VALERIANI (Duraguerra), Pietro
VALERIANI (Duraguerra), Pietro. – Figlio di Valeriano, che apparteneva ai Duraguerra, un’importante famiglia aristocratica originaria di Priverno nella provincia papale di Marittima. Nacque verso la metà del Duecento. Non si hanno informazioni biografiche sulla madre.
A lungo il patronimico fu considerato il cognome; compaiono come ‘di Valeriano’ anche due fratelli di Pietro (Riccardo e Duraguerra). Un quarto fratello, Massimo, è invece indicato nella documentazione semplicemente con la città di origine, Piperno.
Pietro fu inviato dalla famiglia, in data imprecisata, a Bologna per seguire gli studi di diritto canonico nell’importante Studium della città. Dal 1286 è attestato con il titolo di magister. Le sue capacità furono ben presto notate dalla Curia papale e gli garantirono una rapida ascesa; già nella prima menzione conosciuta è suddiacono e cappellano di Onorio IV e canonico di Soissons. Il 27 aprile 1286 Onorio IV gli affidò una prima importante missione: doveva recarsi a Siena e pronunciare un solenne sermone, per sollecitare l’obbedienza della popolazione nei confronti di Percivalle Fieschi di Lavagna, vicario per la Toscana di Rodolfo d’Asburgo.
Alle dipendenze di Fieschi Valeriani operò poi come cancelliere, per un periodo non precisato. Nel 1291 entrò nel seguito del potente cardinale Benedetto Caetani, il futuro Bonifacio VIII, grazie al quale divenne rettore del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia. In seguito seguì Caetani in una legazione apostolica in Francia e fu testimone dell’accordo di pace del 22 marzo 1292 stipulato tra l’arcivescovo e il capitolo di Lione, concluso grazie all’intervento dei cardinali Benedetto Caetani e Gerardo Bianchi.
L’elezione al pontificato di Caetani permise a Valeriani di percorrere ulteriori tappe nella carriera ecclesiastica. Dal 1295 è attestato come cappellano papale e vicecancelliere apostolico; nel marzo dello stesso anno una parte del capitolo di Amalfi lo elesse come arcivescovo, mentre l’altra parte elesse un certo di Andrea di Aleano.
Nel XIII secolo erano frequenti i casi di doppia elezione episcopale, e la Curia romana interveniva spesso per risolvere l’impasse e designare uno dei due candidati. Tuttavia, la questione non fu presa in considerazione dalla S. Sede, in quanto Pietro decise di rinunciare ai suoi diritti come electus, facendo cadere la candidatura.
Il 17 dicembre 1295 Bonifacio VIII lo nominò cardinale diacono di S. Maria Nova, pur consentendogli di mantenere la carica di vicecancelliere apostolico fino al 1301.
L’ormai acquisita esperienza cancelleresca di Valeriani indusse papa Caetani ad affidargli alcuni delicati incarichi. Il 20 aprile 1296 fu designato come legato apostolico in Emilia Romagna, Toscana, Marca Trevigiana, Marca Anconetana, nel patriarcato di Aquileia e nelle diocesi di Ravenna, Ferrara, Civita Castellana e Venezia. Il suo compito era di eliminare i perturbatores pacis, che causavano endemici conflitti in questi territori. Non riuscì però a operare in modo adeguato nella giurisdizione assegnatagli dal papa, in quanto la sua missione durò molto poco e fu condizionata dalle resistenze locali. A Bologna, nel giugno del 1296, nel contrasto tra il comune di Bologna e Azzo VIII d’Este (che voleva estendere il suo potere sulla città, andando contro la tradizionale autonomia del comune bolognese) appoggiò le ambizioni di Azzo; dovette pertanto affrontare la reazione dei bolognesi, che secondo gli Annales caesenates (a cura di E. Angiolini, 2003, p. 56) poco dopo il suo arrivo lo cacciarono malamente dalla città. Anche suo fratello Massimo, nominato rettore di Romagna nel corso della sua legazione, fu accusato di soprusi e violenze e colpito dalla furia dei ribelli. Dopo nemmeno tre mesi, Pietro abbandonò l’Emilia, in cui non fece più ritorno; le tensioni con le forze locali verosimilmente gli impedirono di proseguire la sua legazione.
Recatosi a Firenze, Valeriani l’8 settembre 1296 diede inizio ai lavori per la costruzione della basilica di S. Maria del Fiore. In seguito non sono attestati altri suoi interventi, e nel marzo del 1297 è nuovamente in Curia, ove poco dopo fu testimone della defezione dei cardinali Giacomo e Pietro Colonna nei confronti di Bonifacio VIII.
In questo delicato frangente, la sua fedeltà al papa non può in alcun modo essere messa in dubbio. I due cardinali reagirono alla condanna di Bonifacio VIII il 10 maggio 1297 con il celeberrimo manifesto di Lunghezza, nel quale dichiaravano illegittima l’elezione di Caetani e la precedente abdicazione di Celestino V; pertanto la cristianità era sollevata da ogni forma di obbedienza nei suoi confronti. A loro volta, nel corso dell’estate gli altri cardinali reagirono unanimi alle accuse dei due Colonna, difendendo la legittimità di Bonifacio VIII; tale documento fu sottoscritto anche da Pietro.
