VITALI, Pietro
VITALI (Pitali), Pietro. – Originario della Calabria greca, nacque verosimilmente negli anni Novanta del XIV secolo. È sicura la sua origine calabrese perché nelle fonti coeve il suo nome è spesso seguito dall’aggettivo calaber (Sanford, 1953, p. 206; Pius II, Commentarii, a cura di I. Bellus - I. Boronkai, 1993, p. 555; Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3908, c. 213r). Per quanto riguarda la città di provenienza e la sua famiglia si hanno meno certezze.
Una lunga tradizione ne colloca il luogo di nascita a Pentidattilo, ora piccola frazione dell’estrema punta meridionale della regione, ma non è stato possibile corroborarla finora con chiari riferimenti nelle fonti. Della sua famiglia d’origine, Vitali o Pitali, non è attestato alcun parente nella documentazione se non Adriano, abate di S. Maria di Trapezomata, nella diocesi di Reggio Calabria (Hoberg, 1949, p. 265; Russo, 1961, p. 370).
Le vicende della sua vita prima dell’arrivo alla guida di S. Maria di Grottaferrata nel 1432 non sono note; non si sa nulla né dei suoi studi né dei suoi spostamenti nella rete monastica basiliana. Considerando la sua buona cultura e il possesso di un pregiato codice di Aristotele, si deve supporre che conoscesse sia il greco sia il latino e che avesse una certa passione per l’erudizione (Sabbadini, 1905, p. 56). Dove e come consolidò la sua cultura è, però, sconosciuto.
Lo stesso Remigio Sabbadini dà per certo che egli si recò a studiare a Costantinopoli, ma l’assenza di fonti certe a riguardo consiglia di considerare questa come una supposizione (ibid.). Del resto la pessima condizione degli studi e delle fonti sul monachesimo basiliano nei primi decenni del XV secolo rende l’operazione ardua (Breccia, 1991, pp. 15 s.).
La prima notizia sicura è l’atto del 20 settembre 1432 con cui il papa assegna a Vitali l’amministrazione del monastero (G. Breccia, Bullarium Cryptense, 2002, p. 26). A conferma del documento pontificio c’è anche una lettera di Ambrogio Traversari, il quale visitò il monastero laziale alla ricerca di manoscritti greci e qui ebbe modo di parlare con il novus abbas Pietro, nuovo perché evidentemente insediato lì da non molto tempo (Ambrosii Traversarii [...] latinae epistulae, 1759, col. 406). Non è chiaro come Vitali riuscì ad arrivare a quell’incarico e se vivesse presso il monastero laziale al momento della nomina pontificia. L’assunzione definitiva dell’abbaziato, comunque, avvenne verosimilmente tra il luglio 1433 e l’aprile 1434, quando è attestato con il titolo di abate da un documento pontificio (G. Breccia, Bullarium Cryptense, pp. 26 s.).
L’arrivo di Vitali alla guida di Grottaferrata rivelò presto i suoi connotati di doppia mossa politica da parte di Eugenio IV. Egli divenne infatti amministratore del monastero pochi mesi dopo l’elezione di papa Condulmer e alla vigilia del complicato percorso di unione tra la Chiesa greca e quella latina. Il suo ruolo, in questa vicenda, fu di notevole spessore sia nel corso della trattativa sia nella successiva definizione della politica unionista romana. Contribuì al percorso partecipando al Concilio di Firenze, unico tra i greci di obbedienza romana, e sottoscrivendo di suo pugno e in lingua greca la costituzione Laetentur caeli con la quale si sanciva l’unione delle Chiese (Proch, 1988; Acta Camerae Apostolicae..., a cura di G. Hofmann, 1950, p. 55). Si trattava di una presenza particolarmente significativa per un abate di rito greco, segnale di una rinnovata attenzione da parte della Curia pontificia verso le comunità presenti tra il Lazio e il Mezzogiorno.
