PETRONI, Pietro
PETRONI, Pietro. – Nacque a Siena, sembra nel 1311, da monna Agnese, o Nese, dei Malavolti e da Guglielmaccio di Pietro d’Acorridore.
Il gruppo familiare – legato allo stesso lignaggio cui apparteneva Riccardo di Pietro di Dietisalvi, giurista, cardinale e vicecancelliere della chiesa romana, scomparso al principio del 1314 – si imponeva nella società cittadina del tempo come uno dei più cospicui per patrimonio e potenza. Lo testimonia efficacemente la Tavola delle Possessioni del 1318, che censisce per il gruppo dei filii Petronis, formato dal padre di Petroni con i suoi fratelli, Giovanni e Caterino, un patrimonio complessivo di oltre 50.000 lire senesi, impreziosito dal controllo di fortezze nel contado e di ricche case nella lira di Pantaneto in città, nell’area in cui andava allora sorgendo il palazzo di famiglia e dove, molto probabilmente, nacque lo stesso Pietro.
Le vicende della sua vita – che sarebbero state scritte in volgare, poco dopo la sua morte, da Giovanni Colombini e Niccolò Vincenti – ci sono note essenzialmente attraverso la Vita latina composta e data alle stampe nel 1619 dal certosino Bartolomeo Scala, che l’autore presenta come riscrittura latina del testo trecentesco, al tempo posseduto da Attilio Beringhieri. Sull’attendibilità della vita seicentesca, ripresa e ristampata dai Bollandisti, e sul suo reale rapporto con il perduto testo volgare trecentesco, si è a più riprese discusso, con giudizi divergenti. Identici nella sostanza a quelli espressi nel testo latino di Bartolomeo Scala sono poi i dati biografici e gli episodi sunteggiati in un breve compendio volgare della Vita composto dallo stesso autore che l’inviò nel luglio del 1619 ad Adriano Politi, testo pubblicato nel 1950 da V. Petroni e ancora nel 2008 da Leoncini (che ignora, tuttavia, la precedente edizione).
Stando dunque alle fonti seicentesche Petroni, dopo un’infanzia segnata da precoci doni soprannaturali, si sarebbe dedicato alla preghiera e alla cura degli infermi, frequentando in particolare l’ospedale suburbano di San Lazzaro, e ascrivendosi, ancora quindicenne, alla Compagnia della Vergine sotto le volte dell’Ospedale della Scala, allora soltanto avviata a divenire il principale reticolo confraternale cittadino e il crocevia di quasi tutte le esperienze di impegno religioso nella Siena trecentesca. È proprio alla luce di questo più tardivo successo che l’autore seicentesco celebra l’appartenenza di Petroni al sodalizio, presentandolo come emulo e a sua volta modello di una nutrita serie di santi e personaggi esemplari che egli dice tutti ascritti alla Compagnia. Ben presto, comunque, Petroni avrebbe maturato la scelta definitiva che lo portò a entrare nella certosa di Maggiano, edificata solo pochi anni prima per volontà testamentaria del cardinal Riccardo, suo congiunto. Qui fu benevolmente ricevuto, sebbene solo diciottenne, probabilmente nel 1329, ed emise la sua professione solenne (come attestava un documento contenente la formula professionis conservato un tempo tra le reliquie della chiesa di Maggiano) nelle mani del priore Galgano Vanni, prima che questi venisse trasferito, nel 1333, alla certosa di Parma. Ordinato diacono, si sarebbe a più riprese rifiutato di accedere al sacerdozio; e quando vi fu costretto dal volere di Francesco di Tura Montanini, divenuto nel 1336 superiore della casa, preferì amputarsi l’indice della mano destra, rendendosi inabile all’ordinazione e dunque ai compiti di governo nell’ordine. Rimase perciò fino alla morte semplice monaco, con funzioni di infermiere.
La sua fama spiritualis, e le sue doti di consigliere e direttore d’anime dovettero attirare a Maggiano non pochi concittadini, tanto da renderlo il fulcro di uno dei principali circoli devoti della Siena del tempo e, forse, elemento di collegamento tra questi. Certa pare essere la familiarità e l’influenza esercitata da ‘don Pietro’ sul gruppo dei poveri di Cristo, guidati da Giovanni Colombini e da Francesco di Mino Vincenti. L’intimità che sia il fratello di quest’ultimo, Niccolò, sia il Colombini stesso – additati come autori della perduta Vita trecentesca – e più in generale il gruppo dei primi gesuati ebbero con Petroni sarebbe alla base, secondo Isabella Gagliardi (2004, pp. 109 s.), della conoscenza da parte di questi ultimi di alcuni dicta di Bernardo di Chiaravalle sull’umiltà, in seguito passati nei volgarizzamenti gesuati e che avrebbero motivato il loro netto rifiuto degli ordini sacri. Più in generale il magistero del certosino è stato evocato, nella ricostruzione della memoria gesuata, come elemento cui ricondurre il prevalere dell’istanza evangelica su quella teologica quale tratto saliente dell’esperienza di Colombini.
