BARTOLINI, Pio Antonio
Visse nella seconda metà del sec. XV e nei primi anni del seguente. Di lui sappiamo soltanto che seguì i corsi dell'università di Bologna; come egli stesso avverte nella lettera dedicatoria delle sue Correctiones LXX locorum in iure civili, in un primo momento si dedicò agli studi di "dialectica", per passare in seguito a quelli di diritto; a questo proposito sappiamo che egli fu allievo del giurista Bonifacio Fantuzzi. Nell'anno di studi 1495-96 teneva nell'Ateneo bolognese la lettura straordinaria dell'Infortiatum e del Digestum Novum: nel rotulo si legge "D. Antonius Bartolinus de Sancto Stephano", ma sembra trattarsi proprio del B., che, forse in quegli anni, era andato componendo tre opuscoli (le Correctiones LXX locorum in iure civili, le Septem legum novae et verae sententiae,e l'Epitome de ordine imperatorum)ispirati alle idee e ai metodi dell'umanesimo giuridico .
Questi opuscoli vennero editi in un solo volume a Bologna per i tipi di Danesius Hectoris. Incerta è rimasta la data di pubblicazione: il Savigny, basandosi sulla lettera dedicatoria delle Correctiones al bolognese Giovan Francesco Aldrovandi, che vi è ricordato come "sexdecemvir", cioè in una carica che rivestì dal 1488 al 1506, fissò così un primo quadro cronologico entro cui inserire l'opera del Bartolini. Ma una maggiore approssimazione è consentita da un'auusione, contenuta sempre nella dedicatoria delle Correctiones,e relativa al recentissimo passaggio per l'agro bolognese dei Francesi di ritorno da Napoli (1495), da combinarsi con l'incompleta datazione che chiude la dedicatoria stessa: 31 agosto. In base a ciò si può supporre che l'opuscolo venisse steso prima del 31 ag. 1495 e forse poco dopo stampato. La critica più recente ha quindi voluto fissare la data di pubblicazione dell'opera intorno al settembre del 1495.
Il titolo dell'incunabolo ricorda soltanto due dei tre opuscoli, e per giunta come se si trattasse di una cosa sola: "Corriguntur in hoc opuscolo LXX loca in iure civili et septem legum novae et verae sententiae aperiuntur", mentre in realtà si tratta di tre distinti lavori.
Il primo di questi, le già citate Correctiones,consiste in settanta brevi capitoli dedicati alla restituzione di altrettanti testi corrotti dei Digesta (49), del Codex (19),delle Institutiones (1), delle Novellae (1), capitoli che rivelano notevole acume filologico, appoggiato ad una solida erudizione. Nella lettera di dedica il B. - al quale nella stessa pagina un epigramma di Mario Carpentario presta l'ingegno di un Papiniano - afferma di avere concepito, dopo iniziali difficoltà, una grande amnurazione per i giuristi antichi, i cui testi però sono stati così malridotti dai copisti dell'età barbara, che a stento i loro autori, se tornassero a vivere, li riconoscerebbero per propri. Le lettere umane, oppresse, ma non spente dalla "Gottorum ineffraenata rabies" ora risorgono "propter quamplurimos viros utriusque eruditionis peritissimos, qui fere eodem tempore floruere, tum. praecipue propter librorum copiam, quam perspicax ingenium, divino quodam munere, formis aereis nobis condonavit...". Ma mentre le scienze si avvantaggiano del rifiorimen0 "... solae nostrae leges torpent, solae nuserandae adhuc a barbaris mancipantur, nemo has redimere, nemo e manibus hostium eripere parat". Il che non sarebbe difficile "tum propter eruditissimorum. frequentiam, tum propter exemplar quod &pxérj7rov Graeci appellant, quod maxima cum veneratione et doctorum. desiderio in fiorentina republica pisanae calamitati ereptum custoditur...". Egli si era pertanto accinto, pur consapevole dei propri limiti, ma convinto di aprire in questo modo una via a chi sarebbe venuto dopo, alla correzione di "quamplurima loca communiter depravata" del Corpus iuris civilis.
Nelle Septem legum novae et verae sententiae traluce un interesse più direttamente giuridico; in una breve lettera dedicatoria a Bonifacio Fantuzzi il B. manifesta l'intento di offrire "... nonnullarum legum, novas ac praeter communem opinionem sententias...". Sono sette brevissime interpretazioni, "lucubratiunculae", come l'autore le definisce, a proposito di cinque frammenti del Digesto e di due del Codice. Qui il B. non si ferma ad una semplice restituzione filologica, ma passa ad una vera e propria esegesi giuridica dei testi, mostrando una piena libertà rispetto alle opinioni correnti della tradizionale scuola italiana.
