BRONZETTI, Pilade
Nacque a Mantova il 23 nov. 1833 da Domenico e Caterina Strasser. Nonostante la giovanissima età, nel 1848 partecipò a fianco del fratello maggiore, Narciso, alla difesa di Mantova, arruolandosi quindi nel battaglione dei bersaglieri mantovani "Carlo Alberto". Dopo l'armistizio di Salasco tornò a Mantova, ma venne espulso dalla città e raggiunse nuovamente il fratello a Trino, in Piemonte.
Dopo la breve campagna del 1849, insieme con il fratello Narciso e altri volontari, raggiunse Roma; durante la strenua lotta per la difesa della città venne ferito a un piede, cosicché, dopo la caduta della Repubblica, i due fratelli furono costretti ad attendere per qualche tempo che la ferita guarisse, prima di imbarcarsi per Malta. Respinti dall'isola e giunti, dopo varie traversie, a Genova, il B. si trattenne per qualche tempo nella città, dove fu costretto ad accettare umili lavori. Nel 1850 era occupato presso l'impresa Rebora, l'anno successivo presso l'impresa Costa. Conobbe in questo periodo Ludovico Chiappara, un imprenditore genovese, che lo prese sotto la sua protezione, procurandogli vari impieghi e aiutandolo in varie contingenze.
Particolarmente preziosa si rivelò l'amicizia del Chiappara in occasione dell'arresto del B. da parte delle autorità piemontesi, il 1º ott. 1853, in quanto ritenuto coinvolto, insieme con il pittore S. Pistrucci, con B. Cairoli, con G. e A. Sacchi, nel tentativo mazziniano di far insorgere la Lunigiana. Tradotto nella cittadella di Alessandria, gli venne intimato lo sfratto dal Piemonte e il confino in America. Mentre Narciso si preparava a sua volta a partire per non lasciare solo il giovane fratello, il Chiappara adoperava tutta la sua influenza per far revocare il bando, dichiarandosi pronto a garantire per l'arrestato sia per il passato sia per il futuro. È difficile giudicare quale peso abbia avuto questo tentativo, in quanto ad esso si sovrappose, probabilmente con maggiore efficacia, la notizia del sequestro dei beni degli emigrati lombardo-veneti a opera del governo austriaco. In seguito a ciò il governo piemontese revocò il bando; il B. venne liberato il 14 apr. 1854 e riprese il suo lavoro alle dipendenze del Chiappara.
Per due anni la sua vita procedette apparentemente tranquilla; i due fratelli, le cui condizioni economiche erano alquanto migliorate, furono raggiunti da Oreste; nacque l'amicizia con il conte Gabriele Camozzi e con la famiglia di questo. Ma nella notte tra il 22 e il 23 febbr. 1856 il B. tentò di uccidersi sparandosi un colpo di rivoltella. Ferito abbastanza gravemente, fu soccorso e salvato, anche se, per qualche mese, fu costretto a curarsi dai postumi della ferita. Le ragioni del gesto non sono molto chiare; pare che esso fosse stato dettato dalla convinzione, del resto assolutamente infondata, di avere perso l'amicizia e la fiducia del Chiappara, con il quale continuava a lavorare. In quello stesso periodo il giovane mantovano conobbe in casa del Camozzi una giovane genovese, Jenny Odero, della quale si innamorò, pare ricambiato. Ma sia la giovane età dei due, sia le non floride condizioni economiche del B., sia il suo proposito di dedicare la vita alla causa italiana impedirono che si giungesse alle nozze; la relazione continuò in modo piuttosto agitato, fino alla morte del Bronzetti.
Nel 1859 il B., nonostante il parere contrario del fratello maggiore, si arruolò tra i cacciatori delle Alpi. All'inizio della campagna era accanto a Narciso, che assisté nelle ultime ore. Dopo la morte di questo il B., divenuto frattanto tenente, raggiunse il suo corpo in val Sabbia, assumendo il comando della 4a compagnia del 1º reggimento dei cacciatori delle Alpi. Trascorso l'anno successivo tra Bergamo, Cremona e Novi, il B. decise di rassegnare le proprie dimissioni dall'esercito per seguire come volontario Garibaldi in Sicilia; partì anzi prima ancora che le sue dimissioni venissero accettate.
