PIETRO Piccolo da Monteforte
PIETRO Piccolo da Monteforte. – Nacque probabilmente a Monteforte Irpino tra il 1306 e il 1308.
Allievo di Bartolomeo da Capua (Grammatico, 1562, c. 163v), coltivò interessi grammaticali e retorici utili all’acquisizione delle abilità argomentative indispensabili sia nel foro, sia negli ambienti di corte e della diplomazia. Questa preparazione dominata dal trivio gli consentì di figurare tra i primi intellettuali del Regno che avvertirono la portata innovativa della Commedia dantesca (Billanovich, 1955, p. 17), come pure di aggirarsi con disinvoltura tra i classici dell’antichità. Pietro Piccolo appare perciò retore sottile. appassionato consultatore di glossari, scaltrito conoscitore dello stile (ibid., p. 44, n. 133).
A detta di uno dei suoi biografi (Giustiniani, 1788, p. 62), almeno dal 1345 fu insignito della carica di giudice della Gran Corte di Vicaria nonché di consiliarius, familiaris e fidelis della regina Giovanna I. In tale veste, il 26 febbraio del 1357, gli fu affidata l’incombenza di esaminare in grado d’appello la causa tra Niccola d’Avellino, figlio di Maria Alopo, e Gentile Fayella (Faraglia, 1889, p. 344 n. 1).
Negli anni 1346-47 figura tra i docenti di diritto civile dello Studio partenopeo (Monti, 1924, p. 83). Questa presenza non costituirebbe di per sé la prova di un suo particolare impegno scientifico e, ancor meno, didattico, visto l’uso di inserire, a titolo meramente onorifico, nei ruoli dei professori i nomi dei titolari degli uffici giudiziari e burocratici di vertice. Più certo è che l’ascrizione al collegio dei dottori, organo voluto da Giovanna I e da Luigi di Taranto all’indomani della loro incoronazione (Pentecoste del 1352), nel quadro di riforme amministrative pensate per restituire smalto alla compromessa immagine della monarchia, lascia intravedere la solida credibilità accademica attribuita a Pietro (Monti, 1937, p. 482).
Nel prestigioso consesso, dove spiccava in qualità di priore il maestro razionale della Magna Curia, Matteo da Porta di Salerno, i sovrani collocarono accanto a giuristi di punta, quali il viceprotonotaro e maestro razionale Sergio Donnorso, il rettore dello Studio generale Lorenzo Poderico, il giudice Napodano Sebastiani e Giovanni Seripando, anch’egli magistrato. Va osservato che i citati personaggi risultano, al pari dei loro meno celebri colleghi, insigniti del titolo professorale, e che una consolidata tradizione fa di Pietro Piccolo il maestro di Napodano Sebastiani, destinato a divenire il glossatore delle Consuetudini di Napoli (Grammatico, 1562, c. 142v).
Non solo magistrato e diplomatico, quanto piuttosto uomo poliedrico e introdotto nei più esclusivi ambienti dell’epoca, Pietro Piccolo mostra anche il volto di un aristocratico intellettuale capace di condividere i gusti umanistici che affiorano tra i più significativi cultori trecenteschi del diritto (Ascheri, 1977, pp. 43-73, ora con aggiornamenti in Id., 1991, pp. 105-116). Tuttavia, egli non fu sedotto dai profili antiquari del diritto romano al punto da sacrificare i propri obiettivi pratici. Perciò le sue opinioni lasciarono un’impronta nell’attività consulente, o comunque eminentemente operativa, di Luca da Penne ‒ il quale, sebbene ammiratore del giurista di Monteforte, non risulta a lui legato da significativi vincoli di amicizia (Wronowski, 1925, p. 12) ‒, di Aniello Arcamone e di Matteo d’Afflitto. Tutti questi autori lo citarono per illuminare fattispecie riguardanti per lo più il diritto longobardo, quello feudale e alcuni aspetti di diritto processuale. Affrontando il tema della testamentifazione attiva della donna meridionale, d’Afflitto precisa, fedele all’insegnamento di Pietro Piccolo e sulla scorta di quanto era stato tramandato da Arcamone, il ruolo svolto dal consenso del mundualdo nelle disposizioni di ultima volontà (d’Afflitto, 1788, dec. CCLX, 3, c. 202r).
In aggiunta ai commenti di Bartolomeo da Capua, realizzò verso il 1350, ossia pressoché in concomitanza con la lectura di Lallo di Toscana (Super sacris Constitutionibus, Venetiis 1554 e, in calce alla Glossa aurea, Venetiis 1556), delle additiones alle costituzioni federiciane e ai riti della Magna Curia della Vicaria. Altre sue additiones, secondo Lorenzo Giustiniani (1788), furono scritte per i Singularia di Andrea da Capua. Nel 1372 compose una Forma appretii in regno declarata, stampata a Napoli nel 1572. A una sua allegazione o consilium in materia successoria si allude nelle additiones al già citato commento di Sebastiani alle Consuetudini napoletane.
Pietro Piccolo lasciò un figlio di nome Andrillo o Nicola Andrillo, anch’egli giureconsulto (Capasso, 1869, p. 88). Scomparve attorno al 1384 e, stando alla testimonianza di Matteo d’Afflitto, ebbe sepoltura nella chiesa di S. Maria Donnaromita, nel sedile di Nido (d’Afflitto, 1788, c. 202r).
