ROSELLI, Pietro
– Nacque a Roma il 4 luglio 1808, figlio di Antonio, ufficiale della milizia pontificia, e di Matilde Belelli, originaria di Ancona.
Già a sette anni entrò come cadetto nella milizia romana e nel 1824 cominciò a prestare servizio presso l’Ispettorato militare, di cui suo padre era responsabile. Nel 1831 divenne sottotenente e partecipò alla campagna contro le province insorte, in particolare a Foligno. Promosso tenente nel 1832, l’anno successivo entrò nel genio militare, ma nel 1836 lasciò il servizio attivo per ragioni di salute. Si iscrisse all’Università di Roma e negli anni successivi si dedicò a studi di carattere tecnico-militare: nel 1841 pubblicò un breve opuscolo Risoluzione di un problema di tattica (Roma 1841), e l’anno dopo Nuove questioni sulla tattica (Roma 1842), che fu stampato anche sulla rivista napoletana dei fratelli Ulloa, Antologia militare (s. 2, VII, 2, pp. 1-40). La sua collaborazione con la rivista proseguì anche l’anno successivo con la pubblicazione di un altro articolo, Considerazioni sul combattere da solo a solo colle armi manesche da fuoco [ibid., s. 2, VIII (1843), 2, pp. 127-140], firmato erroneamente «Rossetti, uffiziale di fanteria nell’esercito pontificio».
Fino agli anni Quaranta Roselli si presentava dunque come un uomo di armi, dedito in particolare agli studi militari, senza alcun particolare interesse per la politica e ancor meno per il patriottismo, mentre suo fratello Ercole (1818-1905) aveva aderito alla Giovine Italia. Anche nella prima fase del pontificato di Pio IX, non prese parte alla febbrile mobilitazione che accompagnò le riforme di Mastai Ferretti. E anche quando entrò nella guardia civica come capitano, lo fece «perché fui quasi costretto» (E. Morelli, P. R., in Ead. Tre profili. Benedetto XIV, Pasquale Stanislao Mancini, P. R., Roma 1955, p. 99).
Questo atteggiamento mutò con l’inizio della guerra al nord nel marzo 1848 e con la mobilitazione militare che investì anche lo Stato Pontificio. Roselli rispose all’appello fatto dal Governo agli ufficiali in pensione affinché si arruolassero nel contingente di volontari sotto il comando del generale Andrea Ferrari. Il 25 marzo 1848 Roselli, con il grado di maggiore, fu posto al comando di una compagnia del I battaglione del 1° reggimento Legione Romana. Raggiunto il Veneto, fu chiamato nello stato maggiore di Ferrari e poi nominato tenente colonnello comandate del I battaglione del 2° reggimento volontari. Nella difesa di Venezia fu impegnato con il suo battaglione nella riconquista di Cà Pasqua, nei pressi di Brondolo. Lasciò Venezia con l’ultimo contingente romano nel dicembre del 1848 e, rientrato nello Stato Pontificio, fu confermato al comando del battaglione volontari che era stato trasformato in I battaglione del 1° reggimento delle truppe leggere di linea. Fu quindi inviato nell’Ascolano, sempre alle dipendenze del generale Ferrari e anche di Giuseppe Garibaldi, che operava nella stessa area con la sua Legione italiana.
Nel febbraio 1849 ottenne il comando del 2° reggimento truppe leggere che aveva il compito di presidiare il confine meridionale dell’appena costituita Repubblica. Ma in realtà tra marzo e aprile 1849 le truppe di Roselli, nel frattempo promosso colonnello, furono impegnate soprattutto nella repressione del brigantaggio di marca reazionaria che caratterizzò la provincia ascolana dopo la proclamazione della Repubblica. Allo sbarco delle truppe francesi a Civitavecchia il Triumvirato richiamò il reggimento di Roselli e il giorno stesso della sua entrata a Roma (13 maggio) lo nominò generale di divisione e comandante in capo dell’armata della Repubblica.
La nomina colse di sorpresa Roselli: poteva effettivamente apparire inaspettata visto il profilo politico tutto sommato abbastanza defilato dell’ufficiale romano. Ma, in realtà, l’esercito della Repubblica era formato per lo più da truppe regolari del vecchio esercito pontificio, e occorreva pertanto un comandante che provenisse da quei ranghi e che avesse dato prova di indubbie capacità militari quali quelle mostrate da Roselli. Era stato lo stesso Mazzini a caldeggiare sin da marzo un suo diretto coinvolgimento nella guida militare della Repubblica. Si trattava peraltro di un incarico difficile non solo per le oggettive difficoltà militari della Repubblica, minacciata su tre fronti e dotata di un esercito poco omogeneo e con scarsi equipaggiamenti, ma anche per la presenza di altri leader militari (Carlo Pisacane, Garibaldi) che avevano idee molto differenti sul modo di condurre la difesa di Roma.
