrispondenza con F.D. Roosevelt, pubblicata già nel 1947), e ne aveva combattuto l’ideologia (fin dal radiomessaggio natalizio del 1942) e le organizzazioni che a essa si ispiravano negli altri Paesi. Il 1° luglio 1949 il Sant’Uffizio condannò il comunismo marxista, comminando la scomunica ai suoi sostenitori, mentre P. insisteva ripetutamente sul dovere dei cattolici di dare il voto a persone sicure riguardo alla fede cattolica.