Testimonia la sua fama di alto funzionario del regno angioino un’autorevole tradizione che, partendo da Luca da Penne, passa per gli scritti di Aniello Arcamone, di Tommaso Grammatico, di Matteo d’Afflitto, e che, dopo il profilo dell’eclettico Bartolomeo Chioccarelli (1780, p. 76), si stabilizza nelle stringate schede biobibliografiche di Lorenzo Giustiniani (1788, p. 62) e di Camillo Minieri Riccio (1844, p. 271). Nell’Ottocento attirò l’attenzione di Bartolomeo Capasso (1869, p. 87) ed ebbe uno spazio negli studi storico-letterari di Faraglia (1889, pp. 343-346, poi in Id., 1893, pp. 101-149). A Giuseppe Billanovich (1955, pp. 1-76) si deve la ricostruzione dei rapporti che intercorsero tra Pietro Piccolo da un lato e Petrarca e Boccaccio dall’altro.
Fonti e Bibl.: T. Grammatico, In constitutionibus, capitulis et pragmaticis Regni Neapolitani et ritibus Magnae Curiae Vicariae additiones et apostillae, Venetiis 1562, cc. 142v, 163v. Luca da Penne, Commentaria in tres posteriores libros Codicis Iustiniani, Lugduni 1582. pp. 134a, 217b, 420b-421a, 938b; M. d’Afflitto, Super tres feudorum libros Commentaria, Francofurti 1598, pp. 592-594; Constitutionum Regni Siciliarum libri III. Cum commentariis veterum iurisconsultorum, Neapoli 1773. pp. 166a. 170b, 204b; B. Chioccarelli, De illustribus scriptoribus qui in civitate et regno Neapolis... floruerunt, I, Neapoli 1780, p. 76; M. d’Afflitto, Decisiones Sacri Regii Consilii Neapolitani, Venetiis 1788, c. 202r; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, III, Napoli 1788, p. 62; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 271; B. Capasso, Sulla storia esterna delle costituzioni del regno di Sicilia promulgate da Federico II, Napoli 1869, pp. 87 s., 94-96, 102, 106, 118 s.; A. Hortis, Studi sulle opere latine del Boccaccio, Trieste 1879, pp. 347 s.; M. Camera, Elucubrazioni storico-diplomatiche su Giovanna I di Napoli e Carlo III di Durazzo, Salerno 1889; N.F. Faraglia, Barbato da Sulmona e gli uomini di lettere della corte di Roberto d’Angiò, in Archivio storico italiano, ser. 5, III (1889), pp. 343-346, 353-357 (poi in Id., I miei studi storici delle cose abruzzesi, Lanciano 1893, in partic. pp. 101-149, 154-157); M. Vattasso, Del Petrarca e di alcuni suoi amici, Roma 1904, pp. 32 s.; A. Miola, Catalogo topografico-descrittivo dei manoscritti della R. Biblioteca Brancacciana, I, Napoli 1918, p. 74; G.M. Monti, L’età angioina, in F. Torraca et al., Storia dell’Università di Napoli, Napoli 1924, pp. 25, 83; R. Pescione, Corti di giustizia nell’Italia meridionale. Dal periodo normanno all’età moderna, Milano-Napoli 1924, p. 37; M.M. Wronowski, Luca da Penne e l’opera sua, Pisa 1925, pp. 12, 79; G.M. Monti, Il collegio napoletano dei dottori in diritto sotto Giovanna I, in Id., Nuovi studi angioini, Trani 1937, p. 482; G. Billanovich, Petrarca letterato, I, Lo scrittoio del Petrarca, Roma 1947, pp. 286 s.; Id., P. P. da M. tra il Petrarca e il Boccaccio, in Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di Bruno Nardi, Firenze 1955, pp. 1-76; G. Boccaccio, Epistole, in Opere in versi. Corbaccio. Trattatello in laude di Dante. Prose latine. Epistole, a cura di P.G. Ricci. Milano-Napoli 1965, pp. 1212-1230; Id., Espo-sizione sopra la Commedia di Dante, a cura di G. Padoan, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a cura di V. Branca, VI, Milano 1965, pp. 33-43; M. Ascheri, Giuristi, umanisti e istituzioni del Tre-Quattrocento: qualche problema, in Annali dell’Istituto Storico Italo-Germanico in Trento, III (1977), pp. 43-73 (ora con aggiornamenti in Id., Diritto medievale e moderno. Problemi del processo, della cultura e delle fonti giuridiche, Rimini 1991, pp. 105-116); U. Dotti, Vita di Petrarca, Roma-Bari 1992, p. 246; E. Cortese, Il diritto nella storia medievale, II, Roma 1995, p. 383; D. Maffei, Manoscritti giuridici napoletani del Collegio di Spagna e loro vicende fra Quattro e Cinquecento, in Id., Studi di Storia delle Università e della letteratura giuridica, Goldbach 1995, p. 327 n. 6; E. Cortese, Le grandi linee della storia giuridica medievale, Roma 2000, p. 363; A. Labardi, P. P. da M., in Enciclopedia fridericiana, II, Roma 2005, pp. 515-519; E. Cortese, P. P. da M., in Dizionario biografico dei giuristi italiani, II, Bologna 2013, pp. 1582 s.