PERSICHINI, Pietro
PERSICHINI, Pietro. – Nacque a Roma nel 1755 nei pressi della chiesa di S. Maria in Macello Martyrum, primogenito di Giovanni Battista e di Anna.
Fu battezzato nella parrocchia di S. Francesco di Paola ai Monti probabilmente il 6 gennaio, stesso giorno della nascita: solo in questa data infatti i registri dell’anno, corrosi e laceri al punto da non potervi decifrare i cognomi, annotano il battesimo d’un neonato (Pietro Gaspare Melchiorre Baldassare) i cui genitori rechino i nomi di quelli di Persichini. Il vero cognome del padre, cantante buffo e organista nella basilica di S. Maria Maggiore, era Floriani Persi, mutato in Persichini per la bassa statura. Fu lui a iniziare i figli maggiori, Pietro e Filippo, alla pratica del clavicembalo (non si hanno notizie circa le due sorelle e il fratello minori). Gli studi musicali di Pietro furono integrati da lezioni di basso continuo e contrappunto con «i più chiari maestri di Roma» (Rossi, 1854, p. 7).
Nel 1770, quindicenne, Persichini sedeva all’organo della basilica dei Ss. Giovanni e Paolo; nei cinque anni successivi passò a S. Antonio de’ Portoghesi e alla Maddalena. Nel 1775 era organista in S. Marcello al Corso: per il giubileo venne incaricato di dirigere la musica per la processione del Crocifisso a S. Pietro in Vaticano. In quegli anni compose una Salve Regina a quattro concertata con strumenti che lo fece emergere nell’ambiente musicale romano. Nell’autunno 1777 nel teatro della Pallacorda di Roma venne dato un suo Farnace (su un vecchio e fortunato libretto di Antonio Maria Lucchini). Per il teatro di Tordinona compose poi gli intermezzi Il finto pittore (gennaio 1778) e La finta Minerva (31 gennaio 1779).
Nel 1780 Persichini lasciò Roma per Varsavia, invitato dal conte Ignacy Potocki, che lo volle per maestro di canto della consorte, Elżbieta Lubomirska. Fu apprezzato nell’ambiente aristocratico: dopo sei mesi fu chiamato a corte dal re Stanislao II Poniatowski. Persichini fu compositore di corte, direttore dei concerti reali, assistente alle prove dei cantanti nel teatro italiano e si esibì come cantante sia in concerti privati sia al teatro Nazionale. Tra il 1785 e il 1787 fu maestro di cappella accanto al pesarese Gioacchino Albertini. Per il teatro Nazionale compose Ero e Leandro (1782), L’impresario (1785), Il principe Kołowakandij (1786), Andromeda (1790), oltre al balletto L’incoronazione di Roxelana (1786) e la musica per alcune pantomime. Partecipò alla composizione di pasticci come Zazdrośnik z biedy wyprowadzony, czyli sługa pani zamężna (Il geloso salvato dalla miseria, ossia La serva padrona; 1785), compose le musiche di scena per le commedie di parola Dzień pusty, albo Wesele Figara (La folle giornata, ovvero Le nozze di Figaro, nella traduzione polacca del testo francese; 1786) e Soliman II (1787). Secondo l’Indice de’ teatrali spettacoli (Un almanacco drammatico…, 1996, p. 988), nella primavera del 1791 sarebbero andate in scena Le nozze di Figaro con «musica nuova del maestro Persichini» (nell’inverno 1789-90 a Varsavia l’opera era stata data con la musica di Mozart, cfr. Un almanacco drammatico…, 1996, p. 848; a Montecassino si conserva manoscritta, sotto il nome di Persichini, la cavatina della Contessa, Porgi, amor, qualche ristoro).
In Polonia Persichini si dedicò anche alla musica sacra: messe, inni, salmi e Te Deum per occasioni celebrative. Gli onorari erano tali da permettergli di mandarne mensilmente al padre una quota e di accumulare un piccolo capitale. Altri introiti derivavano dall’impiego presso la reale École de chant (18 ducati mensili tra il 1789 e il 1791) e dalle lezioni di musica impartite a dame dell’aristocrazia varsaviana: a loro intenzione compose arie e canzonette in francese.
Persichini sposò nel 1782 Cristina, figlia del segretario dell’Elettore di Sassonia, sua allieva di cembalo. La chiese in sposa dopo averla trovata in lacrime per la notizia del richiamo del padre a Dresda; grazie ai buoni uffici del nunzio apostolico Giovanni Andrea Archetti ottenne i permessi necessari per unirsi in matrimonio con la giovane, luterana.
Nel 1792 Persichini rientrò in Italia, forte di un patrimonio che gli avrebbe permesso un’esistenza agiata; ma nel fallimento della banca di Piotr Fergusson Tepper ci rimise 7000 ducati (cfr. Rossi, 1854, p. 13). Di nuovo a Roma, dopo un breve soggiorno a Napoli presso il conte Ivan Grigor’evič Černyšëv, tornò alle scene con la cantata Eloisa e Abelardo (teatro delle Dame, 1792), alcune opere buffe e il Tullo Ostilio (teatro Argentina, carnevale 1797, dramma per musica di Francesco Ballani).
