FEDI, Pio
Nacque a Viterbo il 31 maggio 1816 da Leopoldo e Camilla Franchini. A causa delle difficoltà economiche incontrate dal padre, piccolo possidente, lasciò prestissimo, insieme con la famiglia, la natia Viterbo: dimorò ad Arezzo, a Firenze e a Parigi. Tornò poi a Firenze, dove, fino al 1832, fu a bottega da un orafo di ponte Vecchio, per impararne il mestiere. Successivamente, dopo avere appreso l'arte e la tecnica dell'incisione da R. Morghen e da G. Garavaglia, si dedicò a riprodurre calcograficamente alcune delle più significative opere pittoriche e scultoree della Galleria degli Uffizi; in seguito fu costretto ad abbandonare il lavoro d'incisione su rame, a causa di gravi disturbi alla vista, procuratigli dagli acidi.
Trasferitosi a Vienna con il padre, fra il 1838 e il 1840 frequentò la scuola di incisione dell'Accademia imperiale di belle arti. Tornato nuovamente a Firenze, dal 1842 al 1846 studiò scultura con L. Bartolini all'Accadernia di belle arti. Poi, con una borsa di studio concessagli dal granduca di Toscana Leopoldo II, si trasferì a Roma, presso l'Accademia di S. Luca, dove fu allievo di P. Tenerani. Da questo momento iniziò una felice attività artistica che lo rese famoso. Presso l'Accademia di S. Luca è conservata una delle sue prime opere, un rilievo in gesso raffigurante Cristo che risana il paralitico, molto lodato da F. Overbeck e dal Tenerani stesso. Il F. eseguì anche un rilievo tombale per il camposanto Verano raffigurante La Religione e la Carità. Tra le sue opere si ricordano inoltre la Cleopatra morente (1842), il Buon cacciatore (1843), statuetta fortemente verista, il S. Sebastiano (1844): questa scultura è attualmente in deposito presso la Galleria d'arte moderna di palazzo Pitti a Firenze.
Importanti commissioni gli furono affidate dal granduca Leopoldo II, la statua di NiccolòPisano (1849) e quella del fisiologo Andrea Cesalpino, (1854; entrambe nel portico della Galleria degli Uffizi), opere che lo rivelano attento al gusto purista e al naturalismo. Il F. realizzò poi, per il parco della residenza di Poggio Imperiale, il gruppo marmoreo raffigurante Pia de' Tolomei e Nello della Pietra (Firenze, palazzo Pitti), replicato più volte (il primo modello è del 1846). Nel 1852 l'artista scolpì per il cimitero di San Pietroburgo il monumento funebre di una figlia dei principi Lvov raffigurante un Angelo custode. Nel 1856, per il parco della villa fiorentina del marchese Pietro Torregiani, eseguì, in forme classicheggianti di grandi dimensioni, un gruppo raffigurante Ilmarchese con il figlio; del 1859-60 è un altro gruppo colossale, in cui la perizia tecnica si unisce alla originalità di espressione, raffigurante l'allegoria della Civiltà toscana: venne donato al Comune di Firenze nel 1861. Ma il capolavoro del F. è il Ratto di Polissena (un disegno preparatorio si trova presso il Gabinetto comunale delle stampe di Roma).
L'opera venne eseguita in stucco nel 1855 (il modello è stato acquistato nel 1971 dal Minneapolis Institute of arts), e fu tradotta in marmo fra il 1860 ed il 1865 e collocata nella loggia dei Lanzi, a seguito di una sottoscrizione promossa dall'artista stesso. Alla morte del F. fu lasciata per legato al Comune di Firenze. Raffigura Pirro, in atteggiamento fiero, che solleva con il braccio sinistro il corpo abbandonato di Polissena: la mano destra brandisce la spada con la quale minaccia Ecuba, protesa ai suoi piedi; a terra giace inerte il corpo di Polite, ucciso (cfr. Marrai, 1893). Il F. riuscì a infondere "nel gruppo marmoreo delle quattro figure una certa foga melodrammatica, malgrado la confusione dei corpi avvinghiati e dei panneggi" (Lavagnino, 1956, p. 424).
Legati alla tradizione accademica classicheggiante appaiono anche il monumento marmoreo al poeta e patriota G. B. Niccolini (inaugurato nel 1883; cfr. De Rubertis, 1935, pp. 333-354) in S. Croce e quello in bronzo al Generale M. Fanti (1872) in piazza S. Marco, volto al palazzo dove ebbe sede il ministero della Guerra.
Questa statua, che ebbe molto successo, raffigura il generale in piedi, a capo scoperto, avvolto in un ampio mantello; nella sinistra tiene l'elsa della spada, con la destra il piano di riorganizzazione dell'esercito; poggia su un alto piedistallo, agli angoli del quale sono quattro figure allegoriche, la Strategia, la Tattica, la Politica, l'Arte delle fortificazioni; sui lati, un bassorilievo raffigurante la battaglia di Confienza, un trofeo d'armi e due iscrizioni celebrative; nella fascia superiore gli stemmi in bronzo di casa Savoia, di Firenze, Modena e Carpi (presso il Museo civico di Carpi si trova un bozzetto in gesso e alabastro del monumento: cfr. Mostra delle opere restaurate del Museo civico di Carpi, catal., a cura di A. Garuti, Carpi 1976, pp. 160 s.).