Questa stagione favorevole per la Congregazione basiliana fu coronata nel novembre 1446 dal grande capitolo generale indetto dal papa e svoltosi nella basilica dei Dodici Apostoli a Roma, il cui titolare era il cardinale Bessarione. La scelta non fu casuale. Lo scopo dell’assise era quello di regolamentare con la sapiente guida del cardinale Bessarione, protettore e visitatore speciale dell’Ordine, la liturgia e la disciplina delle tante comunità di rito greco diffuse nell’Italia meridionale (C. Loenertz, Statuti capitolari..., 1947). Anche se non ci sono giunte notizie sul lavoro svolto da Vitali durante la preparazione e nel corso del capitolo, è verosimile ritenere che fu piuttosto rilevante visti il suo ufficio, abate della maggiore comunità monastica basiliana in Italia, e la sua conoscenza diretta della situazione meridionale. Il suo ruolo fu riconosciuto definitivamente quando venne chiamato a intonare il Vangelo in greco durante la celebrazione per l’intronizzazione di papa Niccolò V il 18 marzo 1447 (Mandalari, 1887, p. 12). È probabile che sotto papa Paruntecelli Vitali fosse entrato nel circolo degli umanisti chiamati alla corte pontificia.
Oltre che per il cammino unionista, la scelta di Vitali fu significativa anche per la sua attività di risanamento del monastero di S. Maria e di contrasto all’invadenza delle famiglie romane sui beni di enti ecclesiastici. Si occupò con molta passione e veemenza del riordino della vita regolare dei monaci e si sforzò di recuperare i multa amissa del monastero, cioè le molte proprietà occupate o sottratte da parte dei signori ecclesiastici e laici romani durante gli abbaziati dei suoi predecessori, Francesco (morto nel 1428) e Oddone de Varris, tesoriere pontificio. Le fonti ricostruiscono almeno una parte delle tante liti intraprese da Vitali contro le famiglie della nobiltà romana, specialmente i Colonna (Mandalari, 1887, pp. V s.; Caciorgna, 2005). Per questa sua insistente azione i suoi contemporanei lo definirono litigiosus (Sanford, 1953, p. 206; Pius II, Commentarii, cit., p. 555), una qualificazione legata alla sua testardaggine nell’aprire contenziosi piuttosto che al suo temperamento personale (Bianca, 2008, p. 23). I suoi ripetuti sforzi incontrarono molto presto la violenta reazione dei nobili romani, stanchi delle continue intromissioni di Vitali e della Curia romana. Pio II, nei suoi Commentari, riporta a proposito la notizia di un piano ordito da alcuni per uccidere l’abate (p. 555).
Sempre più allarmato dallo scontro in atto e preoccupato che esso potesse sfociare in violenze e gravi scandali, il pontefice cercò assieme al cardinale Bessarione la migliore via d’uscita; si convenne che la traslazione di Vitali all’archimandritato messinese di S. Salvatore in Lingua Phari avrebbe garantito una soluzione equilibrata per tutte le parti (Bianca, 1999, pp. 119 s.). Formalmente l’operazione s’inseriva nel progetto bessarioneo di potenziamento della riforma dei monasteri greci presenti tra Sicilia e Calabria. Negli atti prodotti per formalizzare lo scambio, però, s’intravedono la contrarietà dell’abate calabrese e l’imbarazzo dei vertici romani. Bessarione non fu neppure presente al momento della sottoscrizione degli accordi, stilati invece alla presenza del suo segretario, Niccolò Perotti, arcivescovo di Manfredonia, il 1° agosto 1462.
Dato che la bolla pontificia della traslazione di Pietro giunse soltanto il 24 agosto, è verosimile che egli non fosse partito da Grottaferrata prima di quella data. Lasciò il monastero laziale nelle mani del cardinale protettore dei basiliani, nominato commendatario. Va precisato qui che nonostante i trent’anni di abbaziato di Vitali, la situazione complessiva del cenobio greco restava grave.
