PITATI, Pietro
PITATI, Pietro. – Nacque a Verona nel 1490 da Bernardino e da Cesaria da Castello in un’illustre, benché ormai decaduta, famiglia veronese.
I Pitati si trovano menzionati nelle cronache cittadine fin da quando alcuni loro esponenti vennero imprigionati da Ezzelino da Romano nel castello di Bassano (1240). Reinsediatisi in città alla caduta del tiranno, rimasero sotto gli Scaligeri tra le più cospicue famiglie locali; Antonio della Scala, ultimo signore di Verona, fu in effetti figlio naturale di Can Signorio e Taddea (o Margherita) Pitati. Nei rivolgimenti intercorsi tra il crollo della signoria Scaligera (1387) e l’inizio del dominio veneziano (1405), i Pitati persero gran parte delle proprie ricchezze e influenza, nonostante l’ascrizione di membri della famiglia tra i consigli cittadini a partire dal 1423.
Presto orfano di entrambi i genitori, sposò giovanissimo Mattea Tramarini ed ebbe la responsabilità di un fratello minore.
Pitati tentò la carriera delle armi al servizio della Serenissima, cadendo prigioniero delle truppe imperiali che occuparono Verona nel corso della guerra della Lega di Cambrai (1509). Fortemente interessato agli studi scientifici, ma senza la possibilità di frequentare un regolare corso di laurea a Padova, si accostò negli anni successivi al monaco benedettino Innocenzo da Novara con il quale approfondì lo studio di logica e matematica. Nel 1520 condusse a Roma osservazioni sulla data dell’equinozio di primavera assieme a Paolo di Middelburg, reiterandole nel 1535 e nel 1536 e pubblicando, negli anni successivi, i primi lavori astronomici e calendrici.
La crescente importanza della matematica nell’educazione nobiliare venne riconosciuta anche dalla più esclusiva accademia cittadina, quella musicale dei Filarmonici, che nel 1549 deliberò l’ascrizione come lettore di matematica e astronomia dell’ormai affermato Pitati (noto in accademia come Filuranio).
Il nome di Pitati rimane legato agli studi cronologici e calendrici. L’inadeguatezza del calendario giuliano e delle regole stabilite dal Concilio di Nicea per il calcolo delle feste mobili cristiane – Pasqua in primis – era notoria da almeno quattro secoli, ma le numerose proposte di riforma non avevano trovato sbocchi. Mentre il Concilio di Trento non si occupò direttamente della riforma del calendario, l’ultima sessione riconobbe l’ugenza della materia delegandone la cura al pontefice. Il problema della data della Pasqua era stato affrontato da Pitati già nella sua prima opera, i Paschales atque noviluviorum mensurni canones indirizzati a Paolo III (1537); poco dopo egli pervenne alla regola tuttora in uso per mantenere la data della Pasqua in prossimità dell’equinozio di primavera, che cadeva ormai il 10 marzo (anziché il 21 come presupposto dal Concilio di Nicea). Pitati propose di considerare bisestile solo un anno secolare ogni quattro, iniziando l’omissione con il 1600; il 1700 e il 1800 sarebbero stati anni normali, con il 1900 nuovamente bisestile. Inoltre, consigliò di sottrarre al calendario quattordici giorni in modo da riportare l’equinozio di primavera al 25 marzo, anniversario della passione di Cristo e data dell’equinozio nell’epoca di Giulio Cesare.
La proposta di Pitati venne stampata nel 1560 in un Compendium riedito nel 1564 e (sotto diverso titolo) nel 1568. Benché bocciata dal matematico Ludovico Ferrari, che la esaminò per conto del cardinale Enrico d’Este, la regola di Pitati venne ripresa con lievi modifiche dal medico calabrese Luigi Giglio; in particolare, per mantenere l’equinozio primaverile alla più tradizionale data del 21 marzo Giglio suggeriva di sottrarre al calendario solo dieci giorni. Approvato da una commissione pontificia nel 1578, il lavoro di Giglio costituì la base per l’istituzione del calendario gregoriano (1582). La provenienza della regola non viene menzionata né da Giglio né dal gesuita tedesco Christopher Clavius nella sua difesa della riforma gregoriana (1603), ma la critica moderna è concorde nell’assegnarne l’origine a Pitati.
