QUERINI, Pietro
QUERINI, Pietro. – Non si conosce l’anno esatto della sua nascita, che avvenne a Venezia, anche se si può collocare attorno al 1402, perché il 2 settembre 1422 il padre Francesco del fu Pietro lo iscrisse nella Balla d’Oro affermando che aveva superato i diciotto anni. La madre Daria, che gli dette tre fratelli, era una Morosin.
Nel 1431, partito da Venezia su una cocca di sua proprietà in legno di cipresso di 445 tonnellate (la Querina), si era diretto alla volta di Creta (Candia), dove era signore dei feudi di Castel di Temisi e di Dafnes, famosi per la produzione del vino Malvasia, che commerciava con le Fiandre. Da qui ripartì il 25 aprile, pochi giorni dopo la morte del figlio, con a bordo 68 uomini di diverse nazionalità, dopo aver caricato la nave di ottocento barili di Malvasia, spezie, cera, allume di roccia e altre mercanzie. Si diresse verso l’Africa settentrionale, raggiungendo Cagliari il 2 giugno, dove la nave riportò danni al timone e alla chiglia che richiesero tre settimane di riparazioni. Ripreso il viaggio il 14 luglio, dovette uscire dalla rotta consueta e spingersi al largo del capo di S. Vincenzo, per evitare eventuali incontri con i genovesi che avevano riaperto le ostilità con i veneziani, ma il vento di Nord-Est lo spinse verso le Canarie, in prossimità delle quali trascorse ben 45 giorni. Finalmente il 29 agosto riuscì a entrare nel porto di Lisbona, da dove ripartì il 14 settembre per giungere poi il 26 ottobre a Muros, compiendo una sosta per visitare il santuario di San Giacomo di Compostela.
Quando ripresero il viaggio, diretti verso l’imbocco della Manica, Querini e i suoi compagni scontarono l’imprudenza di essersi avventurati nei mari del Nord in una stagione troppo avanzata perché, dopo aver doppiato il temibile Capo Finisterre, il 5 novembre furono gettati da un forte vento di scirocco verso le isole inglesi Scilly. Spinti al largo per l’intensificarsi della tempesta e per il danneggiamento del timone, inutilmente sostituito dal maestro d’ascia con due remi di governo collocati ai lati della poppa, che furono però portati via da una violenta ondata, non riuscirono a riprendere la rotta verso terra dal momento che pure la vela diventò inservibile a causa degli squarci subiti. Venne fatto un tentativo di gettare le ancore, ma un membro dell’equipaggio, temendo che la nave, percossa dai marosi e piena di acqua che entrava da tutte le parti, andasse a fondo, tagliò una delle cime. Per cercare di risolvere i problemi venne deciso di tagliare l’albero per alleggerire il vascello, ma l’unica possibilità di proseguire era quella di abbandonare la nave, per cui il 17 dicembre venne deciso di calare l’imbarcazione di salvataggio, una piccola galera con remi e un albero sul quale venne issata una vela latina, che accolse 27 uomini, e una scialuppa, nella quale presero posto i restanti 47: i primi sarebbero scomparsi subito per sempre e solo una parte dei secondi si sarebbe salvata. Lo scopo era cercare di raggiungere in questo modo l’Irlanda che, secondo i calcoli del comandante, si doveva trovare a circa 700 miglia verso est, mentre in realtà erano arrivati molto più a nord, tra le Shetland e le Färoër.
Dal 19 al 29 dicembre ogni giorno morirono dei marinai, subito gettati in mare, a causa del freddo e della sete, e solo il 6 gennaio 1432 appena 16 superstiti riuscirono a sbarcare nelle Lofoten meridionali o esterne (Norvegia), ben oltre il circolo polare, in un isolotto (Santi = Sandøya) disabitato e spoglio di vegetazione, tutto ricoperto di neve, per cui decisero subito di andare alla ricerca di un luogo abitato, ma la nave, sbattuta durante la notte contro gli scogli, affondò il mattino successivo. Solo il 3 febbraio furono avvistati e tratti in salvo e trasportati da alcuni pescatori nell’isola di Rustene (Røst), distante otto miglia, dove restarono per tre mesi e undici giorni, accolti in diverse famiglie come se facessero parte di quella comunità.
Nel mese di maggio riuscirono a ripartire alla volta di Bergen, dove i pescatori di Røst, con il ritorno della primavera, erano soliti trasportare su un piccolo vascello i prodotti che intendevano barattare, sempre accolti con simpatia e rifocillati dagli abitanti delle isole che incontrarono lungo il percorso, giungendo il 29 maggio al santuario di S. Olao, il cui rettore offrì loro un banchetto. Dopo otto giorni ripartirono alla volta della Svezia, procedendo per 53 giorni verso oriente, attraverso territori scarsamente abitati, dove vennero sempre accolti con generosità. Giunsero così a Vadstena, nell’Ostergötland svedese, dove si trovava il monastero fondato da s. Brigida, dirigendosi poi verso la residenza del feudatario del luogo, ‘messer Zuan Franco’, uomo di fiducia del re di Svezia, di origine veneziana, assieme al quale, dopo quindici giorni tornarono a Vadstena.
Informati che a Lödöse si trovavano due navi che stavano per far vela l’una per Rostock e l’altra per l’Inghilterra, accompagnati da uno dei figli di Zuan Franco partirono da questo porto fluviale dello Götaälv, a nord dell’attuale Göteborg, tre componenti del gruppo, tra cui Cristoforo Fioravanti e Nicolò di Michiel, che salirono sulla nave diretta in Germania, mentre gli altri otto sopravvissuti partirono alla volta dell’Inghilterra, compreso Pietro Querini che, sbarcato a King’s Lynn, si trattenne alcuni mesi presso alcuni suoi concittadini, inizialmente a Cambridge e poi a Londra, prima di riprendere la strada dell’Italia attraversando la Germania e la Svizzera e rientrare a gennaio a Venezia, dove il 12 ottobre 1432 erano già giunti i tre compagni partiti dalla Germania.