Il 16 dic. 1873 il F. fu nominato accademico di merito dell'Accademia di S. Luca. Nel 1876, per la fontana di piazza Vittorio Emanuele a Viterbo, rifece i Leoni in marmo, unica opera che resta nella sua città d'origine; infatti il progettato monumento ai viterbesi caduti nelle campagne del Risorgimento, inaugurato in "effigie" nel 1876 (Gazzetta di Viterbo, 6 maggio 1876), non fu mai realizzato: il disegno del bozzetto è conservato nell'archivio della Biblioteca degli Ardenti a Viterbo. Del 1886 è il suo Autoritratto, in marmo a mezzo busto con barba, capelli ricciuti, fronte scoperta, collo nudo ed un panneggio sulle spalle alla maniera classica; l'opera fu donata dall'artista all'Accademia di S. Luca, dove si trova attualmente (cfr. G. Incisa della Rocchetta, La collezione dei ritratti dell'Acc. di S. Luca, Roma 1979, pp. 82 s., fig. 390).
Sono numerose le sculture del F. di soggetto storico, allegorico, mitologico e di carattere celebrativo realizzate per committenti italiani e stranieri (di molte non si conosce l'attuale ubicazione; cfr. Freddi Cavalletti, 1934, e inoltre Riccoboni, 1942; Sapori, 1949); si ricordano in particolare la Poesia (Museo civico di Verona), Ippolito e Dianora Bardi, ilritratto dell'imperatore Alessandro di Russia, il ritratto del presidente Abramo Lincoln, ilritratto tombale dell'agronomo P. Cuppari (camposanto di Pisa) e infine il gruppo raffigurante la Furia di Atamante, che secondo il De Gubernatis (1889), che ebbe modo di ammirarlo nello studio dell'artista, avrebbe portato il F. "all'apogeo della rinomanza e della fama" (p. 197). Tra le opere a soggetto religioso si segnala il Salvator Mundi (1837) della Galleria d'arte moderna di palazzo Pitti a Firenze.
Il F. fu anche professore onorario della R. Accademia di belle arti di Firenze (cfr. Biagi, 1941, dell'Accademia imperiale di Vienna e venne insignito dei titolo di commendatore dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (cfr. De Gubernatis, 1889; Panzetta, 1990). Morì a Firenze il 1º giugno 1892.
Il suo studio, la ex chiesa di S. Chiara in via dei Serragli, lasciato in legato dall'artista alla città di Firenze, con tutti gli strumenti di lavoro, molte opere ed alcuni modelli, è ricordato da una lapide, posta sulla facciata.
Fonti e Bibl.: Necr. in: L'Illustrazione ital., 12 giugno 1892, p. 378; Arch. stor. dell'arte, V (1892), pp. 212 s.; Arte e storia, XI (1892), pp. 105 s.; Roma, Arch. stor. d. Acc. di S. Luca, Inventari 1601, voll. 134 n. 102, 135 n. 229; 1917, vol. 151: n. 74; 1999, vol. 156 n. 7; V. de Mars, in Revue des Deux mondes, 1º ott. 1841, p. 160; P. Emiliani Giudici, Correspondance particulière..., in Gazette des beaux-arts. III (1859), pp. 111-115; E. Poggi, Della scultura e della pittura in Italia dall'epoca di Canova ai tempi nostri, Firenze 1865, pp. 21-25; L. Delâ tre, Intorno alla collocazione del Ratto di Polissena, Firenze 1865; Florentin, Der Raub der Polyxeria..., in Zeitschrift für bildende Kunst, II (1867), pp. 110-118; A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani..., Firenze 1889, pp. 196 s.; B. Marrai, Il ratto di Polissena gruppo in marmo del prof. P. F., in Arte e storia, XII (1893), 2, pp. 10 ss.; 3, pp. 19 s.; V. Alinari, Guide aux monuments, églises, galeries, musées de la ville de Florence, Florence 1904, pp. 18, 60, 64, 78; Doni e acquisti del Gabinetto dei disegni e delle stampe in Firenze, in Boll. d'arte, II (1908), 3, p. 112; A. Freddi Cavalletti, Viterbesi illustri, P. F., in Comune di Viterbo. Boll. municipale, VII (1934), pp. 3-10; S. Vigezzi, La scultura italiana dell'Ottocento, Milano 1932, pp. 42, 119; A. De Rubertis, Varietà storiche e letter. con documenti ined., Pisa 1935, pp. 333-354, 424 ss.; L. Biagi, La R. Accademia di belle arti di Firenze, Firenze 1941, pp. 62 s.; A. Riccoboni, Roma nell'arte. La scultura dell'evo moderno, Roma 1942, p. 401; F. Sapori, Scultura ital. moderna, Roma 1949, p. 451; E. Lavagnino, L'arte moderna..., I, Torino 1956, ad Indicem; Cultura neoclassica e romantica nella Toscana granducale... (catal.), Firenze 1972, pp. 75 s., 87, 144 s., 198 s.; I. Faldi-B. Barbini, P. F., in Biblioteca e società. Quaderni, XII (1993), 1-2, pp. 1-16; U. Thieme F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 336 s.; Enciclopedia Italiana, XIV, p. 966; A. M. Bessone-Aurelj, Diz. degli scultori e architetti italiani, Roma 1947, pp. 212 s.; L. Servolini, Diz. illustrato degli incisori italiani moderni e contemp., Milano 1955, p. 154; A. Panzetta, Diz. degli scultori ital. dell'Ottocento, Torino 1990, p. 74; V. Vicario, Gli scultori ital. dal neoclassicismo al liberty, Lodi 1990, pp. 287 s.