Di queste differenti attitudini strategico-militari si ebbe prova qualche giorno dopo la nomina di Roselli, quando le truppe romane alla guida del nuovo comandante furono impegnate in uno scontro a Velletri con le truppe napoletane il 19 maggio 1849: Garibaldi disubbidì agli ordini di Roselli, attaccando prima del previsto i Napoletani, e di contro una parte delle truppe si rifiutò di seguire Garibaldi nell’inseguire l’esercito borbonico. In questa occasione, come nelle settimane dell’assedio, le decisioni e la strategia militare di Roselli furono guidate da considerazioni di natura tecnico-militare più che politica, così da entrare in contrasto sia con Garibaldi sia con quella parte dell’opinione pubblica romana più radicale, riunita sotto la leadership di Pietro Sterbini, che finiva per contestarlo anche pubblicamente. All’inizio di luglio 1849 Garibaldi e Roselli concordarono invece nel ritenere impossibile la difesa di Roma.
Dopo l’entrata dei francesi in città il 3 luglio Roselli rimase nello Stato Pontificio fino al luglio 1850 quando partì per Genova e successivamente, grazie all’intervento di Massimo d’Azeglio e Diomede Pantaleoni poté trasferirsi a Torino. Restò nella capitale sabauda fino al 1853, quando si trasferì a Genova dove viveva il fratello Ercole, anch'egli esule. Al contrario di quest’ultimo, strettamente legato a Mazzini e protagonista di un tentativo insurrezionale l’anno successivo a Roma, Pietro rimase per il momento distante dai progetti cospirativi che animavano la città ligure. Preferì invece far sentire la sua voce all’interno del dibattito che ancora ferveva sulle ragioni della sconfitta del 1849. Nel 1853 pubblicò un opuscolo sulla battaglia di Velletri, nel quale criticava pesantemente il comportamento tenuto da Garibaldi in quella circostanza. Lo scritto di Roselli provocò una violenta polemica all’interno del campo democratico, già attraversato da contrasti sia per la conversione filosabauda di una parte di esso (in primo luogo di Garibaldi), sia per le ancora vive discussioni sulle ragioni della caduta della Repubblica Romana. Intervenne prima Pisacane, già critico nei confronti di Roselli nella sua Guerra combattuta in Italia negli anni 1848-49 (Genova 1851), con una lunga e dura recensione su La voce della libertà: quasi un anno dopo la polemica riprese su Italia e popolo (20 agosto 1854), dove Roselli ribadì le sue accuse a Garibaldi, il quale di contro arrivò a sfidare a duello Roselli e il direttore del giornale, Francesco Savi. La vertenza si concluse con l’intervento di un giurì d’onore composto tra l’altro da Enrico Cosenz, Nino Bixio e Giacomo Medici.
Nel 1857 Roselli si trasferì a Chiavari per coprire la cattedra di aritmetica presso il locale istituto tecnico. Dopo due anni si spostò a Firenze per collaborare alla costruzione dell’acquedotto di Firenze. Scoppiata la guerra nel 1859, finalmente poté di nuovo indossare la divisa. Nel giugno 1859 la Giunta provvisoria di Bologna gli affidò l’organizzazione e il comando di una colonna mobile di volontari, da dislocare al confine meridionale. Nell’agosto, dopo Villafranca, Roselli e altri ufficiali dei corpi volontari dell’Italia centrale furono contattati – senza successo – da Mazzini che voleva convincerli a riprendere la guerra ed entrare, con le truppe ai loro comandi, in Abruzzo e in Umbria. Tra la fine del 1859 e l’inizio del 1860 le formazioni militari costituitesi sotto la guida di Manfredo Fanti nell’Italia centrale furono assorbite all’interno dell’esercito piemontese. In questo quadro anche Roselli, fino a quel momento al comando della divisione di Bologna, fu nominato generale dell’esercito sardo nell’aprile del 1860 e messo alla guida della 13ª divisione. La sua carriera nell’esercito fu però assai breve, forse anche per la scarsa considerazione di cui godeva tra i vertici militari del nuovo Stato. Nel settembre 1860 fu posto al comando delle truppe alla frontiera pontificia; un mese dopo fu nominato comandante della piazza di Ancona; nell’aprile 1861 messo a disposizione, e nel settembre 1864 collocato definitivamente a riposo. Nel 1865 gli fu proposto il comando della guardia nazionale di Palermo, che però rifiutò.
Nel frattempo si era trasferito nelle Marche, prima a Fano e poi ad Ancona, dove potè godere dal 1862 della consistente eredità paterna. Ritiratosi completamente a vita privata, morì celibe ad Ancona il 20 dicembre 1885.
