VERDINA, Pietro
VERDINA (Vardina), Pietro. – Nacque a Lonato, sulla sponda bresciana del lago di Garda, il 19 settembre 1600 da Lodovico e da sua moglie Saturnina (Lonato del Garda, Archivio della chiesa maggiore di S. Giovanni Battista, Registro battezzati, 1595-1629, c. 44v, n. 121).
La famiglia doveva essere piuttosto benestante, giacché, con documento da lui fatto stilare a Verona nel 1623 (Paganuzzi, 1973), due suoi fratelli, Giovanni Battista e Antonio, gli donarono due fondi rustici di considerevole valore siti in Lonato, come dote patrimoniale necessaria per l’ottenimento degli ordini maggiori (che peraltro non pare abbia mai preso, giacché risulta poi sposato con prole).
La località apparteneva allora alla giurisdizione ecclesiastica e civile veronese; la scelta delle scuole accolitali istituite presso il duomo di Verona era abbastanza ovvia, tanto più che godevano in quegli anni di particolare prestigio grazie all’impegno didattico di Stefano Bernardi. Scopo primario delle scuole era di formare cantori e strumentisti che potessero presto esibirsi nella cappella del duomo: infatti le prime menzioni di Verdina come musicista (suonatore di cornetto) provengono dai registri capitolari della chiesa madre veronese.
Dopo l’accolitato, dal 1° agosto 1616 fu attivo come strumentista (cornettista) nella cappella musicale del duomo, regolarmente retribuito sino alla metà di settembre del 1620 (Paganuzzi, 1973, e 1976). Nel frattempo quattro brani suoi (due mottetti e due «canzoni» strumentali) erano apparsi nella collettanea degli allievi di Bernardi, Lilia sacra octo de Veronensibus gymnasii acolytorum alumnis decerpta ternis vocibus modulanda (Venezia 1618; il cognome compare nelle due forme Verdina e Vardina). L’ambiente veronese, e quello della cattedrale in particolare, intratteneva da tempo rapporti privilegiati con le cappelle principesche di pertinenza imperiale, oltre che con Vienna: vari cantori e strumentisti formatisi nelle scuole accolitali vi trovavano poi posto e, al contrario, cantori attivi in quelle cappelle erano saltuariamente impiegati nel duomo di Verona. L’ultimo salario di Verdina fu registrato il 4 dicembre 1620 con l’annotazione «partì per Germania» (Verona, Biblioteca capitolare, Mensa accoliti, b. 504, 1620-30, f. [1], 1620-21, c. 36v).
Non è nota la prima occupazione di Verdina Oltralpe. Potrebbe aver seguito Bernardi, già nel 1622 al servizio dell’arciduca Carlo d’Austria, principe vescovo di Bressanone, indi nel 1624 in Salisburgo al servizio del principe vescovo, Paride Lodron. Già prima del 1627 era strumentista nella cappella imperiale di Vienna (in tale veste sottoscrisse il testamento di un collega; Saunders, 1995, pp. 228 s.). Nel 1631 sarebbe stato alla testa della piccola cappella musicale dell’erede al trono imperiale, il futuro Ferdinando III (Weaver, 2012, p. 63; Seifert, 2017). Ricevette regalie ragguardevoli nel 1640 e nel 1641 (Knaus, 1967, pp. 103, 110) e sempre nel 1641 fece da tramite con un conterraneo per l’installazione di un meccanismo per l’acqua corrente in un palazzo imperiale in Ungheria (cautamente l’annotazione precisa che l’artefice sarebbe stato remunerato solo se la macchina «nuovamente inventata» avesse funzionato e fosse stata correttamente installata; Saunders, 1995, p. 25). Puntuali ed esplicite espressioni epistolari in lettere dell’imperatore Ferdinando III, ottimo intenditore di musica, testimoniano l’alta stima in cui il predecessore, Ferdinando II, anch’egli melomane, aveva tenuto Verdina, lodandone le capacità musicali e la competenza (Sances, 2003). Date le numerose e varie occasioni nelle quali era richiesta a corte la partecipazione di musicisti, le mansioni di Verdina dovettero essere multiformi; potrebbe perciò identificarsi nel «giovine veronese organista», membro della «musica piccola di camera», citato in una lettera del violinista della cappella imperiale Giovanni Battista Rubini (gennaio 1631), alla cui presenza occorse un malore all’imperatrice, Eleonora Gonzaga (Venturini, 2002).
