USIMBARDI, Pietro
– Nacque a Colle Val d’Elsa nei pressi di Siena nel gennaio del 1539 da Francesco di Pietro Usimbardi e da Lucrezia Viviani, di Alessandro di Filippo.
Il padre, proveniente da una famiglia di notai di Colle, occupò diversi uffici a livello locale fra cui quello di notaio presso il comune di San Miniato e di procuratore legale. Pietro fu il primo di cinque figli maschi: Lorenzo (1547-1636), che seguì la carriera politica del fratello; Usimbardo (1552-1612), primo vescovo della diocesi di Colle; Claudio (1556-1638) e Fulvio (1559-1627). Tutti ebbero una solida formazione giuridico-teologica e in seguito occuparono importanti cariche pubbliche.
Nonostante l’uso comune, Usimbardi fu avviato, vuoi per attitudine personale (Trapani, 2016, p. 16), vuoi per la difficile situazione economica della famiglia (Fantoni, 1994, p. 144), alla carriera ecclesiastica, sotto la guida di monsignore Salvatore Pacini e dell’abate Bernardo Giusti, suo concittadino. Legato a Usimbardi da parentela, Giusti, segretario di Giovanni de’ Medici e, dopo la morte di quest’ultimo nel 1562, del giovane cardinale Ferdinando de’ Medici, rappresentò una figura determinante per la carriera di Usimbardi. Nel 1556 lo introdusse nell’entourage mediceo assumendolo nella sua segreteria. Dopo che nel 1565 Giusti si ritirò a vita privata, o morì (Arrighi, 2018, p. 32), Usimbardi ne prese il posto. Come primo segretario accompagnò a Roma Ferdinando de’ Medici che si recava a prendere il cappello. In questo periodo proseguì gli studi e il 13 dicembre 1570 conseguì la laurea in teologia all’Università di Pisa. Nel 1571 fu nominato pievano della chiesa di S. Maria a Limite e gli fu concessa la propositura di Cigoli. Con il ruolo di primo segretario accompagnò il cardinale Ferdinando nel conclave del 1572, che portò all’elezione di Gregorio XIII, e in quello del 1585 in cui fu eletto Sisto V. La sua presenza a Roma al servizio di Ferdinando fu assidua, divenendo figura stimata dai pontefici Gregorio XIII e Sisto V. Nei primi anni andava a Firenze ogni anno per conto del cardinale Medici «per aver più certo ragguaglio dello stato suo, et anco per rappresentar» a Cosimo le esigenze di Ferdinando (Istoria del granduca Ferdinando dei Medici, a cura di E. Saltini, 1880, p. 378).
Fu a partire da questa posizione che il suo ruolo si ancorò saldamente alla figura di Ferdinando con il quale costruì un solido rapporto di fiducia sia durante il cardinalato sia in seguito, quando Ferdinando divenne granduca di Toscana. La fortuna di Pietro fu la leva per la successiva carriera degli altri fratelli. L’ascesa dei fratelli Usimbardi, legata strettamente al favore dei granduchi, conobbe una crescita importante a partire da questo periodo, ma declinò altrettanto rapidamente dopo la morte del fratello Claudio nel 1638 e con l’estinzione del ramo agnatizio principale nel 1658.
Quando nel 1587 succedette al fratello Francesco alla guida del granducato, Ferdinando, con il fine di limitare il potere dei ministri favoriti di Francesco, modificò l’organigramma della direzione politica e nominò una segreteria a tre: oltre ad Antonio Serguidi, che, ministro di Francesco, restò nella segreteria con funzioni molto ridimensionate, e a Belisario Vinta, figura di primo piano dell’età di Ferdinando I, ne fece parte Usimbardi. Questi, con motuproprio del 2 novembre 1587, fu nominato primo segretario di Stato o ‘segretario di camera’. Usimbardi, che aveva sotto di sé undici funzionari, soprintendeva agli affari con Roma e lo Stato della Chiesa (eccetto Bologna), con la Spagna e Mantova; alle questioni relative alla Depositeria generale, allo Studio e Collegio di Pisa, ai negozi di grazia e giustizia e a mansioni cerimoniali nell’ambito della corte. Egli risiedeva nei locali della Guardaroba Vecchia, un appartamento collegato con quello granducale al quale aveva libero accesso.