In Sicilia il B. si distinse per il suo valore, specie a Milazzo, e venne promosso capitano. Compiuta la campagna di Sicilia, passò lo stretto e risalì lungo la penisola; a Caserta gli venne comunicata la promozione a maggiore (settembre 1860). Il 28 settembre gli fu affidato il compito di occupare, con circa duecento uomini, l'altura di Castel Morrone, che si rivelò punto di grande importanza strategica nello schieramento delle forze per la battaglia del Volturno. Il B. insisté a difenderla dall'assalto delle colonne del generale Ruiz, bloccandole per parecchie ore e dando un notevole vantaggio alle forze garibaldine. In questa ostinata difesa perse la vita, il 1º ott. 1860.
La notizia della sua morte, sparsasi quasi subito, fu successivamente smentita e per qualche tempo restò incerta, tanto che alcuni suoi commilitoni fecero addirittura disseppellire i morti di Castel Morrone; ai primi di novembre fu confermata. Il B. venne proposto per una medaglia al valor militare, che gli venne data solo per le insistenze di Garibaldi: essendosi arruolato come volontario prima che le sue dimissioni dall'esercito piemontese fossero state accettate, per l'esercito regolare il B. era da considerare come disertore. A Castel Morrone nel 1887, per interessamento dei suoi amici, venne alzato un monumento in ricordo del suo sacrificio.
Il fratello minore, Oreste, nato a Mantova il 6 giugno 1835, dopo aver partecipato, per quanto la sua giovanissima età poteva permettergli, ai moti della città nel '48, era stato accusato dagli Austriaci di alto tradimento e condannato a venticinque colpi di bastone. Questa esperienza, nonché l'influenza dei fratelli maggiori lo resero sin da giovanissimo acerrimo nemico degli Austriaci, ma restò con la famiglia fino al 1855, anno in cui, avendo deciso di non sottostare alla chiamata di leva, espatriò e andò a raggiungere i fratelli in Piemonte. Per un certo periodo fu impiegato come precettore in casa del conte Camozzi; quindi cominciò ad occuparsi di commercio; nel settembre del 1856, dietro consiglio del Camozzi, intraprese con molte speranze un viaggio di affari in Turchia, allo scopo di importare bachi da seta. Tornò dal lungo viaggio nell'ottobre del '57 e poté riabbracciare il padre e la sorella, recatisi presso i fratelli, che non vedevano ormai da molti anni.
Fu vicino a Narciso mentre questi moriva; dopo la morte di Pilade ricadde su di lui la responsabilità dell'assistenza dei vecchi genitori e delle numerose sorelle nubili. Risulta tuttavia che nel maggio del '62 si disponeva a partire con Garibaldi alla volta di Roma, cosa che poi non fece, per motivi rimasti sconosciuti; partecipò invece, dietro esplicita richiesta di Garibaldi, alla campagna del 1866. Nel 1868 sposò Caterina Maffezzoli, dalla quale ebbe due figli, Elisa e Pilade. Morì a Milano l'8 febbr. 1882.
Bibl.: M. D'Ayala, Vite degl'Italiani..., Firenze 1868, pp. 93-101; V. Migliorini, Ai caduti di Castel Morrone, Portici 1877, passim; F.Bertolini, Letture popol. di storia del Risorg. ital., Milano 1895, pp. 348-74; G. Castellini, Eroi garibaldini, Bologna 1911, passim;B. Emmert, I fratelli Bronzetti, Trento 1911; L. Beccari-Mattei, Ifratelli Bronzetti, Trento 1928; P. Pedrotti, Ifratelli Bronzetti, append. a Ilprocesso dei fratelli I. e G. Sartena, Trento 1934, pp. 119-312; Id., La difesa di Roma in una lettera di Narciso Bronzetti, in Corr. tridentino, 2 sett. 1949; G. L. Masetti Zannini, Ifratelli Bronzetti, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, CLVIII(1959), pp. 175-215; Id., Le ultime lettere di P. B., in Studi garibaldini, supplem. II a Bergomum, XXXV (1961), pp. 61-78; P. Pieri, Storia milit. del Risorg., Torino 1962, pp. 681, 707, 710; Diz.del Risorg. naz., II, p. 422; Encicl. Ital., VII, p. 926.