Nel 1637 Ferdinando III, succeduto al genitore sul soglio imperiale, non esaudì la sua richiesta di essere elevato a maestro di cappella – posto tenuto fin dal 1626 da Giovanni Valentini – pur avendone egli esercitate informalmente le funzioni nei sette anni precedenti. Né fu accolta l’istanza di istituire una carica di ‘maestro de’ concerti’ (ossia degli strumentisti): il sovrano gli concesse solo un aumento di salario (Knaus, 1967, pp. 42 s., 87). Nello stesso 1637 prese parte alla spedizione di musicisti della corte imperiale inviati a Graz (Federhofer, 1967, p. 156).
Morì in luogo e data imprecisati tra l’autunno del 1642 e l’estate del 1643, in seguito alla seconda battaglia di Breitenfeld (2 novembre 1642), infausta per gli imperiali. L’arciduca Leopoldo Guglielmo, fratello dell’imperatore e comandante dell’esercito imperiale contro gli svedesi, aveva ottenuto in prestito il musicista per condurlo con sé nella campagna militare, ma Verdina fu fatto prigioniero. In una lettera dell’11 novembre 1642 il sovrano manifestò all’arciduca la disapprovazione del maestro di cappella Valentini per aver voluto esporre dei musici ai repentagli della guerra, deprecando la sorte della moglie di Verdina, Margherita, e dei figli; e ribadì il dispiacere per la perdita di un così buon servitore con lettera del 29 luglio 1643 (Weaver, 2012).
Tranne le quattro succitate composizioni giovanili, le musiche di Verdina sono pervenute grazie a copie manoscritte provenienti dall’ambito della corte viennese ma disperse in sedi più o meno remote (Kremsmünster, Kroměříž, Luneburgo, Uppsala), essendo andati in gran parte perduti i manoscritti musicali seicenteschi in uso nella cappella imperiale. Come per Valentini e poi per Giovanni Felice Sances e Antonio Bertali, la produzione ecclesiastica ‘festiva’ per grande organico – il genere in cui eccelse Verdina – era per sua natura legata alla trasmissione manoscritta: l’elevato costo di stampa di simili monumentali composizioni non avrebbe potuto essere ammortizzato dalle vendite, data la diffusione forzatamente limitata di partiture di così difficile e rara esecuzione. In qualche caso (come per le messe Sancti Georgii e Theophili), al già corposo organico previsto da Verdina i copisti-arrangiatori che produssero le copie aggiunsero, arricchendolo, ulteriori voci ‘di ripieno’: per la Missa Theophili, alle parti originarie (otto voci ‘in concerto’, otto voci ‘di ripieno’, due violini, quattro viole, fagotto e violone), furono aggiunti due cornetti, due violini, una viola e quattro tromboni, a formare complessivi otto gruppi vocali e strumentali.
Le composizioni attualmente attribuibili con certezza a Verdina sono: quattro messe (Purificationis, Longa et brevis, Sancti Georgii, Theophili), una compieta a cinque voci, Litanie a sei voci, un ‘vespro’ a cinque voci e continuo (con una voce solista differente per ciascun salmo, cui le rimanenti voci forniscono sostegno ‘corale’), salmi sparsi (Venite et videte opera Domini, Laudate Dominum in sanctis ejus), mottetti mariani per varie formazioni vocali e strumentali (Ave Regina, Salve Regina).