L’occupazione francese dello Stato pontificio e la creazione della Repubblica romana nel febbraio 1798 determinarono per Persichini sconvolgimenti sia personali sia professionali. Invaghitasi di un ufficiale francese, la moglie fuggì con ori e masserizie varie; infruttuose le ricerche avviate dal consorte, che soltanto anni dopo seppe che la donna era nel frattempo deceduta. Con l’espulsione dei napoleonici da Roma ad opera dell’esercito napoletano nell’autunno 1799, Persichini rischiò il carcere per aver composto un inno patriottico in occasione del giuramento trionfale di consoli e tribuni alla Repubblica (Piazza S. Pietro, 29 marzo 1798). L’intervento di monsignor Paolo Benzi gli risparmiò la pena, e nel 1801 fu decorato con la Croce dello Speron d’oro e insignito del titolo di cavaliere. Lo stesso anno sposò in seconde nozze il contralto Clementina Fontana e ne seguì la carriera nei teatri di Firenze, Modena, Verona, Brescia, Torino, Venezia, risiedendo dapprima a Bologna, indi a Milano, città in quegli anni amministrate da governi filofrancesi.
Nell’aprile 1814 Persichini seguì in Baviera l’ex viceré del Regno d’Italia Eugenio di Beauharnais e la consorte, la principessa Augusta di Baviera. A Monaco il sovrano bavarese Massimiliano I lo nominò maestro dei paggi di corte, impiego cui il compositore affiancò lezioni di musica presso l’aristocrazia cittadina, nonché incontri frequenti col principe Carlo Teodoro, il quale amava duettare col maestro. Compose per i suoi nuovi allievi romanze e canzonette, oltre a diversi cicli di sonate da tasto, con e senza archi. La fama di Persichini come didatta del canto fu amplificata dalla pubblicazione dei suoi Anfangs-Gründe des Gesanges (Monaco di Baviera 1815), solfeggi per soprano dedicati alla regina Carolina, seconda moglie di Massimiliano. Il volume, contenente esercizi «belli, variati e ben acconci al progresso degli scolari nel superare le più ardue difficoltà, e nel modulare e piegare agilmente la voce ad ogni verso con graziose appoggiature» (Rossi, 1854, p. 20), godette di discreta diffusione. Nel 1820 Persichini fu chiamato dalla granduchessa Stéphanie de Beauharnais a Mannheim come maestro di canto nei due istituti d’istruzione femminile da lei fondati; lasciò il Granducato del Baden quattro anni più tardi. Invitato a passare per Francoforte sul Meno, vi si stabilì per qualche tempo, come maestro di musica presso le élites della città.
Negli anni trascorsi in Germania ricevette dall’Italia commissioni (il Dies Irae composto a Mannheim per Milano nel 1823, e un certo numero di pezzi d’opera sostitutivi per il castrato Giambattista Velluti e altri cantanti). Nel 1828 le insistenze della moglie lo riportarono a Bologna, dove passò alcuni anni sorretto dalla munificenza dei cardinali Giuseppe Andrea Albani, commissario straordinario di Gregorio XVI, e Giacomo Luigi Brignole, che gli fece assegnare un sussidio; nel 1834 tornò infine a Roma presso il nipote Raffaele.
Morì di colera l’8 settembre 1837 e fu seppellito in una fossa comune nel cimitero del Verano.
Nel centenario della nascita, monsignor Stefano Rossi pubblicò a Roma una notizia biografica, la principale fonte sulla vita di Persichini, per quanto inficiata da evidenti inesattezze di datazione.
Della produzione di Persichini sono rimasti manoscritti di diversi numeri d’opera, arie e duetti profani, alcuni brani di musica sacra, sinfonie e composizioni per tastiera, oltre al trattato di canto, dato alle stampe. I nuclei più importanti sono a Roma, presso la Biblioteca Casanatense e presso la Biblioteca del Conservatorio.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio Storico Diocesano, Parrocchia di S. Francesco di Paola sull’Esquilino, Registro delle nascite, anno 1755, c. 271; C. Gervasoni, Nuova teoria di musica ricavata dall’odierna pratica, Parma 1812, p. 230.
S. Rossi, Della vita del Cav. P. P., Roma 1854; L. Bernacki, Teatr, dramat i muzyka za Stanisława Augusta (Teatro, dramma e musica per Stanislao Augusto), Lwów 1925, 2 voll., ad ind.; F. Stieger, Opernlexikon, II, Komponisten, 3, Tutzing 1978, p. 842; Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti. Le biografie, V, Torino 1989, p. 654; W. Sandelewski, P. P. (1755-1837), maestro di cappella di S.M. il re di Polonia e Granduca di Lituania, in Quadrivium, n.s., I (1990), pp. 133-143; S. Franchi, Le impressioni sceniche, Roma 1994, pp. 614, 627 s., 637, 641; A. Żórawska-Witkowska, Muzyka na dworze i w teatrze Stanisława Augusta (La musica alla corte e nel teatro di Stanislao Augusto), Warszawa 1995, pp. 66, 108, 159, 164, 207 s., 227, 233, 240, 250, 257, 330; Un almanacco drammatico: l’Indice de’ teatrali spettacoli, 1764-1823, a cura di R. Verti, Pesaro 1996, pp. 848, 988; A. Żórawska-Witkowska, Influssi italiani sulla musica polacca nel Classicismo: l’esempio del melodramma varsaviano, in Glazbene kulture na Jadranu u razdoblju klasicizma (Cultura musicale nell'Adriatico nel periodo del classicismo), a cura di V. Katalinić - S. Tuksar, Zagreb 2004, p. 179.