Nelle relazioni redatte da Perotti dopo la presa di possesso di S. Maria si legge che l’archivio abbaziale languiva in uno stato di disordine e confusione, che il lavoro di conservazione del patrimonio librario era fermo e che molti beni erano ancora nelle mani di occupanti abusivi (Bianca, 1987, pp. 135, 146 s.). Lo stesso papa Pio descriveva l’opera di Bessarione per dotare il monastero laziale di nuovi edifici, lasciando intendere la pessima condizione di quelli esistenti (Pius II, Commentarii, cit., p. 555).
Una volta giunto a Messina, Pietro si trovò a gestire ancora una volta gravi situazioni di manomissione delle proprietà, dei beni e dei diritti del suo nuovo monastero. I due fronti caldi più rilevanti furono da una parte le pertinenze calabresi e dall’altra le pretese giurisdizionali dell’arcivescovo di Messina (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 8201, cc. 403-411). Se nel primo caso sembra che Pietro poté spuntarla abbastanza facilmente grazie all’intervento delle autorità aragonesi, la seconda vertenza ebbe una dinamica più articolata. Il cistercense Giacomo Tedeschi, allora titolare della cattedra messinese, pretese che alcuni Comuni soggetti alla giurisdizione dell’archimandritato basiliano rientrassero nella sua giurisdizione; l’atto s’inseriva nel tentativo di limitare la forza del clero greco nella diocesi, una forza tale che aveva permesso poco prima al frate minore Bernardino da Troina di tentare di risuscitare nel 1463 l’estinta diocesi di Troina, unita a Messina fino a quel momento (Pirri, 1647, pp. 28 s.). Non si sa se i basiliani di S. Salvatore ebbero dei legami con il vescovo intruso, eppure la concomitanza degli eventi e la comunanza dell’elemento greco in entrambi i casi suggerisce che ci fosse una strategia unitaria antigreca almeno nell’azione del presule Tedeschi.
Il ruolo stesso di Vitali nello scontro con Tedeschi non è chiaro. È certo, infatti, che nel novembre 1467 egli fu affiancato da un vicario, Leonzio Crisafi, non attestato dai documenti degli anni precedenti ma figura sicuramente di peso nell’abbazia se si pensa che sarebbe diventato il nuovo archimandrita da lì a pochi mesi (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 8201, c. 410).
In quella fase di scontro, forse per alcune pressioni ricevute dalle comunità greche e da Bessarione, Pietro lasciò la guida del monastero in un mese non meglio precisato tra il novembre 1467 e il settembre 1468 (Mandalari, 1887, p. 16).
Vitali oltre a essere un abate fu anche un erudito e maestro di lingua greca. Pur non potendo vantare la formazione di Bessarione, dimostrò buone doti di insegnante di greco nella Roma di Niccolò V; la notizia riportata da Gaspare da Verona sul compenso per le lezioni tenute per gli uomini di Curia conferma l’ipotesi che avesse un diritto alla docenza riconosciuto (Sanford, 1953, p. 206). Inoltre, grazie alle lettere di alcuni umanisti come Gemisto Pletone e Teodoro Zazo si può dedurre che Vitali intervenne nel dibattito sulle traduzioni di Platone e nella riflessione umanistica su Aristotele (Sabbadini, 1905, p. 93; Della Torre, 1902, pp. 439-441; Gentile, 1994, p. 822; Pontani, 1994, p. 768). È possibile che abbia scritto lettere, commenti e traduzioni di opere greche, ma della sua biblioteca personale e della sua produzione al momento non è stato rinvenuto nulla.