Il ruolo negli anni in cui guidò la segreteria gli conferì un rilievo pubblico, come attestato dalla dedica che Andrea Nati, parroco di Sovana, gli rivolse ad apertura del libretto Del trattato del Segretario (Firenze 1588) e nella quale Usimbardi e Vinta erano elogiati per i comportamenti ammirevoli. Nello stesso anno il Senato attribuì il rango di cittadino al padre e in perpetuo ai discendenti maschili. Negli ultimi anni Ottanta del Cinquecento Usimbardi sembrò prossimo a ottenere il cappello cardinalizio, ma la morte di Sisto V (27 agosto 1590) chiuse quest’opportunità. Di carattere schivo, dopo il motupropio del 1587, «avvertito dai suoi confidenti», cambiò atteggiamento e cominciò a «procedere più dolce e con maniera più amabile» (Francesco Contarini, in Relazioni..., 1916, p. 86). Attraverso comportamenti di grande misura e umiltà, Usimbardi aveva «conquistato luogo così alto nella [...] grazia» di Ferdinando (di norma non facile ad abbandonarsi a gesti di stima), dacché «non s’ingerisce nelle cose del granduca, né per curiosità né per ambizione, mai non se ne impaccia, se non è dimandato e quasi che per forza tirato; non consiglia se non è ricercato» (ibid.). Secondo una versione con più chiaroscuri egli peraltro «maneggia tutti i negozi più importanti di Stato e di quelli si arricchisce [...] ma però vien stimato fedele» (Tommaso Contarini, in Le relazioni..., 1863, p. 284)
Il 9 gennaio 1589 gli fu conferito il vescovato d’Arezzo e il 25 marzo 1590 fece il suo ingresso solenne in città. Lasciò il suo ruolo politico al fratello Lorenzo, ma per alcuni mesi continuò a collaborare direttamente alla gestione degli affari politici e fu presente al matrimonio di Cristina di Lorena e Ferdinando. Nel 1593 ancora consigliava Ferdinando su molte questioni «per la particolare esperienza e cognizione della corte di Roma» (Galluzzi, 1781, p. 68) e lo sollecitò a occuparsi della bonifica della Val di Chiana. Dopo che Lorenzo sostituì Pietro come primo segretario si creò «una sorta di bipolarità dialettica fra Pietro, in veste di prelato, e Lorenzo di segretario granducale» (Fantoni, 1994, p. 151). Dell’ascesa dei fratelli Usimbardi godé anche la località di Colle, che fu elevata a sede vescovile e di cui fu eletto vescovo il terzogenito Usimbardo nel 1592.
Nel 1602 gli Usimbardi acquisirono una cappella gentilizia nella chiesa di S. Trinita la cui decorazione fu affidata a Ludovico Cigoli, Matteo Rosselli, a Cristofano Allori e all’Empoli (Iacopo Chimenti). Altro passo nella direzione del consolidamento del ruolo a Firenze (nonostante Pietro risiedesse stabilmente ad Arezzo) fu nel 1603 l’acquisto da parte dei fratelli Usimbardi del palazzo degli Acciaiuoli sul Lungarno.
Durante la sua attività di amministrazione della diocesi aretina, Usimbardi ebbe rapporti non facili con i canonici. Si impegnò nondimeno per conoscere il territorio e svolse con periodicità le visite pastorali (le cui relazioni sono edite). Convocò un sinodo nel 1597, nel quale furono promulgate le nuove Constitutiones (1597). Le Osservazioni del clero aretino alle Constitutiones sono edite. Sostenne attraverso una significativa attività pubblicistica l’applicazione della riforma tridentina per i monasteri femminili esaltando ideali di umiltà e povertà. Nel 1603 fece stampare le Costitutioni et ordini per i monasteri femminili, in cui richiamava con severità la regola della clausura. Nel 1605 pubblicò le Constitutiones fori, un agile libretto con cui intendeva semplificare l’organizzazione del foro ecclesiastico, stabilendo i giorni in cui svolgere le diverse fasi del processo e i tempi di risposta del vicario. Si occupò altresì di migliorare gli edifici ecclesiastici. Nel 1595 fece avviare il rifacimento del palazzo vescovile volto a conferire all’edificio caratteri più sontuosi e riecheggianti l’architettura degli edifici signorili. Fece inoltre rimodernare la villa Godio e il podere di Pescaiola, e appoggiò la costruzione dei conventi dei cappuccini e delle francescane a Lucignano e della chiesa della Madonna della Consolazione a Foiano della Chiana. Nel 1610 fece ristrutturare la chiesa di S. Stefano ad Arezzo.
