ZANARDI LANDI, Pietro Antonio Maria
Nacque a Piacenza il 27 luglio 1818, figlio di Antonio del ramo dei conti di Veano (da Giovanni Battista) e di Teresa Bonati.
Fu battezzato, il giorno successivo, nella parrocchia di San Sisto. Militò, in gioventù, nell’esercito piemontese. Ritornato a Piacenza, dall’agosto 1846 fece parte, come sottotenente, delle guardie d’onore della duchessa Maria Luigia. Dopo i moti del marzo 1848 che costrinsero Carlo II di Borbone ad abbandonare Parma e il Ducato, Zanardi Landi cominciò a organizzare una legione di volontari, alla quale dette nome di Crociata piacentina. Anche per lui, come per altri organizzatori di corpi volontari in soccorso all’esercito sabaudo, la realizzazione di questa prima Crociata (che poi narrò nel libro La mia legione ) fu molto difficile. A ostacolare il suo piano intervenne prima il generale piemontese Teodoro Cacherano di Briccherasio inviato da Carlo Alberto a Piacenza come governatore; poi la commissione militare cittadina incaricata di valutare le reali possibilità di attuazione di questo corpo volontario. Dopo tante incertezze, su pressione anche di molti giovani patrioti locali, Zanardi Landi poté iniziare l’approntamento della legione, finanziata, per quella campagna, da una sottoscrizione popolare. Il 17 aprile i legionari furono invitati alla benedizione del vessillo che rappresentava la città di Piacenza e assistettero al rito solenne in cattedrale in mezzo all’entusiasmo generale. Formata da tredici ufficiali e centoventitre uomini di truppa, mal vestiti e peggio armati (le armi furono successivamente fornite dal generale Briccherasio tramite il governo piemontese e parte acquistate con generose offerte dall’aristocrazia piacentina), la Crociata, una volta arrivata al campo, fu assegnata alla divisione del generale Mario Broglia assieme a un battaglione di milizie regolari giunto da Parma (dove c’erano anche molti piacentini) con il generale Antonio Maria Franzini. Il 30 aprile Zanardi Landi e i suoi piacentini sperimentarono, a Pastrengo, la prova del fuoco aggregati a una compagnia di bersaglieri. Il conte e i suoi volontari combatterono con onore «e non poteva essere altrimenti, essendo il loro capo, già ufficiale nell’Esercito piemontese, personaggio di molta rinomanza a quei dì» [Bollettino dell'Ufficio storico dello stato maggiore del Regio Esercito, VII (1932), 1, p. 31]. «Dopo il glorioso fatto di Pastrengo», scriveva Zanardi Landi, «in cui potevasi decidere della sorte d’Italia, le nostre truppe rientrarono ne’ loro alloggiamenti, sprecando il tempo nell’ozio, che durò molti giorni» (Zanardi Landi, 1851, p. 22). In seguito alle giornate di Curtatone (29 maggio) e Goito (30 maggio) Zanardi Landi ricevette l’ordine di portarsi da Sandrà a Bardolino sul Garda per un’azione contro Rivoli. Impegnati come esploratori, i Crociati raggiunsero facilmente Boi e Caprino ma l’azione, nel suo complesso, si rivelò inefficace perché, frattanto, gli Austriaci avevano occupato Vicenza, perciò acquistato il libero uso delle strade del Veneto. All’alba del 22 luglio scattò la controffensiva generale austriaca che prese le mosse proprio dal settore di Rivoli e che «si concluderà vittoriosamente per gli austriaci il 25 luglio a Custoza» (Cerizza, 2015, p. 301). Poiché i comandanti piemontesi ritennero che l’attacco di Rivoli fosse, più che altro, un diversivo per indebolire il centro del loro esercito, nella notte del 23 cominciarono a ripiegare. Nello stesso tempo Radetzky avanzò velocemente verso il Mincio minacciando l’accerchiamento. Parte del II corpo d’armata piemontese comandato dal generale Ettore Gerbaix de Sonnaz si ritirò, allora, prima a Colà e poi a Pacengo, dove era confluita anche la