VALPREDA, Pietro
– Nacque a Milano il 29 agosto 1932, da Emilio e da Ele Lovati, gestori di un bar; tre anni dopo nacque la sorella Maddalena.
Per i primi anni risiedette dal nonno materno – proprietario di una piccola fabbrica di spazzole a Cannero Riviera sul lago Maggiore – alla morte del quale si trasferì nuovamente a Milano con la famiglia e la prozia Rachele Torri, sorella della nonna materna Olimpia.
A Milano frequentò la terza media all’Istituto Zaccaria, gestito dai padri barnabiti; nel 1947 si trasferì, insieme ai nonni, nelle case popolari della zona di San Siro. A questa fase risalgono i primi contatti con la politica e l’anarchismo – influenzati dal nonno Paolo, socialista – e l’incontro con la danza, attraverso le attività ricreative organizzate dai partiti comunista e socialista.
Per tre anni lavorò come operaio cesellatore in un’officina di argenteria, e poco dopo prese a frequentare la scuola di danza del maestro Ugo Dall’Ara. Iniziò qui la sua attività come ballerino, con scritture in diverse compagnie, che lo portarono in Italia e all’estero (Svizzera, Libia, Malta).
Nel 1954, in seguito alla chiamata di leva, fu destinato al Centro di addestramento reclute di Fossano, poi assegnato al 114° reggimento di fanteria a Gorizia e infine trasferito a Palmanova. Dopo tredici mesi di servizio militare fu arrestato per una tentata rapina che aveva commesso da minorenne, e rimase in carcere per venti mesi (Fini - Barbieri, 1972, p. 16). Scontata la pena tornò a Milano e iniziò a lavorare con diverse compagnie. Nel 1958 subì dieci giorni di carcere per traffico di sigarette.
Alla metà degli anni Sessanta risalgono l’incontro con Giuseppe Pinelli – figura di primo piano del movimento anarchico milanese, appartenente al gruppo Gaetano Bresci – e la contrazione del morbo di Bürger, patologia infiammatoria invalidante che limitò pesantemente il suo lavoro.
Nel maggio del 1968 – all’apice del consolidamento meneghino del movimento anarchico – fu inaugurato il più noto circolo cittadino, quello di Ponte alla Ghisolfa, del quale Valpreda divenne frequentatore assiduo. Esponente delle posizioni più radicali, vicine ai movimenti studenteschi, entrò in conflitto con la parte più moderata, rappresentata dalla vecchia guardia del movimento anarchico. Nel ribollire dei movimenti studenteschi e giovanili nel biennio 1968-69, che toccavano non solo Milano, si iscrisse alla Federazione giovani anarchici, prese parte alle assemblee che si svolgevano allora all’Università statale di Milano, in una oscillazione «tra l’anarchismo umanitario dei tempi eroici e il libertarismo radicale della protesta giovanile» (Fini - Barbieri, 1972, p. 25).
Nel 1969 fu denunciato, insieme a Leonardo Claps e Aniello D’Errico, per istigazione al sabotaggio industriale e offesa a capo di Stato straniero, per alcuni ciclostilati e volantini distribuiti e firmati «gli iconoclasti».
In un contributo apparso nel primo numero del Bollettino degli iconoclasti (Terra e libertà, 21 marzo 1969), Valpreda infatti, dopo aver elencato una serie di attentati dinamitardi recenti, di diversa matrice politica, proseguiva un po’ enfaticamente: «Altri attentati seguiranno [...]. La Polizia brancola nel vuoto. I borghesi tremano. La coscienza popolare comincia a risvegliarsi e i botti aumentano!!» (Morando, 2019, p. 64). Il testo terminava con un’invettiva contro il papa Paolo VI, che gli valse l’accusa di vilipendio a capo di Stato straniero. Qualche mese dopo, in una intervista al settimanale Ciao 2001 (Intervista/Documento collettivo prodotto dal circolo 22 marzo, 19 novembre 1969), Valpreda non esitò a prendere le distanze dalle bombe e dalle azioni dinamitarde.
I testi del Bollettino degli iconoclasti furono acquisti nell’incartamento processuale per gli attentati del 25 aprile 1969 all’Ufficio cambi della Stazione centrale e alla Fiera di Milano, attribuiti agli anarchici (ma in seguito riconosciuti opera dei neofascisti Giovanni Ventura e Franco Freda), seguendo la convinzione già espressa della questura di Milano e del suo Ufficio politico. Sta di fatto che, da allora in avanti, Valpreda fu oggetto di una costante attenzione investigativa da parte delle forze dell’ordine.
