Vettori, Pietro
Letterato (Firenze 1499-ivi 1585). Fra le sterminate letture di classici latini e greci, in cui portò il contributo di una notevole acribia filologica, fece posto anche alla Commedia, discutendone il testo a più riprese con discepoli e amici, benché s'ignorino interventi diretti da parte sua in determinate questioni.
Testimonianza invece di un interesse erudito e di sottile memoria comparatistica sono tre capitoli delle Variae lectiones (Firenze 1569): nel XIV del libro XXXI (" Quo signo scriptores ostenderent magnam caedem factam "), il V. associa la tempesta di Pg V 109 ss. ad altre introdotte da Tucidide, da Cicerone e da Plutarco in analoghe circostanze, come suggelli di una strage; nel successivo cap. XXI (" Acuta quaedam sententia Dantis et incredibilis, inventa etiam apud Euripidem "), riferendosi a un passo delle Supplici e a If XXXIV 25-27, osserva che identica intuizione ebbero i due poeti nel far dire che un'estrema angoscia trasporta lo spirito sul confine tra la vita e la morte, e pronuncia il giudizio complessivo che D. non fu inferiore al tragico antico per impegno e dottrina, ma gli nocque alquanto la rozzezza dell'età in cui visse; infine, nel cap. VII del libro XXXV, chiosa σῶμα ἄφυλλον dell'Oreste euripideo come " corpo senza carne ", " comprobaturque id auctoritate nostri grandioris poetae ", precisamente col metaforico sfogliare di Pg XXIII 58.
La sua stima per l'opera dantesca è confermata indirettamente nell'Ercolano di Benedetto Varchi, dove appunto il V. è introdotto, con Vincenzo Borghini, a celebrarne la grandezza.
Bibl. - E. Teza, in " Vita Nuova " (Firenze) 14 apr. 1889; P. Ferrieri, P. V. e l'umanesimo nel secolo XVI, in Studi di storia e critica letteraria, Milano 1892, 344; W. Rüdiger, P. V. aus Florenz, in Studien zur humanistischen Litteratur Italiens, Halle a. S. 1896-1898, 101 ss.