Crociata piacentina. Sempre al seguito del II corpo e agli ordini del generale Gerbaix de Sonnaz sicuro che gli Austriaci avrebbero esercitato la massima pressione a Mozambano, Zanardi Landi e i suoi uomini furono inviati in quella direzione, ma quando raggiunsero il paese assieme ad altre compagnie di volontari, fu loro ordinato di retrocedere verso Salionze dove gli austriaci stavano sfondando le linee piemontesi. Il conte e i suoi volontari erano, a quel punto, in preda allo sconforto e alla fame, spossati da marce e contromarce e consapevoli anche di essere destinati a un vano sacrificio. Cominciarono, allora, le prime diserzioni alle quali seguirono voci sempre più insistenti sulla condotta scoraggiante e negativa della Crociata piacentina e del suo comandante ritenuto poco adatto a mantenere la disciplina. Dopo lo sfondamento delle linee piemontesi, il II corpo si divise in due parti; quella destra si diresse verso Goito, e quella sinistra, che comprendeva anche i Crociati piacentini, fu avviata verso Peschiera in una marcia disastrosa con i soldati distrutti dalla fame e senza mezzi di sussistenza. Il conte e i suoi volontari raggiunsero finalmente Peschiera, ma non poterono entrare a causa del diniego del comandante della piazza. Si diressero quindi verso il Chiese senza ordini precisi. Frattanto, persa ormai ogni speranza di vittoria, l’armata piemontese di Carlo Alberto aveva ripiegato verso Goito per raggiungere Milano il 3 agosto. Nel pieno della confusione, Zanardi Landi decise, seguendo la strada di Brescia, Crema e Lodi, di tornare a Piacenza per evitare ai suoi uomini ulteriori e, a suo avviso, inutili sacrifici. Scriveva a questo proposito lo stesso Zanardi Landi: «Dal 29 al 30 luglio l’Armata Piemontese compiva la sua ritirata su Milano, ed io colla mia piccola legione rivedeva le patrie mura, ma non come le lasciava partendo per la guerra dell’indipendenza; lo scoraggiamento era subentrato all’allegrezza dei tempi addietro; i cittadini si guardavano, e non osavano chiedersi quali novità correvano della nostra misera Italia» (Zanardi Landi, 1851, p. 41). Il rientro affrettato dei volontari e l’altrettanto rapido scioglimento della Legione per mancanza di fondi fu oggetto di dure critiche. Molti accusarono il conte di avere, con i suoi uomini, abbandonato la guerra nel momento in cui c’era più bisogno di coraggio e di veri soldati. Sciolta definitivamente la sua unità militare il 29 luglio 1848, l’ufficiale si ritirò nella villa paterna di Bilegno. A metà di novembre del 1848, poco dopo l’assassinio di Pellegrino Rossi, su sollecitazione del comitato di guerra di Stradella e incoraggiato dagli appelli alle armi di Garibaldi, Zanardi Landi cominciò a raccogliere volontari e allestì a, sue spese e con l’aiuto del fratello Francesco, nella sua villa di Bilegno, una seconda legione di volontari piacentini formata da circa cinquecento uomini, con carri, cavalli, due cannoni e, perfino, una piccola banda musicale.
Tra la Legione del 1848 e quella del 1849, benché entrambe note come Crociata piacentina, c’è una sostanziale differenza. La Crociata del 1848, promossa da Pietro Zanardi Landi, fu istituita con il supporto del Governo provvisorio cittadino e con un atto formale (Zanardi stesso ebbe il grado di comandante dalle autorità governative) e venne finanziata da una sottoscrizione popolare. La Legione del 1849 fu voluta e direttamente mantenuta dal conte che l’accasermò, la armò e la istruì, in attesa della ripresa della guerra, nella sua villa di Bilegno, dove confluirono sia irriducibili volontari della prima Crociata, sia ex soldati piacentini del battaglione dell’esercito ducale inviato dal governo di Parma sui campi di Lombardia nel 1848.