Scritti: negli anni Quaranta Roselli fu autore di articoli e opuscoli di natura tecnico-militare: Risoluzione di un problema di tattica (Roma 1841); Nuove questioni sulla tattica (Roma 1842); Considerazioni sul combattere da solo a solo colle armi manesche da fuoco, in Antologia militare, VIII (1843), 15, pp. 127-140.
Fonti e Bibl.: Per la ricostruzione della biografia di Roselli fondamentale – sebbene non privo di tratti encomiastici – è il profilo di E. Morelli, P. R., in Ead. Tre profili. Benedetto XIV, Pasquale Stanislao Mancini, P. R., Roma 1955, pp. 97-151, fondato in larga parte sulla consultazione delle carte di Roselli possedute dalla famiglia. Alcune lettere di Roselli inviate a Alessandro Calandrelli sono conservate presso il Museo Centrale del Risorgimento di Roma (f. 117. 27.1-7), dove pure sono conservate lettere di Roselli del 1849 a vari destinatari. Sull’esperienza della Repubblica Romana alcune lettere di Roselli sono state pubblicate: U. Beseghi, L’indisciplina di Garibaldi a Velletri (una lettera inedita del generale P. R.), in Camicia Rossa, X (1934), 2, pp. 57-59; A.M. Ghisalberti, Una corrispondenza tra Mazzini e R., in Strenna dei Romanisti, X (1949), pp. 16-29. Bollettini dell’armata e dispacci firmati da Roselli sono presenti nelle collezioni Bandi, Fondo Spada e Opuscoli della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma, ora digitalizzati e consultabili in rete: http://www.repubblicaromana-1849.it/index.php?1/home. Sulla campagna del 1859 i documenti relativi alla divisione Roselli sono depositati a Roma presso l’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Truppe della Lega dell’Italia Centrale, voll. 51, 68. Le lettere inviate da Mazzini a Raffaele Pasi nel 1859 sono in Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Mazzini, Epistolario, XXXVII, Imola 1931, ad ind. Il ruolo e l’operato di Roselli come comandante dell’esercito della Repubblica Romana sono ricordati in molte memorie e resoconti contemporanei, in alcuni casi con accenti polemici o critici, soprattutto in relazione alla spedizione di Velletri: C. Pisacane, Rapido cenno sugli ultimi avvenimenti di Roma dalla salita della breccia al dì 15 luglio 1849, Losanna 1849, pp. 14 s.; E. Dandolo, I volontari ed i bersaglieri lombardi annotazioni storiche. Torino 1849, pp. 221-224; C. Rusconi, La Repubblica Romana del 1849, Roma 1850, pp. 107-118; 246-250; C. Pisacane, Guerra combattuta in Italia negli anni 1848-49, Genova 1851, pp. 299-302; A. Balleydier, Histoire de la Révolution de Rome. Tableau réligieux, politique et militaire des années 1846, 1847, 1848, 1849 et 1850, II, Paris 1851, ad ind.; G. von Hoffstetter, Giornale delle cose di Roma nel 1849, in Documenti della guerra santa d’Italia, Torino 1851, ad ind.; Diario di un repubblicano. Filippo Luigi Polidori e l’assedio francese alla Repubblica Romana del 1849, a cura di M. Severini, Ancona 2002, ad ind.; Il Risorgimento italiano nelle memorie del colonnello Filippo Caucci Molara, a cura di P.L. De Rossi – E. Di Meo, Roma 2008, ad ind. Si vedano anche le ricostruzioni di E. Loevinson, Giuseppe Garibaldi e la sua legione nello Stato Romano 1848-49, Roma 1902, ad ind.; G.M. Trevelyan, Garibaldi e la difesa della Repubblica Romana. Bologna 1909, cap. VIII; L. Rodelli, La Repubblica romana del 1849, con appendice di documenti, Pisa, 1955, ad ind.; L. Russi, Garibaldi, Pisacane e la Repubblica romana, in Garibaldi generale della libertà, a cura di A.A. Mola, Roma 1984, pp. 45-58: G. Monsagrati, Roma senza il Papa. La Repubblica romana del 1849, Roma-Bari 2014, ad ind. Sulle polemiche intorno alla pubblicazione delle Memorie relative alla spedizione e combattimento di Velletri avvenuto il 19 maggio 1849 (Torino 1853) si vedano le lettere di Roselli relative alla sfida a duello di Garibaldi pubblicate in G.E. Curatulo, Il dissidio tra Mazzini e Garibaldi: la storia senza veli. Documenti inediti, Milano 1928, pp. 349 s. Gli articoli di Pisacane su La voce della libertà sono in C. Pisacane, Epistolario, a cura di A. Romano, Milano 1937, pp. 165-180; si veda anche N. Rosselli, Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano, Torino 1932, ad ind.