Per sfuggire a questo clima, nel 1969 si trasferì a Roma al seguito di Sabino Riva, con il quale studiava danza, e lì ottenne piccole partecipazioni televisive e cinematografiche. A Roma, inoltre, prese contatto con il gruppo anarchico Bakunin di via Baccina, a partire dal quale, insieme ad altri giovani militanti, fondò il circolo 22 marzo. Questo fu subito oggetto di infiltrazione, sia da parte delle forze dell’ordine, con Salvatore Ippolito, sia da parte di esponenti dell’area neofascista, come Mario Michele Merlino (Dondi, 2018, p. 76).
La biografia di Valpreda fu segnata dall’attentato alla Banca nazionale dell’agricoltura di piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Convocato in questura a Milano dal giudice Antonio Amati per la vicenda del Bollettino degli iconoclasti e per «offesa al papa», e impossibilitato ad arrivare in tempo, perché a Roma, Valpreda concordò il colloquio per il giorno 15. Un’ora prima del colloquio si era presentato in questura il tassista milanese Cornelio Rolandi, affermando che nel pomeriggio dell’attentato aveva accompagnato con il suo taxi, in un luogo poco distante dalla Banca nazionale dell’agricoltura, un uomo con una borsa, e di averlo poi ripreso privo di borsa. All’uscita dal colloquio con Amati, Valpreda fu arrestato dalla polizia e trasferito a Roma, nel carcere di Regina Coeli, dove fu messo a confronto con Rolandi, che lo identificò pronunciando le parole «è lui». La frase fu rapidamente e largamente ripresa dalla stampa, in quella che si manifestò subito come una massiccia campagna di colpevolizzazione mediatica.
Benché l’identificazione di Valpreda da parte di Rolandi fosse ritenuta inattendibile – nel 1985 la Corte d’appello di Bari l’avrebbe definita «al limite della credibilità» (Boatti, 1993, 1999, p. 142) – la gran parte della stampa non si pose dubbi sulla responsabilità di Valpreda e degli anarchici. La sera del 16 dicembre, a poche ore dall’arresto di Valpreda, al telegiornale Bruno Vespa lo presentò come «un colpevole, uno dei responsabili della strage, delle stragi di Roma e degli att... della strage di Milano e degli attentati di Roma» (Dondi, 2015, p. 181). La colpevolizzazione di Valpreda fu costruita enfatizzando in senso negativo la sua condizione di disoccupato, la sua professione di ballerino e una presunta frustrazione dovuta alla patologia di Bürger, che l’avrebbe instradato verso una psicologia stragista (cfr. M. Cervi, La propaganda del terrore, in Corriere della sera, 17 dicembre 1969).
Dal 15 dicembre 1972 iniziò la lunga vicenda giudiziaria di Valpreda, che si sarebbe conclusa solo nel 1987, con l’assoluzione per insufficienza di prove pronunciata dalla Corte di appello di Bari e confermata dalla Cassazione.
Nei 48 giorni successivi al suo arresto gli fu impedito il colloquio con il suo legale. Rimase in carcere per tre anni, durante i quali pubblicò tre libri: Lettere dal carcere del sistema (1972), con introduzione della sorella Maddalena; Poesie dal carcere: versi d’amore e di rabbia di un uomo che accusa (1973), con prefazione di Adele Cambria; È lui! Diario dalla galera 1969-1972. Quello che può capitare a un cittadino italiano con idee un po’ diverse (1974), con prefazione di Camilla Cederna.
Poté uscire dal carcere solo grazie all’approvazione, il 15 dicembre 1972, della l. 773 (Modificazioni al codice di procedura penale al fine di accelerare e semplificare i procedimenti), detta poi legge Valpreda, che rimosse il divieto di concessione della libertà provvisoria nei confronti di imputati di reati per i quali la cattura fosse obbligatoria. Alle elezioni politiche del 1972 fu candidato capolista a Roma nelle liste elettorali del Manifesto, senza risultare eletto.
L’accusa poggiava sostanzialmente sulla testimonianza di Rolandi e su alcune contraddizioni dello stesso Valpreda circa i suoi spostamenti nei giorni precedenti. Ma soprattutto si fondava sulla convinzione pertinace della questura di Milano e del suo ufficio politico, guidato da Antonino Allegra e Luigi Calabresi, certi della matrice anarchica di tutta la serie di attentati che aveva colpito il milanese dalla fine degli anni Sessanta. Conosciuto per le sue posizioni radicali e in conflitto con parte dello stesso movimento anarchico milanese, Valpreda era stato individuato come il responsabile della strage di Milano, e la stessa chiamata di Pinelli all’interrogatorio in questura, conclusa con la sua morte (15 dicembre 1969), era stata motivata dall’idea che Pinelli fosse a conoscenza del coinvolgimento di Valpreda.