Il terzo degli opuscoli del B. raccolti nell'incunabolo bolognese è l'Epitome de ordine imperatorum,in cui si cerca di ricostruire la serie cronologica degli imperatori servendosi della storiografia umanistica sul basso Impero; con ciò si rinnova l'affermazione metodologica che era tipica del giurista umanista, e che consisteva nella utilizzazione dell'analisi filologica ed erudita ai fini dell'esegesi giuridica. Si affaccia qui l'intento polemico del B. verso i suoi "maiores... praeceptores", che non capirono quanto fosse necessario, per intendere il contenuto eterogeneo della compilazione giustinianea, avere chiaro il quadro storico e cronologico a cui risalgono i frammenti che la compongono. Scritti in un ambiente di studi giuridici che non era stato insensibile ai motivi dell'umanesimo filologico - come provano i rapporti già intercorsi tra Ludovico Bolognini professore bolognese di diritto e il Poliziano, aventi per oggetto il testo del manoscritto fiorentino dei Digesto, l'"archetipo" sopra ricordato - i lavori del B. furono accolti, una quindicina d'anni dopo la loro prima edizione, in quella che è forse la più significativa antologia della filologia umanistica, le Annotationes doctorum virorum (Parisiis 15 11),la quale, accanto ai Miscellanea,alla Lamia e al Panepistemon polizianei, alle annotazioni del Sabellico, di Filippo Beroaldo, di Domizio Calderini, di G. B. Egnazio, di G. B. Pio, alle osservazioni polemiche di Comelio Vitelli a carico di Giorgio Merula, e alle annotazioni di Iacopo della Croce, comprende appunto le Castigationes in leges,cioè il primo dei tre opuscoli del B., seguito dagli altri due. Nella raccolta parigina l'opera dei B. è la più specificamente ed esclusivamente giuridica, anche se non mancano - si pensi al Poliziano - annotazioni a testi giuridici sparse qua e là in altre opere comprese nella stessa raccolta.
Attraverso le Annotationes doctorum Mrorum del 1511, l'opera del B. fu certamente tenuta presente dall'Alciato, che nelle sue Annotationes in tres posteriores libros Codicis (Argentinae 1515) ebbe a soffermarsi proprio su alcuni testi che erano già stati oggetto delle osservazioni del docente bolognese. Ora, senza sopravvalutare l'opera del B., non si può fare a meno di ammettere che in essa sono riconoscibili, magari solo in embrione, momenti metodologici (uso di fonti storiche post-classiche, restituzione ffiologica del testo, analisi giuridica nuova di testi filologicamente restaurati) del tutto analoghi a quelli in cui si scandisce, vent'anni più tardi, l'opera dell'Alciato. È verosimile che anche il Budé conoscesse la prima edizione degli scritti del B. quando si accinse a stendere le sua Annotationes in viginti quattuor priores libros Digestorum (Parisiis, Badio Ascensio, 1508). Più tardi (1543) Antonio Agustin, uno dei maggiori esponenti della "scuola culta", ricorda di aver usato con profitto, probabilmente nella prima edizione, le "emendationes" del B., che vennero ancora stampate nel sec. XVII in janus Gruterus, Lampas sive fax artium liberalium h.e. thesaurus criticus..., I, Francofurti 1602, pp. 697-721. L'Epitome o Libellus de ordine imperatorum è anche riprodotto alle cc. EEE 4 v-EEE5r del Repertorium Angeli Aretini super Instituta...,Venetiis 1524, e, secondo quanto dice il Savigny, dinanzi a un Codex con glossa, parigino, stampato dallo Chevallon nell'anno 1530; ma è assai verosirnile che esso sia stato riprodotto in diversi altri luoghi analoghi.
Bibl.: Epitome bibliothecae Conradi Gesneri... denuo recognita et... locupletata per Ioannem Simlerum Tigurinum...,Tiguri 1555, C. 152V; J. Gaddi, De scriptoribus non ecclesiasticis..., II, Lugduni 1649, p. 209; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, Il, 1, Brescia 1758, D. 457;A. Agustin, Epistulae latinae et italicae...,a cura di G. Andrés, Parma 1804, p. 129; I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799,a cura di U. Dallari, I, Bologna 1888, p. 160;Ph. Renouard, Bibliographie des impressions et des ceuvres de Yosse Badius Ascensius imprimeur et humaniste (1462-1535),11, Paris 1908,]pp. 38 s.; P. F. Girard, Les Préliminaires de la Renaissance du droit romain, in Revue hist. de droit francais et étranger,s. 4, 1 (1922), p. 37; Catalogue of Books printed in the XVth Century now in the British Museum, VI, Italy,London 1930, Vp. 847 s.; Deutscher Katalog der Wiegendrucke, XII,Berlin 1938, col. 239; F. C.von Savigny, Geschichte des rimischen Rechts in Mittelalter, VI, Darmstadt 1956, pp. 461 s.;D. Maffei, Gli inizi dell'Umanesimo giuridico,Milano 1956, pp. 124 s.;R. Abbondanza, Premières considérations sur la méthodologied'Alciat,in Pédagogues et iuristes. Congrès du Centre d'Etudes Supérieures de la Renaissance de Tours: Eté 1960,Paris 1963, pp. 109-111.