Nello stesso periodo, intanto, Pietro aveva ripreso a occuparsi di incombenze curiali. In quanto vicecancelliere, applicò la sua perizia di ‘diplomatista’ ad alcuni casi importanti e spinosi. Ad esempio, nel marzo del 1297 si occupò di controllare la validità di alcune lettere che Niccolò IV avrebbe rilasciato a Sancho di Castiglia, grazie alle quali il sovrano avrebbe ottenuto la dispensa papale per il matrimonio con la consanguinea Maria de Molinis.
La questione era particolarmente spinosa, in quanto la validità dell’unione matrimoniale aveva conseguenze importanti per la legittimità degli eredi di Sancho e le sorti del regno di Castiglia. Solo nel 1301, dopo la morte di Pietro e del re iberico, Bonifacio VIII decise di convalidare le nozze e garantire la legittimità della discendenza reale.
Un incarico analogo fu assegnato a Valeriani anche attorno al 1298, quando esaminò le bolle papali rilasciate da Celestino V. Grazie al suo lavoro, nel gennaio del 1298 Bonifacio VIII confermò i benefici che Matteo Colonna, cappellano papale, aveva ottenuto dal papa eremita; mentre nel marzo del medesimo anno convalidò la collazione di un canonicato a Beauvais in favore di Drocone de Tillardo.
Sono attestati anche altri uffici curiali assunti da Valeriani nel breve periodo che fu presente in Curia. In particolare, si occupò di conferire solennemente il pallio ad alcuni arcivescovi, e di controllare l’idoneità dei nuovi eletti di alcune sedi episcopali e abbaziali.
Merita di essere segnalata anche la politica nepotistica che, secondo una prassi già ben radicata nel Sacro Collegio, Pietro seguì. Egli favorì infatti la carriera ecclesiastica di alcuni parenti di sangue.
Tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, un suo discendente omonimo accumulò diverse prebende nelle diocesi di Reims, Chartres, Bologna, Terracina e Priverno, nonostante non avesse né l’età idonea né l’ordine sacerdotale. Inoltre la presenza di Pietro nel Sacro Collegio permise ad alcuni individui del suo territorio di origine di accedere agli uffici curiali. Tra questi vi erano i cappellani Giordano e Americo da Sermoneta, Giacomo Pagano e Giovanni da Priverno.
Il suo stretto legame con Bonifacio VIII è testimoniato da diversi elementi. Valeriani agì come procuratore di fratelli e nipoti del papa, o fu testimone di acquisti (talvolta stipulati nel suo hospitium in Roma), o sottoscrisse ad acquisti della famiglia Caetani.
Fra le acquisizioni per procura si può segnalare quella effettuata per conto di Pietro II Caetani (vari diritti a Sermoneta, Bassiano e S. Donato). Fra i castelli all’acquisto dei quali presenziò, compaiono Filettino, Trevi, Vallepietra, Sermoneta, Bassiano, S. Donato, Capodibove e Capovacche. Fino all’ultimo periodo della sua vita, Pietro rimase sempre al fianco della famiglia del papa, come testimonia poco prima della morte la firma apposta all’acquisto da parte di Pietro Caetani di Pofi, Carpineto e Bauco (1302).
La vicinanza di Valeriani al papa garantì vantaggi importanti anche ad altri componenti della casata Duraguerra. Dopo la sua legazione in Emilia, fu nominato podestà di Priverno nel 1301 il fratello Massimo, al quale, solidalmente con i fratelli, l’anno successivo Bonifacio VIII concesse feudi a Terracina; alquanto più avanti nel tempo (1316) Biagio, un nipote di Pietro, sarebbe divenuto vescovo di Fondi, importante centro nella contea dei Caetani nel regno di Napoli.
Peraltro, gli stretti rapporti fra Valeriani e i Caetani incrinarono verosimilmente l’alleanza (che era rafforzata anche da legami di sangue) tra la famiglia di origine del cardinale e i potenti da Ceccano. Alla fine del XIII secolo infatti Duraguerra e Caetani si spartirono beni e diritti dei da Ceccano, e un miles Giovanni da Ceccano (a lungo in servizio nella familia del cardinale) cadde in disgrazia nel 1299, accusato di crimini politici da Bonifacio VIII; scomunicato, fu privato dei suoi beni (in particolare il castello di Carpineto concesso a Pietro Caetani, così come l’anno successivo i castelli di Maenza e Montacuto). Da parte di papa Caetani, d’altronde, pressioni e violenze di ogni tipo contro un buon numero di famiglie aristocratiche del territorio non furono certo una sorpresa. Valeriani sembra non intervenne in alcun caso e neppure in difesa di Giovanni da Ceccano, il quale si riappacificò con i Caetani solo dopo la morte del cardinale, ovvero nel 1306.
Morì il 17 dicembre 1302, probabilmente a Roma.
Fu sepolto nella basilica di S. Giovanni in Laterano; la tomba è fregiata dello stemma cardinalizio e presenta la statua del cardinale dormiente, sostenuto da due leoni rampanti. L’esecuzione spetta, secondo la critica artistica, a Giovanni da Cosma, o quantomeno alla sua scuola.
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