Dopo la resignazione le notizie su Vitali s’interrompono. È verosimile che la morte lo abbia colto proprio nel 1468, pochi mesi dopo la rinuncia.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Archivum Arcis, Armadio XXXIV, 7; Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3908, 8201; Archivio di Stato di Napoli, Archivio Farnesiano, 1348, II; Roma, Biblioteca Casanatense, Manoscritti, 397; Ambrosii Traversarii [...] latinae epistulae, a cura di L. Mehus, Florentiae 1759; R. Loenertz, Statuti capitolari del capitolo generale della «Religione di Santo Basilio» celebrato a Roma nel 1446, in Bollettimo della Badia Greca di Grottaferrata, I (1947), pp. 179-184; Acta Camerae Apostolicae et Civitatum Venetiarum, Ferrariae, Florentiae, Ianuae de Concilio Florentino, a cura di G. Hofmann, Roma 1950; Pius II, Commentarii, a cura di I. Bellus - I. Boronkai, Budapest 1993; G. Breccia, Bullarium Cryptense. I documenti pontifici per il monastero di Grottaferrata, in Le storie e la memoria. In onore di Arnold Esch, Firenze 2002, pp. 3-31.
R. Pirri, Siciliae Sacrae in qua siculorum Abbatiarum ac Prioratum notitiae proponuntur, Panormi 1647; M. Mandalari, P. V. ed un documento inedito riguardante la storia di Roma, Roma 1887; A. Rocchi, De coenobio Cryptoferratensi eiusque bibliotheca et codicibus praesertim graecis commentarii, Tusculi 1893; M. Mandalari, Dieci note di storia e bibliografia, Catania 1896; A. Della Torre, Storia dell’Accademia platonica di Firenze, Firenze 1902; R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne’ secoli XIV e XV, Firenze 1905; L. Mohler, Kardinal Bessarion als Theologie, Humanist und Staatsman, I, Darstellung, Padeborn 1923; M. Scaduto, Il monachesimo basiliano nella Sicilia medievale. Rinascita e decadenza secc. XI-XIV, Roma 1947; H. Hoberg, Taxae pro communibus servitiis ex libris obligationum ab anno 1295 usque ad annum 1455 confectis, Città del Vaticano 1949; E.M. Sanford, Gaspare Veronese, humanist and teacher, in Transactions of the American Philological Association, LXXXIV (1953), pp. 190-209; F. Russo, Storia dell’archidiocesi di Reggio Calabria, I, Dalle origini al Concilio di Trento, Napoli 1961; C. Bianca, L’Abbazia di Grottaferrata e il card. Bessarione, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, XLI (1987), pp. 135-152; U. Proch, Ambrogio Traversari e il Decreto di Unione di Firenze, in Ambrogio Traversari nel VI Centenario della nascita. Atti del V Convegno internazionale (Camaldoli-Firenze, 15-18 settembre 1986), a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1988, pp. 147-163; G. Breccia, Archivum Basilianum. Pietro Menniti e il destino degli archivi italo-greci, in Quellen und Forschungen aus italienischen Bibliotheken und Archiven, LXXI (1991), pp. 14-105; S. Gentile, Giorgio Gemisto Pletone e la sua influenza sull’umanesimo fiorentino, in Firenze e il Concilio del 1439. Convegno di studi... 1989, I-II, Firenze 1994, I, pp. 813-832; A. Pontani, Firenze nelle fonti greche del Concilio, ibid., II, pp. 753-812; C. Bianca, Da Bisanzio a Roma. Studi sul cardinale Bessarione, Roma 1999; M.T. Caciorgna, L’abbazia di Grottaferrata: origini, patrimoni, diritti, in Santa Maria di Grottaferrata e il cardinale Bessarione. Fonti e studi sulla prima commenda, a cura di M.T. Caciorgna, Roma 2005, pp. 3-34; G. Falcone, Amministrazione e gestione del decennio del Bessarione attraverso gli atti notarili, ibid., pp. 79-105; S. Parenti, Il monastero di Grottaferrata nel Medioevo, Roma 2005; L. Pera, La Platea del Bessarione: un patrimonio ricomposto, in Santa maria di Grottaferrata, cit., pp. 35-77; C. Bianca, Il cardinale Bessarione commendatario di Grottaferrata, in Philanagnostes. Studi in onore di Marino Zorzi, a cura di C. Maltezou - P. Schreiner - M. Losacco, Venezia 2008, pp. 21-32.