Fece parte dell’Accademia Fiorentina e scrisse una biografia di Ferdinando I dai toni aulici edita nel 1880 da Enrico Saltini (Istoria del granduca Ferdinando dei Medici).
Morì il 28 maggio 1611 e il suo corpo fu imbalsamato. Dopo una sepoltura provvisoria nella cattedrale, fu trasferito in S.Trinita a Firenze nella cappella del Crocifisso, in accordo con le sue disposizioni testamentarie, accanto al fratello Usimbardo.
Nel palazzo vescovile di Arezzo è conservato un suo ritratto (riprodotto in Casprini, 2018, p. 43). Per le pareti laterali della cappella della chiesa di S. Trinita, Felice Palma scolpì un ritratto in marmo di Pietro e, in seguito, di Lorenzo: due urne di diaspro sormontate da due busti, inserite in una sontuosa cornice di marmi e pietre dure. Palma scolpi altri due ritratti di Pietro: uno conservato nel convento di S. Pietro ad Arezzo e un altro al Victoria and Albert Museum di Londra.
Opere. Constitutiones et decreta pubblicata in synodo dioecesana Arretina quam Petrus Usimbardius episcopus Arretii habuit, Firenze, B. Sermatelli, 1597; Costitutioni et ordini el molto ill.mo et rev.mo Mons. Pietro Usimbardi vescovo d’Arezzo per lo buon governo et osservanza de monasterii della sua città e diocesi, Siena 1603; Constitutiones fori Ecclesiae Arretinae quas Petrus Usimbardius episcopus Aretii condidit, Firenze 1605; Istoria del granduca Ferdinando dei Medici, a cura di E. Saltini, in Archivio storico italiano, s. 4, VI (1880), pp. 365-401.
Fonti e Bibl.: R. Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana, III, Firenze 1781, p. 68; L. Cantini, Legislazione toscana, XII, Firenze 1804, pp. 10 s.; Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato durante il secolo decimosesto, Appendice, a cura di E. Alberi, Firenze 1863; Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di A. Segarizzi, III, 2, Firenze 1916; C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Münster 1923, p. 116; S. Berner, Florentine society in the late sixteenth and early seventeenth centuries, in Studies in the Renaissance, XVIII (1971), pp. 203-246 (in partic. pp. 205 s.); A. D’Addario, Aspetti della Controriforma a Firenze, Roma 1972, p. 307; G. Pansini, Le segreterie del principato mediceo, in Carteggio universale di Cosimo I de Medici, Inventario, I (1536-1541), a cura di A. Bellinazzi - C. Lamioni, Firenze 1982, pp. XXVIII-XXXI; F. Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici, Torino 1987, pp. 280-282; M. Fantoni, Dalla provincia alla capitale. Gli Usimbardi di Colle alla corte medicea, in Colle di Val d’Elsa nell’età dei granduchi medicei: la terra in città et la Collegiata in cattedrale, Firenze 1992, pp. 117-138; Id., La corte del granduca. Forma e simboli del potere mediceo fra Cinque e Seicento, Roma 1994, pp. 139-163; S. Pieri, P. U., vescovo della riforma cattolica in Arezzo (1589-1611), in Annali aretini, XII (2004), pp. 197-219 (le Osservazioni del clero aretino sulle Costituzioni sinodali del 1597 sono edite in appendice al saggio, pp. 214-217); Visite pastorali del vescovo P. U. dal 1590 al 1611, a cura di S. Pieri - C. Volpi, Arezzo 2013; L. Trapani, Gli Usimbardi, da Colle a Firenze: un ritorno alle origini? Genealogia e ascesa della famiglia Usimbardi, in Miscellanea storica della Valdelsa, II (2016), pp. 3-48; V. Arrighi, Bernardo Giusti: un colligiano a Firenze, tra Repubblica e principato, in Bollettino della Società degli amici dell’arte, 2017, n. 56-57-58, pp. 22-33; F. Casprini, Il mecenatismo e la famiglia Usimbardi, ibid., pp. 34-57.