KEBES, Pinax di (Κέβητος Θηβίου πίναξ; Cebetis Tabula)
Dialogo filosofico nel quale è descritto un quadro allegorico il cui tipo iconografico trova riscontri in opere d'arte pervenuteci. Il dialogo è di contenuto prevalentemente cinicostoico e d'intenzione neopitagoreizzante; Diogene Laerzio (iii, 125) lo attribuisce a K., filosofo scolaro del pitagoreo Filolao e in seguito di Socrate, che compare, col suo concittadino Simmia, in alcuni dialoghi platonici (Phaidon e Kriton). Il dialogo, per il suo contenuto socratico-cinicostoico, non può essere opera del discepolo di Socrate, ma deve risalire a un filosofo del I sec. d. C. circa. Ricordato anche da Luciano (Rhet. praec., 6 e De merc. cond., 42), venne aggiunto come appendice agli scritti di Epitteto. È interessante documento del concetto antico dell'allegoria (v. allegoria; personificazione).
Il titolo del dialogo deriva dal fatto che il protagonista, vecchio abitante di una città innanzi al cui tempio di Kronos si trova esposto un quadro allegorico, interpreta ad alcuni stranieri il significato del quadro stesso. La città raffigurata nel quadro rappresenta la vita (βίος), e i varî recinti in cui quella è distinta sono i diversi metodi di vita che gli uomini possono seguire. Un vecchio saggio sta all'entrata della città: Daimon (Δαίμων) e vicino a lui una donna seduta in trono (Delusione = ᾿Απάτη) con in mano una coppa il cui contenuto è Ignoranza (Πλάνος) ed Errore (῎Αγνοια). Altre donne (tra cui Desiderio, Fantasia ecc.) le sono vicine e tra esse è la Fortuna (Τύχη), bendata, in bilico su una pietra tondeggiante. Tutta l'ideale costruzione è dominata dal concetto, rigorosamente cinico-stoico, che l'unica vera "cultura" (παιδεία) sia quella che si raggiunge con l'autarchia, e cioè con l'indifferenza e col disinteresse per tutte le cose, come tali che in sé non possano essere né beni né mali; e che quindi "falsa cultura" (ψευδοπαιδεία) sia ogni altra particolare conoscenza e disciplina.
Il concetto fondamentale del dialogo è stato tradotto in immagine figurativa nell'età romana (I-II sec. d. C. ?). Possediamo infatti un disegno del XVI sec. di un frammento di rilievo probabilmente esistente a Roma, in seguito andato perduto. Il modo in cui entro breve spazio sono raffigurati la città, la porta, il vecchio Δαίμων e altre figure, e il fatto di essere la raffigurazione completata con didascalie, riportano allo stile delle Tabulae Iliacae (v.) e denotano una funzione didattica. Come nelle Tabulae Iliacae, la composizione è veduta dall'alto, in modo da ottenere la visione completa dell'interno della città.
Bibl.: H. v. Arnim, in Pauly-Wissowa, XI, 1922, c. 102 ss., s. v. Kebes. Della Tabula Cebetis si vedano le edizioni di K. Praechter, Lipsia 1793 e di J. v. Wageningen, Groninga 1903. Per la datazione: K. Praechter, C. T. quanam aetate conscripta esse videatur, Marburgo 1885. Per la rappresentazione conservata nel disegno del Kupferstich Kabinett nei Musei di Berlino: K. K. Müller, Relieffragment mit Darstellung aus dem πίναξ des Kebes, in Arch. Zeit., XLII, 1884, c. 115 ss.; P. Friedländer, Johannes von Gaza und Paulus Silentiarius, Lipsia-Berlino 1912, p. 77 e 306; R. P. Hinks, Myth and Allegory in Ancient Art, Londra 1939, p. 119 ss., tav. 30-b.