La fonte agiografica sottolinea a più riprese i doni di profezia di cui Petroni sarebbe stato dotato: notissima in proposito è una vicenda legata appunto alle rivelazioni che egli avrebbe ricevuto nei giorni immediatamente precedenti la sua morte (1361). Presago della sua fine, Petroni avrebbe in particolare confidato al discepolo Gioacchino Ciani, e per suo tramite a Colombini, i segreti del presente e del futuro che gli si erano palesati nella contemplazione del Cristo, e avrebbe comandato a Gioacchino di recare a molti principi, prelati e noti personaggi del tempo suoi messaggi e ammonimenti, avvalorati dalla rivelazione dei loro più intimi segreti. Tra questi personaggi erano contemplati anche Giovanni Boccaccio e Francesco Petrarca. Che tale ammonimento giungesse effettivamente, per questo tramite, al certaldese sta a testimoniarlo anche la nota lettera di Petrarca (Seniles I 5, comunemente datata al maggio 1362) in risposta a quella – perduta – con cui Boccaccio, scosso dall’avvenimento, chiedeva il suo consiglio. Dalla lettera si deduce che effettivamente qualcuno, a nome di «un cotal Pietro nativo di Siena, religioso di gran nome e famoso ancora per miracoli operati» da poco scomparso, aveva recato a Boccaccio la profezia della morte incombente e l’invito a rinunciare allo studio della poesia profana, e si proponeva di raggiungere anche Petrarca con un simile incarico. L’episodio, citatissimo in quasi tutti le storie letterarie, è stato regolarmente chiamato in causa dagli studi sull’ultima fase della produzione del certaldese. Sempre le fonti agiografiche richiamano l’insorgere, alla vigilia della morte di Petroni, di controversie tra la Certosa e i discepoli per la futura custodia del suo corpo, la sepoltura nel cimitero monastico, la constatazione della mancata corruzione del cadavere in occasione della sua riesumazione sessant’anni più tardi quando, alla presenza di san Bernardino, il corpo avrebbe sanguinato, la definitiva sepoltura in un luogo tenuto segreto e l’ordine, impartito al defunto in virtù d’obbedienza, di non più operare miracoli, così da preservare la quiete monastica.
Pietro Petroni morì il 29 maggio 1361.
Dopo la (ri)scrittura della Vita nel primo Seicento, la fortuna agiografica di Petroni continuò nel Settecento con volgarizzamenti e nuovi testi, in prosa e in rima, per approdare infine a una diversa riscoperta, agli albori del Novecento, nell’opera di Piero Misciattelli.
Fonti e bibl.: Siena, Archivio di Stato, Conventi 1938; [Bartolomeo Scala], Vita beati Petri Petroni Senensis Cartusiani: auctore D. Bartholomaeo Senensis Cartusiæ Florentinæ monacho, Senis apud hæredes Lucæ Bonetti, 1619; Intronatorum Academiae Fasti Senenses altera editio auctior et autographi fidem emendata, apud Bonettos typis Publici, Siena 1669, pp. 293-297; C.G. Morozzo,Theatrum chronologicum sacri Cartusiensis Ordinis lectori exhibens..., apud Ioannem Sinibaldum, Torino 1681, p. 171; AASS, Maii VII, Antwerp 1688, pp. 138-232; Vita del b. Pietro Petroni senese monaco cartusiano descritta da Tommaso Simoncelli, Venezia 1702; [G. Bandini], Compendium prodigiosae vitae B. Petri Petroni senensis Cartusiae Maggiani monaci universis cartusianis patribus dicatum, espensis Antonii Bassanesii typographi Veneti, Venezia 1761; [Id.], Vita del beato Pietro Petroni sanese monaco del sacro ordine cartusiano esposta in rime dal Dinbani P.A., appresso Pietro Savioni, Venezia 1762; B. Tromby, Storia critico-cronologica diplomatica del patriarca S. Brunone e del suo ordine Cartusiano, VI, presso Vincenzo Orsino, Napoli 1777, pp. 286-294, CXXVII-XXXII; G. Traversari, il beato P. P. senese e la conversione del Boccaccio, in Rassegna pugliese, XXII (1905); J. Baudot - P. Chaussin, Vies des saints et des bienheureux selon l’ordre du calendrier, Parigi 1935-59, V, 1947, p. 574; V. Petroni, Un documento inedito sul beato Petrone Petroni certosino, contributo alla storia del misticismo senese, in Bullettino senese di storia patria, s. 3, VIII (1949), pp. 130-143; Butler’s lives of the saints, a cura di H. Turston - D. Attwater, Londra 1956, II, p. 412-422; N. Del Re, P. P., beato, in Bibliotheca Sanctorum, Roma 1968, X, coll. 511-513; I. Gagliardi, I Pauperes Yesuati tra esperienze religiose e conflitti istituzionali, Roma 2004, pp. 14, 20, 26, 70, 107-110, 119, 138, 162, 232, 355, 384; G. Leoncini, Una breve e inedita Vita del beato Pietro Petroni, certosino senese del Trecento, in Liber amicorum James Hogg, ed. M. Niederkorn-Bruck, Salzburg 2007, III, pp. 59-98 [Analecta cartusiana, 210-3].