Dopo molte difficoltà dovute all’organizzazione e all’addestramento della nuova Legione formata da giovani inesperti di qualsiasi nozione militare, Zanardi Landi chiese al re di Sardegna Carlo Alberto di unire le sue forze a quelle dell’esercito piemontese. Poiché il governo di Torino si rifiutò di inquadrare nei propri ranghi la nuova Legione come forza autonoma, Zanardi Landi si rivolse, allora, a Firenze dove il 7 febbraio Leopoldo II aveva abbandonato Siena per dirigersi successivamente a Gaeta, lasciando il Granducato in mano a un governo provvisorio il cui potere esecutivo era stato attribuito a Giuseppe Montanelli, Francesco Domenico Guerrazzi e Giuseppe Mazzoni. Firmata il 13 marzo 1849 la convenzione che poneva la seconda Crociata sotto l’assoluta dipendenza toscana, Zanardi Landi partì da Bilegno con i suoi Crociati per dirigersi verso Pontremoli. Durante la marcia gli fu ordinato di porsi alla difesa del passo della Cisa assieme a un battaglione di milizia toscano. Frattanto, grazie all’intervento delle truppe austriache, i duchi di Modena e Parma erano tornati sui loro troni dopo la sconfitta dell’armata sarda a Novara. Tutti e due erano determinati anche a recuperare i rispettivi territori della Lunigiana, della Garfagnana e di Massa annessi, undici mesi prima, al Granducato di Toscana. Agli uomini della Crociata piacentina giunse allora l’ordine di trasferirsi prima ad Aulla e poi a Ceserano. Da qui passarono a Fosdinovo inseguiti dal duca di Modena Francesco V d’Asburgo-Este, poi a Massa Carrara e a Pietrasanta dove trovarono buona accoglienza. La colonna fu poi fatta marciare verso Lucca, raggiunta il 21 aprile 1849. Il 5 maggio il generale austriaco Konstantin d'Aspre, assieme all’arciduca Alberto d’Asburgo e a Francesco V di Modena, occuparono Pietrasanta e Lucca e disarmarono gli ufficiali e i soldati piacentini. A Zanardi Landi e al fratello Francesco che lo aveva accompagnato in questa avventura, non restò altro che sciogliere la Legione e trasferirsi a Firenze nella speranza che venissero loro riconosciuti i gradi militari acquisiti e le spese sostenute per la campagna.
Dopo questa esperienza, Zanardi Landi, al quale era stato confermato il titolo di colonnello, si diresse prima a Perugia e poi a Roma. Caduta la Repubblica il 4 luglio 1849, il nobile piacentino, seguendo la strada di tanti altri patrioti coinvolti nella rivoluzione del 1848-49, emigrò prima in Egitto e poi in Siria, dove rimase come rappresentante di una società ferroviaria francese fino alla primavera del 1859.
È questo il periodo meno conosciuto della sua biografia così come niente è dato di sapere della sua vita privata. Tornò in Italia agli inizi della seconda guerra d’Indipendenza quando gli fu offerta dal Governo provvisorio della Toscana e, in particolare, dal commissario straordinario Carlo Bon Compagni, l’organizzazione di due squadroni di Cavalleggeri toscani. Il 13 luglio il conte fu autorizzato dal ministro della Guerra, generale Paolo de Cavero, «a percorrere tutte le provincie della Toscana all’oggetto di reclutare dei giovani volontari per l’Esercito» (Di Palma, 1932, p. 4). Il 24 luglio Zanardi Landi fu nominato comandante della nuova formazione composta da 308 uomini e 265 cavalli con il grado di maggiore. Il 30 luglio Bon Compagni a nome del re di Sardegna confermò la nomina di Zanardi Landi a maggiore comandante. Il giorno successivo l’ufficiale indirizzò al generale de Cavero una lettera di ringraziamento che si chiudeva con una richiesta precisa e alcune osservazioni di carattere pratico: «Mi sono preso la libertà, Eccellenza, in altra mia domandarle il favore di vestire il mio primo grado di Colonnello onorario con paghe e vantaggi di Maggiore ed imploro umilmente da V.E. la grazia. Noi manchiamo totalmente di un quartier-mastro del quale gliene faccio domanda giacché nel momento di regolare l‘amministrazione del nostro corpo è indispensabile» (ibid., p. 8). La domanda fu ricusata sia per la carriera militare poco lineare sia, probabilmente, per i trascorsi troppo individualistici del richiedente. Poco dopo Zanardi Landi e la sua guarnigione furono spostati a Pisa dove c’erano locali più idonei al loro alloggio e a quello dei cavalli. Dopo la nomina di Garibaldi al comando delle truppe toscane avvenuta il 15 agosto 1859, il contingente fu di nuovo trasferito a Firenze.
Il 17 ottobre il colonnello Raffaele Cadorna nominò il generale de Cavero nuovo ministro della Guerra con il compito di riordinare l’armata toscana che, presto, sarebbe confluita nell’esercito italiano. Nell’ampio programma di riordino, Cadorna promosso maggiore generale, decise anche la trasformazione della divisione Cavalleggeri Toscani in reggimento con la denominazione Cavalleggeri di Lucca e, poco dopo – il 22 novembre 1859 – con una nuova disposizione, pose al comando della nuova formazione il colonnello Antonio Balzani lasciando al suo vecchio comandante colto di sorpresa, il maggiore Zanardi Landi, solo la facoltà di continuare a fare parte della divisione. Per il conte fu un dispiacere terribile che incise anche sulla sua salute.