Per quanto non amplissima, la produzione pervenuta consente di valutarne l’importanza e gli esiti. Essa ricalca le tendenze già osservabili in composizioni del maestro di cappella imperiale Valentini e di altri musicisti operanti nella stessa cerchia. Per un verso si distingue dalla produzione romana coeva per l’uso intensivo degli strumenti (soprattutto nelle composizioni più fastose), per l’altro da quella veneziana in virtù di una scrittura più accurata, che non disdegna di indugiare all’occasione in passaggi nello ‘stile antico’ (o allora reputato tale), più sobrio e austero dello stile concertante altrimenti prevalente. Le composizioni destinate alle solennità speciali della corte, e perciò concepite per organici assai ampi, prevedono un gruppo strumentale nutrito e vario. A differenza delle musiche policorali romane, i singoli ‘cori’ sono marcatamente asimmetrici: ai cori di soli strumenti si contrappongono i cori di sole voci, spesso con accurata distinzione tra gruppi vocali più ampi (capella) e gruppi di solisti, dalla scrittura più elaborata. Le contrapposizioni tra i cori sono assai serrate, sicché ne risulta l’impressione di un vero e proprio ‘mosaico’ di sonorità, più che di una massiccia alternanza (come nelle composizioni di Orazio Benevoli o di altri compositori di scuola romana o veneziana); inoltre, singole voci o strumenti si distaccano dal gruppo per brevi passaggi contrappuntisticamente elaborati, senza che essi assurgano a uno spicco solistico in piena regola. Il valore musicale delle composizioni di Verdina è comunque notevole, in tutto degno dello standard elevato della cappella imperiale.
La memoria di Verdina non si perse in Italia. Nel 1679 un suo conterraneo, Stefano Pasini, nel dedicare ai «deputati sindaci e consiglieri di Lonato» le proprie Sonate op. VIII (Venezia) lo celebra per avere «nelle più eccelse corti d’Europa» sollevato «la sua musica fino ad esservi accarezzata da’ principi, corteggiata e riverita da’ cavalieri». E ancora Antimo Liberati lo ricordava, unitamente a Valentini e Bertali, tra gli «eccellenti compositori ed altri sonatori e cantanti celebri» venuti da Verona, attivi ai giorni suoi (ossia negli anni 1637-43) alla corte di Ferdinando III (Lettera [...] in risposta ad una del sig. Ovidio Persapegi, Roma 1685, p. 52).
Fonti e Bibl.: H. Federhofer, Graz court musicians and their contributions to the “Parnassus musicus Ferdinandeus” (1615), in Musica Disciplina, IX (1955), p. 194; A. Kellner, Musikgeschichte des Stiftes Kremsmünster, Kassel-Basel 1956, pp. 221-227; H. Federhofer, Musikpflege und Musiker am Grazer Habsburgerhof der Erzherzöge Karl und Ferdinand von Innerösterreich (1564-1619), Mainz 1967, pp. 156, 220; H. Knaus, Die Musiker im Archivbestand des kaiserlichen Obersthofmeisteramtes (1637-1705), I, Wien 1967, ad ind.; E. Paganuzzi, Documenti veronesi su musicisti del XVI e XVII secolo, in Scritti in onore di mons. Giuseppe Turrini, Verona 1973, pp. 574 s.; Id., Dal Cinquecento al Seicento, in La musica a Verona, Verona 1976, p. 200; S. Saunders, Cross, sword and lyre: sacred music at the imperial court of Ferdinand II of Habsburg (1629-1637), Oxford 1995, pp. 14 s., 24-26, 30, 65, 181, 197, 228 s.; E. Venturini, Il carteggio tra la corte cesarea e Mantova (1559-1636), Cinisello Balsamo 2002, p. 726; G.F. Sances, Motetti a una, due, tre, e quattro voci (1638), a cura di S. Saunders, Middleton (Wis.) 2003, p. XXII, nota 79; G. Morche, V., P., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XVI, Kassel 2006, coll. 1484-1486; A.H. Weaver, Sacred music as public image for Holy Roman emperor Ferdinand III, Farnham 2012, pp. 63 s.; P. Verdina, Two concerted motets, a cura di A.H. Weaver, Web Library of Seventeenth-century Music, 2013, n. 28, https:// www.sscm-wlscm.org/main-catalogue/browse-by-composer/117-two-concerted-motets; H. Seifert, Giovanni Sansoni cornettist, “maestro dei concerti” and composer in Venice, Graz and Vienna, in De musica disserenda, XIII (2017), pp. 149 s.
Si ringrazia il signor Giuseppe Gandini (Lonato del Garda) per le informazioni procurate.