TROMPEO, Pietro Paolo
– Nacque a Roma il 2 dicembre 1886 da Eugenio, assessore al Comune di Roma, e da Sofia Salviati. La famiglia era di origini piemontesi.
Si diplomò al liceo classico Ennio Quirino Visconti di Roma e si laureò in lettere presso l’Università La Sapienza.
Durante i primi anni universitari sviluppò un forte entusiasmo per la filologia classica e le letterature neolatine. Ma il suo indirizzo di studi si precisò soprattutto grazie all’incontro con Cesare De Lollis, che insieme a Giulio Salvadori, critico e poeta convertitosi al cattolicesimo, esercitò su di lui una profonda e duratura influenza.
A De Lollis, divenuto nel frattempo suo maestro, Trompeo propose nel 1912 una tesi di laurea su Stendhal e il romanticismo lombardo, rinunciando di fatto a un precedente progetto sulle Georgiche; furono queste prime ricerche a indirizzarlo verso lo studio della letteratura francese.
Per Trompeo Stendhal rappresentò un incontro felice. Figura chiave all’interno del suo lungo itinerario intellettuale, Trompeo vi sarebbe tornato più volte negli anni, in una specie di dialogo ininterrotto che, peraltro, avrebbe consentito al francesista di conciliarsi con il ‘romanista’, dal momento che l’amore per l’autore delle Promenades dans Rome si alimentava neanche troppo segretamente dell’amore per Roma. Trompeo nutrì nei confronti di Stendhal un’affinità che in parte derivava anche dallo stesso modo di intendere la propria vocazione letteraria, come un piacere da coltivare per sé stessi, che investe di leggerezza l’atto dello scrivere; del resto, riferendosi alla letteratura, proprio Trompeo scrisse: «una bella e buona cosa che la Provvidenza ci ha dato, come dice il poeta, ‘a raddolcir la vita’» (La pantofola di vetro, Napoli 1952, p. I), parole che, d’altro canto, sottintendono il forte afflato morale che il critico riteneva consustanziale al lavoro artistico.
Dall’interesse sempre crescente per Stendhal scaturirono in questo periodo il soggiorno a Grenoble e numerosi ‘pellegrinaggi’ in Italia alla ricerca dei luoghi stendhaliani. Questa prima fase del suo lavoro su Stendhal culminò nel volume Nell’Italia romantica sulle orme di Stendhal (Roma 1924), che raccoglieva tutti i suoi studi più recenti, corredati da diverse illustrazioni.
È la natura appassionata di Stendhal a innescare l’entusiasmo del critico (non a caso, il titolo di uno dei suoi ultimi saggi è La perenne gioventù di Stendhal), che pure a volte si riserva il diritto di bacchettare il suo autore, riconoscendogli un difetto di ragione. Nei saggi raccolti nell’Italia romantica Trompeo tendeva a non sovrastimare le idee politiche di Stendhal, o la sua cultura libresca, che giudicava confusa e abborracciata; in lui vedeva non un ideologo incline al culto della ragione, né un lungimirante analista della Storia, ma uno spirito impenitente che riusciva a inebriarsi e inebriare, capace di aderire fino in fondo ai suoi stessi sogni, e che per mezzo di un’immaginazione potente aveva saputo rielaborare e trasfigurare idee altrui, letture, documenti, infondendo nuova vita a tutto ciò che veniva sfiorato dalla sua fuggevole attenzione. Trompeo restituiva così, con impareggiabile attenzione ai dettagli, l’Italia stendhaliana, mostrando una predilezione – come del resto lo Stendhal touriste che tanto amava – per i fatti di cronaca e l’atmosfera locale.
Dal 1922 al 1957 Trompeo fu docente di letteratura francese all’Università La Sapienza. Fu membro del Gruppo dei Romanisti e condirettore della Cultura dal 1930 al 1933. Nel 1930 uscì Rilegature gianseniste (Milano-Roma), il suo tributo al secolo classico, il Seicento, che Trompeo analizzò soprattutto nelle figure di Blaise Pascal e Jean Racine, anime tormentate di fronte all’enormità della fede, di cui cercò di penetrare il mistero (Il sigillo di Pascal, Racine controluce). Del movimento di Port-Royal Trompeo accolse solo quanto sentiva conforme alla sua natura di credente, e cioè la rettitudine e l’altezza morale, la ricerca della verità in sé stessi.
In Rilegature gianseniste l’ascetica morale giansenista viene letta per l’appunto nella prospettiva di un cattolicesimo più prossimo al critico (in Manzoni martirizzato Trompeo si concesse un’aperta professione di fede cattolica, chiarendo di non essere né un giansenista né un filogiansenista); qui si indagano anche i controversi rapporti tra i solitari di Port-Royal e Alessandro Manzoni (Col Manzoni, tra Virgilio e Racine; Col Manzoni tra Monza e Port-Royal), che Trompeo sentiva vicino e che spesso sarebbe tornato a illuminare i suoi scritti. In particolar modo, sulla prospettiva di un Manzoni giansenista, Trompeo si dimostrò fortemente scettico, pur non disconoscendo le influenze che la dottrina di Port-Royal ebbe sull’autore dei Promessi sposi.
Al 1942 risale la sua prefazione all’edizione italiana di La badessa di Castro (Torino), di cui curò anche la traduzione. Il lettore vagabondo (Roma) uscì nello stesso anno e fu uno dei suoi libri più noti e di maggior successo. Vi troviamo saggi su Nicolas Boileau (Boileau calunniato), Alfred de Musset (Alfred de Musset à l’ombre des jeunes filles en fleurs), Charles Baudelaire (Da Virgilio a Baudelaire, che include un’analisi de Le Cygne) e sull’Académie française.