Un interessante spiraglio su interessi complementari a quelli cronologici e calendrici viene da una collezione di trattati astronomici intolata Spherae Tractatus, pubblicata a Venezia per Giunti nel 1531, di cui Pitati acquistò una copia nel 1536. Attualmente conservato presso la Beinecke Library (Yale University), il volume postillato da Pitati comprende, tra gli altri, il commento alla Sfera di Sacrobosco di Prosdocimo dei Baldomandi e le classiche Theoricae Planetarum di Gerardo da Cremona, nonché quelle più recenti di Georg von Peuerbach e di Regiomontano (Johannes Müller da Königsberg). Non mancava la versione latina del Libro dell’Astronomia di Alpetragio (Abū Isḥāq Nūr ad-Dīn al-Biṭrūgī), recentemente composta dal filosofo ebraico Kalonymos Ben David, in cui si proponeva di sostituire epicicli e deferenti tolemaici con un universo ‘aristotelicamente corretto’ composto di sole sfere omocentriche.
Descritto come uomo di media statura, devoto cristiano e di vita integerrima, Pitati morì il 27 settembre 1567 nella sua villa di Belfiore lasciando vari allievi, ma nessun discendente.
Opere. Petri Pitati Veronensis […] Paschales atque noviluniorum mensurni canones, Venezia, Lucantonio Giunta, 1537; Almanach novum Petri Pitati Veronensis mathematici, superadditis annis quinque supra ultimas hactenus in lucem editas Ioannis Stoefleri Ephemerides 1551, ad futurum Christi annum 1556, Venezia, eredi Lucantonio Giunta, 1542 (rist. Tubinga, senza marca, 1544); Supplementum ephemeridum Petri Pitati Veronensis mathematici…, Venezia, Giunti, 1542; Almanach nouum Petri Pitati Veronensis mathematici. Ad annos vndecim incipiens ab anno Christi 1552 usque ad annum 1562, Venezia, presso i Giunti, 1552 (rist. Tübingen, apud Ulricum Morhardum, 1553); Compendium Petri Pitati Veronensis super annua solaris, atque lunaris anni quantitate, Paschalis item solemnitatis […] Ortu quoque et occasu stellarum fixarum, Verona, Paolo Ravagnani, 1560, 2a ed. Venezia, Domenico Nicolini, 1564, 3a ed. con il titolo Verae solaris atque lunaris anni quantitatis aliarumque rerum ad calendarii romani emendationem pertinentium, Basilea, Pietro Perna, 1568.
Fonti e Bibl.: La principale fonte biografica rimane B. Baldi, Vite inedite di matematici italiani scritte da Bernardino Baldi e pubblicate da Enrico Narducci (1590), in Bullettino di bibliografia e di storia delle scienze matematiche e fisiche, XIX (1886), sub voce. Vedasi anche l’edizione recentemente curata e annotata da E. Nenci, Milano 1998, pp. 489-494; un breve sunto era già apparso in B. Baldi, Cronica de matematici overo epitome dell’Istoria delle vite loro, Urbino 1707, pp. 133 s. Si vedano inoltre: S. Maffei, Verona illustrata, parte seconda. Contiene l’Istoria Letteraria, o sia La notizia degli scrittori veronesi, Verona 1731, p. 366; L. Tettoni - F. Saladini, Teatro araldico, Lodi 1847, sub voce; A. Cartolari, Famiglie già ascritte al nobile consiglio di Verona con alcune notizie intorno parecchie case di lei, I, Verona 1854, pp. 117, 212. Un elenco annotato delle opere di Pitati in P. Riccardi, Biblioteca matematica italiana dalla origine della stampa ai primi anni del secolo XIX, I, Modena 1870, pp. 285 s. Sull’attività di Pitati nell’Accademia Filarmonica, G. Turrini, L’Accademia Filarmonica di Verona dalla fondazione (maggio 1543) al 1600 e il suo patrimonio musicale antico, in Atti e Memorie della Accademia di agricoltura scienze e lettere di Verona, s. 5, XVIII (1941), pp. 63-72, con riproduzione dell’unico ritratto noto di Pitati (tav. IX). Su cronologia e calendario, J.D. North, The western calendar: ‘intolerabilis, horribilis, et derisibilis’; four centuries of discontent, in Gregorian reform of the calendar. Proceedings of the Vatican conference to commemorate its 400th anniversary, 1582-1982… 1982, a cura di G.V. Coyne - S.J.M.A. Hoskin - O. Pedersen, Roma 1983, pp. 75-113 (in partic. p. 101); N. Swerdlow, The length of the year in the original proposal for the gregorian calendar, in Journal for the history of astronomy, XVII (1986), pp. 109-118; E. Curi, P. P. (1490-1567) e il calendario, Verona 2012; C.P.E. Nothaft, Dating the Passion. The life of Jesus and the emergence of scientific chronology (200-1600), Leiden-Boston 2012, pp. 258 s.