Mori, infatti, a Pisa agli inizi di aprile del 1860.
La notizia giunse a Piacenza in data 6 aprile [Venticinque anni di vita piacentina (1859-1883). Giorno per giorno. Dall’uscita degli austriaci alla nascita di «Libertà», a cura di C. Sforza Fogliani - S. Maggi - M.A. De Micheli, Bologna 1983, p. 54]. Il 26 marzo del medesimo anno, il suo reggimento fu incorporato nell’Armata del Regno e quindi nel Regio Esercito italiano.
Zanardi Landi fu anche scrittore di cose militari. Oltre ad avere narrato le vicende del corpo volontari da lui comandato (La mia legione nel 1848 e 1849, Genova 1851) compose anche un volume di carattere divulgativo dedicandolo ai suoi vecchi compagni d’arme (La spedizione e il comandante, Firenze 1859) edito nel periodo in cui era al comando dei due squadroni Cavalleggeri Toscani probabilmente con l’intento di mostrare le sue doti anche professionali di ufficiale.
Piacenza, Archivio storico diocesano, Battesimali, anno 1818; Roma, Archivio dell'Ufficio storico dello Stato maggiore dell’Esercito italiano, Documenti della Campagna 1848-1849, voll. 3, 7, 17, 19, 23, 25, 32, 33, 35, 41, 43, 59; Documenti della Campagna 1848-1849, Volontari, cart. 17, Legione Zanardi Landi. Inoltre: L. Mensi, Z. L. P., in Dizionario biografico piacentino, Piacenza 1899, p. 474; L. Cerri, La legione Zanardi-Landi nel 1848-49, Piacenza 1910; N. Giorgetti, Le armi toscane e le occupazioni straniere in Toscana (1537-1860), III, Città di Castello 1916, p. 666; C. Cesari, Corpi volontari italiani dal 1848 al 1870, Roma 1921, pp. 179 s.; S. Fermi, Per una storia della Legione piacentina Zanardi Landi, in Bollettino storico piacentino, XVII (1922), pp. 179 s.; C. Di Palma, Piacenza durante gli avvenimenti del 1848-1849, Roma 1932, pp. 137-190; Bollettino dell'Ufficio storico dello Stato maggiore del Regio Esercito, VII (1932), 1, p. 31; C. Di Palma, P. Z. L. e la divisione Cavalleggeri Toscani «Vittorio Emanuele» nel 1859, Piacenza 1934, pp. 88-91; C. Coppellotti, Un ignoto vademecum militare del colonnello P. Z. L., in Bollettino storico piacentino, XXX (1935), pp. 115-121; L. Chiolini, La Legione volontari piacentini del 1848-49, in Strenna dell’anno XIV, Piacenza 1937, pp. 41-44; S. Fermi, Z. L. (conte) P., in Dizionario del Risorgimento nazionale. Dalle origini a Roma capitale. Fatti e persone, IV, Milano 1937, pp. 627 s.; C. Coppellotti, I bersaglieri del maggiore Zanardi Landi in Toscana nel 1849, in Bollettino storico piacentino, XXXVII (1942), pp. 62-72; E. Michel, Esuli italiani in Egitto (1815-1861), Pisa 1958, p. 157; N. Zucchi Castellini, Volontari pontremolesi alla difesa della Repubblica romana, in Archivio storico per le province parmensi, s. 4, XII (1960), pp. 173-188; G. Fiori, Le antiche famiglie di Piacenza e i loro stemmi, Piacenza 1979, pp. 448-450; N. Zucchi Castellini, P. Z. L. a Pontremoli nel 1848-1849, in In ricordo di Serafino Maggi, Piacenza 1982, pp. 201-208; E.F. Fiorentini, Le vie di Piacenza. Per ogni nome una storia, Piacenza 1992, p. 254; C.R. Delfanti, Z. L. P., in Dizionario biografico piacentino (1860-1980), Piacenza 2000, p. 373; B. Giannoni, Il Reggimento Cavalleggeri di Lucca 16°, Lucca 2012, p. 21; A. Cerizza, P. Z. L. e la crociata piacentina del 1848, in Bollettino storico piacentino, XC (2015), 2, pp. 288-319; R. Delfanti, Z. L. P., in Novissimo Dizionario biografico piacentino (1860-2000), Piacenza 2018, pp. 538 s.