Nel 1943 pubblicò il volume Carducci e D’Annunzio (Roma), che accolse, tra gli altri, i saggi Carducci e Baudelaire, nel quale si faceva riferimento in special modo al fascino che il poeta francese esercitò su Giosue Carducci, e Un incontro a Monterosi, dove venivano analizzate le molte corrispondenze tra Le rouge et le noir di Stendhal e i romanzi dannunziani Giovanni Episcopo e Le vergini delle rocce.
Se il secolo dei lumi non conquistò mai la sua simpatia, eccezion fatta per alcuni scritti su Voltaire, larga parte nella sua ricerca e nei suoi interessi ebbe l’Ottocento.
Negli anni Quaranta scrisse tre libri dedicati a Roma, città in cui si sentiva fortemente radicato e che aveva più volte celebrato nei suoi saggi: Piazza Margana (Roma 1942), La scala del Sole (Roma 1945), Il tempo ritrovato (Roma 1947).
In Piazza Margana Trompeo convocò sulla scena la città della sua infanzia e adolescenza; ma il motivo autobiografico diventa il terreno su cui far germinare il racconto di poeti e artisti che attraversarono, in momenti diversi, le vie e la storia di Roma: Johann Wolfgang Goethe, Stendhal, François-René de Chateaubriand, Gabriele D’Annunzio. Nel successivo La scala del Sole, rievocazione della Roma settecentesca e ottocentesca, prevalgono le ricostruzioni di ambiente e l’attenzione per la topografia e la toponomastica di una città che non esiste più. Il tempo ritrovato fa riferimento soprattutto alla situazione politica di Roma e dell’Italia dopo la Liberazione.
Nel 1945 curò la prefazione all’edizione italiana dell’Amour (Roma, riedita alcuni anni dopo, Milano 1952), tradotta da Massimo Bontempelli.
Indagando l’infelice vicenda sentimentale tra Stendhal e Matilde Dembowski, che appunto aveva ispirato all’autore quelle pagine, Trompeo chiarì che il saggio in questione era da considerarsi non un trattato scientifico di ispirazione settecentesca, ma un grande romanzo d’amore che rivelava una volta di più come Stendhal non fu mai «un vecchio congelato», e che il cuore «fu in lui, fino all’ultimo giorno, un organo vivo» (De l’Amour, cit., p. XII).
Qui Trompeo tornò a ribadire, seppure indirettamente, il proprio disinteresse per categorie e sottocategorie (classicismo, romanticismo, naturalismo, decadentismo), nonché la diffidenza riguardo a ogni approccio interpretativo schematico (come l’ipoteca storico-politica che molta critica faceva gravare su Stendhal, con il rischio di veder offuscato il guizzo più autentico e vitale della sua vicenda umana e intellettuale), incapace di cogliere l’esperienza profonda di uno scrittore.
Come saggista e critico Trompeo perseguì la sua vocazione di ritrattista sulla scia dell’amato Charles-Augustine de Sainte-Beuve, prediligendo il ritratto morale.
Negli anni tra il 1948 al 1949 fu direttore della Fiera letteraria. Nel 1948 fu nominato cavaliere della Légion d’honneur. Collaborò con vari quotidiani: Il Messaggero, L’Osservatore romano, La Stampa e il Corriere della sera.
Nel 1952 uscì il citato volume La pantofola di vetro, nel quale, accanto a saggi brevi su Virgilio e Jean de La Fontaine, su Madame de Staël e Honoré de Balzac, si trovano scritti su autori contemporanei e argomenti di attualità. Sempre nel 1952 Trompeo fu chiamato a fare parte dell’Accademia dei Lincei. Nel 1958 l’Università di Grenoble gli conferì la laurea honoris causa.
Morì a Roma il 7 giugno 1958.
Pochi giorni dopo la sua morte, vennero pubblicati Vecchie e nuove rilegature gianseniste (Napoli 1958) e Via Cupa (Bologna 1958).
Pervaso dalla malinconia di chi si trova a rievocare gli affetti scomparsi, Via Cupa è una riflessione sul tempo che ci siamo lasciati alle spalle e su quello ancora a disposizione, sulla vita e sulla morte; sullo sfondo di uno dei saggi più belli del volume, Meditazione invernale, vibra il ricordo di Marcel Proust.
Postumo uscì anche L’azzurro di Chartres e altri capricci (Caltanissetta-Roma 1958). La pubblicazione di questo volume, che apparve nell’agosto del 1958, era stata ordinata dallo stesso Trompeo, così come quella di Via Cupa, Vecchie e nuove rilegature gianseniste. Preti (Caltanissetta 1962) e Incontri di Stendhal (Napoli 1963) che uscirono alcuni anni più tardi.
Opere. Per una bibliografia esaustiva di tutti i saggi e delle nuove edizioni dei volumi di Trompeo si veda M. Colesanti, Ritratti di critici: L.F. Benedetto, P.P. T., G. Macchia, Roma 1970, pp. 51-137.
Fonti e Bibl.: Studi sulla letteratura dell’Ottocento in onore di P.P. T., Napoli 1959 (in partic. V. Lugli, Il critico, pp. 45-54; G. Nencioni, T. lettore vagabando, pp. 55-84).