Di questo viaggio vennero redatti due resoconti, che si completano e si integrano per alcuni aspetti, compilati rispettivamente da Pietro Querini e dai suoi compagni di viaggio Cristoforo Fioravanti e Nicolò di Michiel (questi ultimi lo dettarono al fiorentino Antonio di Matteo di Corrado de’ Cardini), pubblicati, con modifiche e cesure, nel secondo volume delle Navigationi et viaggi (Venezia 1559) di Giambattista Ramusio, e compresi sia nel codice Vat. lat. 5256 della Biblioteca apostolica Vaticana, contenente numerosi resoconti di viaggio di epoche diverse, sia nel codice Ms. It., XI, 110 (7238) della Biblioteca nazionale Marciana di Venezia. Queste relazioni, indirizzate al Senato della Repubblica di Venezia, rispondevano prima di tutto allo scopo di giustificare la perdita di vite umane e rappresentano una preziosa testimonianza di un’avventura che certamente interessò e incuriosì i lettori del Cinquecento, contribuendo a diffondere informazioni significative sulle condizioni ambientali e climatiche, sulla geografia e sull’etnografia dei territori dell’Europa settentrionale (la tipologia delle abitazioni, l’abbigliamento, l’amore per l’igiene, la generosità e l’ospitalità degli abitanti, le attività concernenti la vita economica con particolare riguardo alla pratica della pesca del merluzzo e delle passere di mare).
Tornato a Venezia, Pietro Querini si dedicò alla carriera pubblica e l’8 ottobre 1438 venne eletto alle Rason Vecchie; un anno dopo, il 29 settembre, entrò a far parte del Senato, nel quale fu riconfermato nel 1446. Ancora nell’anno 1448 è indicato come membro del Senato, ma nel margine destro del registro del ‘Segretario delle voci’ compare l’annotazione della sua morte.
I norvegesi gli hanno sempre dimostrato la loro gratitudine, testimoniata dai numerosi scritti e studi che gli hanno dedicato, perché era stato il primo europeo a rivelare alla cultura occidentale che l’estremo Nord non era un oscuro «Culo mundi», come veniva concepito e definito (G. Alessio, Culomundi, 1964, p. 78), ma una terra abitata da uomini e donne uguali agli europei, se non addirittura migliori: questo può spiegare un’iscrizione a lui dedicata, inaugurata nel 1932 sull’isola di Sandøya, dove era sbarcato con i suoi compagni seicento anni prima.
Fonti e Bibl.: Viaggio e naufragio di Piero Quirino, gentiluomo viniziano, in G.B. Ramusio, Navigazioni e viaggi, a cura di M. Milanesi, IV, Torino 1983, pp. 47-77 (trad. norvegese in K. Fasting, Skip uten ror; frit etter P. Q. beretning om den ulykkelige ferden fra Kreta tilt Røst i Lofoten vinteren 1431, Bergen 1950); Naufragio del sopradetto messer Piero Quirino, descritto per Cristoforo Fioravante e Nicolò di Michiel, che vi si trovarono presenti, ibid., pp. 79-98 (vedi anche la versione di A. Vitturi datata 1480 pubblicata da C. Bullo, Il viaggio di M. Piero Querini e le relazioni della Repubblica Veneta colla Svezia, Venezia 1881, pp. 55-71). Di questi resoconti sono successivamente apparse diverse edizioni, riassunti, versioni e traduzioni in italiano, tedesco, inglese, francese, norvegese e svedese (De Anna, 1990, pp. 64 s. e 95 s., contributo cui si rimanda anche per ulteriori indicazioni bibliografiche, oltre quelle fornite in questa sede, su Querini e sul suo viaggio). Partendo da questi resoconti, F. Giliberto - G. Piovan, Alla larga da Venezia. L’incredibile viaggio di P. Q. oltre il circolo polare artico nel ’400, Venezia 2008, hanno elaborato una cronistoria romanzata di questa avventura, corredata da una cartina degli itinerari.
G. Pennesi, Viaggio del Magnifico Messer P. Q. gentilhuomo veneziano, in Bollettino della Società geografica italiana, XXII (1885), pp. 812-835; C.F. Duro, Viaje impensado á Noruega en el siglo XV, in Boletín de la Sociedad geográfica de Madrid, XXXI (1886), pp. 367-374; G. Storm, Venetianerne paa Røst i 1432, in Det Norske Geografiske. Selskabs Aarbog, VIII (1896-1897), p. 39; A. Bugge, Venetianerne i Lofoten i det 15. Aarhundred, in Kringsjaa, XXVIII, luglio-dicembre 1906, p. 33; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori. Studio bio-bibliografico, Roma 1929, pp. 26 s.; Navigatori veneti del Quattrocento e del Cinquecento (catalogo a cura della Biblioteca nazionale Marciana e dell’Archivio di Stato di Venezia), Venezia 1957, p. 59; G. Alessio, Culomundi, in Lingua nostra, XXV (1964), 3, p. 78; E. Salgari, Verso l’Artide con la Stella polare, Milano 1968, pp. 64 ss.; L. De Anna, Il viaggio settentrionale di P. Q. nella redazione ramusiana, in Miscellanea di Storia delle esplorazioni, XV (1990), pp. 57-102; P. Querini - N. De Michele - C. Fioravante, Il naufragio della Querina, a cura di P. Nelli (postfazione di C. Judde de Larivière), Venezia 2007.