La matrice anarchica fu contestata fin dal primo momento, e il prolungamento della carcerazione fu considerato sempre più inaccettabile da una parte crescente del mondo della cultura e della politica, che criticò anche la mancata apertura di altre piste di indagine. Il processo diede un forte impulso alla formazione dell’organizzazione Soccorso rosso, che si attivò per un nuovo processo a Valpreda, in condizioni del tutto diverse (Malatesta, 2012, p. 88). Il processo precedente appariva infatti una scelta parziale e fuori fuoco, frutto sia di una visione monocorde sia di una volontà politica di stabilizzare il sistema secondo la cosiddetta strategia della tensione, volta a criminalizzare i movimenti sociali e la sinistra.
Il processo si era aperto il 23 febbraio 1972 a Roma, e dopo soli dieci giorni era stato sospeso per incompetenza territoriale e trasmesso a Milano, dove era ripreso il 30 agosto, per poi essere trasferito nell’ottobre a Catanzaro per motivi di ordine pubblico. Qui, dopo una nuova sospensione nel 1975, arrivò a sentenza nel 1977 con l’assoluzione per insufficienza di prove di Valpreda, condannato però per associazione a delinquere. La Cassazione annullò la sentenza, e nel 1985 la Corte d’appello di Bari ribadì l’assoluzione per insufficienza di prove. Due anni dopo la Cassazione confermò la sentenza, sancendo la definitiva uscita di Valpreda dal processo, insieme a Freda, Ventura e Merlino. Il processo per la strage di piazza Fontana dal 1979 al 2005 contò dieci sentenze, in un lungo iter che vide assolto Valpreda definitivamente solo nel 1987.
Uscito di prigione, Valpreda si sposò con la sua compagna Pia, e nel 1973 nacque il figlio Tupac Libero Emiliano. In seguito aprì un bar, e all’indomani della fine del processo firmò con il giornalista Piero Colaprico tre romanzi noir con protagonista un maresciallo: Quattro gocce di acqua piovana (2001), La nevicata dell’85 (2001) e La primavera dei maimorti (2002). Il quarto libro, L’estate del mundial (2003), firmato da Valpreda, fu scritto dopo la sua morte, quasi interamente da Colaprico.
Morì il 6 luglio 2002 a Milano.
Fonti e Bibl.: Archivio centrale dello Stato, Archivio storico del ministero dell’Interno; Archivio di Stato di Milano; Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi.
La strage di Stato. Controinchiesta, Roma 1970, passim; C. Cederna, Pinelli. Una finestra sulla strage, Milano 1971, passim; M. Fini, A. Barbieri, Valpreda. Processo al processo, Milano 1972, passim; G. Capra, Mio marito. Il commissario Calabresi. Il diario segreto della moglie, dopo 17 anni di silenzio, a cura di L. Garibaldi, Milano 1990, passim; G. Boatti, Piazza Fontana. 12 dicembre 1969: il giorno dell’innocenza perduta, Milano 1993, Torino 1999, ad ind.; M. Calabresi, Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo, Milano 2007, passim; M. Franzinelli, La sottile linea nera. Neofascismo e servizi segreti da piazza Fontana a piazza della Loggia, Milano 2008, ad ind.; A. Giannuli, Bombe a inchiostro, Milano 2008, passim; J. Foot, Italy’s divided memory, New York 2009 (trad. it. Fratture d’Italia. Da Caporetto al G8 di Genova la memoria divisa del Paese, Milano 2009, passim); G. Panvini, Ordine nero, guerriglia rossa. La violenza politica nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta, 1966-1975, Torino 2009, ad ind.; M. Sassano, Pinelli. La finestra chiusa. Quarant’anni dopo, Venezia 2009, passim; M. Malatesta, Défenses militantes. Avocats et violence politique dans l’Italie des années 1970 et 1980, in Le mouvement social, 2012, n. 240, pp. 85-103, passim; M. Dondi, L’eco del boato. Storia della strategia della tensione, 1965-1974, Roma-Bari 2015, ad ind.; G. Fuga - E. Maltini, Pinelli. La finestra è ancora aperta, Milano 2016, ad ind.; M. Dondi, 12 dicembre 1969, Roma-Bari 2018, ad ind.; P. Morando, Prima di piazza Fontana. La prova generale, Roma-Bari 2019, ad indicem.