OLIVIERI, Pietro Paolo
OLIVIERI, Pietro Paolo. – Nacque a Roma nel 1551 da Antonio, di origine romana (Baglione, 1642, p. 77; Borsellino, 1989, p. 3).
Nulla di certo si sa sulla sua formazione e sulla sua attività di scultore prima del 1574; un suo scritto, dedicato a Guglielmo Della Porta, databile appunto a quell’anno (Gramberg, 1964, I, p. 134), attesta, se non legami di apprendistato, perlomeno stretti contatti con il maestro lombardo negli anni Settanta del Cinquecento. La qualità del testo evidenzia inoltre la raffinatezza della cultura di Olivieri (R. Barbiellini Amidei, in Roma di Sisto V, 1993, p. 562; Coppetti, 1998, p. 172; De Lotto, 2008, p. 54).
Il 19 marzo 1574 risultava iscritto alla Congregazione dei Virtuosi al Pantheon (Orbaan, 1915, p. 27), e nel 1577 era membro dell’Accademia di S. Luca (R. Barbiellini Amidei, in Roma di Sisto V, 1993, p. 561). Tra le due date produsse per committenti prestigiosi le sue prime opere oggi note. Nel 1574 realizzò, firmandola e datandola, una Cleopatra marmorea, probabilmente per i Mattei (nel Seicento nella collezione di Cristina di Svezia, oggi a palazzo Corsini).
La statua è considerata sin dalla sua scoperta un esempio di alta qualità del classicismo romano dell’ultimo quarto del Cinquecento. Olivieri dimostra la raffinatezza del suo scalpello nel trattamento morbido delle carni e nei particolari dello chignon, come pure una conoscenza approfondita della scultura antica; si è inoltre ritenuto che il corpo allungato e sinuoso sia debitore di modelli fiorentini, in particolare delle opere di Baccio Bandinelli. Sulla base di un inventario del 1614, si è pensato che la statua facesse parte del programma a tema egiziaco di villa Mattei al Celio (R. Barbiellini Amidei, in Roma di Sisto V, 1993, p. 561).
I legami con i Mattei rimasero stretti durante l’intera carriera dello scultore, che fu anche architetto dei giardini della villa (1592; Cappelletti-Testa, 1994, p. 27). È stato ipotizzato che, prima di ricevere la commissione della Cleopatra, si fosse fatto notare come restauratore delle antichità della collezione di famiglia (Dickerson, 2006, p. 26). Alla stessa committenza si devono riferire un’Andromeda in marmo di bella qualità, firmata ma non datata (coll. priv.; Borsellino, 1989, p. 6), e un gruppo marmoreo non rintracciato di Apollo e Marsia (D’Onofrio, 1969, p. 321; Coppetti, 1998, p. 169).
Il 26 giugno 1576, a seguito di un concorso, fu affidata a Olivieri l’esecuzione di una statua di Gregorio XIII in marmo da destinarsi al palazzo Senatorio, decretata dal Comune di Roma il 23 febbraio (Pecchiai, 1950, p. 97). È interessante notare che del consiglio pubblico incaricato di scegliere l’artista facevano parte Ciriaco e Muzio Mattei.
Il «gigantone» (Venturi, 1937, p. 681), portato a termine nel maggio 1577 e dal 1876 in S. Maria in Aracoeli, rivela nella posa un’attenta osservazione del Mosè di Michelangelo, filtrata attraverso l’esempio di Guglielmo Della Porta, il cui progetto per la Tomba di Gregorio XIII in S. Pietro poté servire da modello (Gramberg, 1964, I, p. 114). Il risultato appare però rigido nell’impostazione generale, un tratto tipico di numerose opere dello scultore, che Sylvia Pressouyre (1984, p. 214) ha spiegato come «un effort imposé vers plus de calme simplicité et de “naturel”»; colpisce soprattutto la diligenza quasi maniacale, caratteristica di Olivieri, ma qui portata all’estremo, nel trattamento dei dettagli del viso, della tiara e degli abiti.
Nell’estate 1584 ottenne un’altra commissione capitolina che sanciva «l’alleanza profonda fra il Popolo Romano e il papato» (M. Fagiolo, in Roma di Sisto V, 1993, p. 413): il Monumento funebre di Gregorio XI in S. Maria Nova (S. Francesca Romana), finito prima del marzo 1589 (Pastor, 1955, X, p. 613); l’ultimo pagamento risale al giugno 1591 (Roma, Archivio storico Capitolino, Camera Capitolina, Cred. 6, t. 25, c. 491).
È stato osservato che l’architettura della tomba riprende motivi dei monumenti dei Medici di Baccio Bandinelli in S. Maria sopra Minerva, di Adriano VI di Baldassarre Peruzzi e del Duca di Clèves di Egidio della Riviera (Gillis van den Vliete) e Niccolò Pippi (Nicolas Pippe) a S. Maria dell’Anima (R. Barbiellini Amidei, in Roma di Sisto V, 1993, p. 413; Economopoulos, 2011, pp. 649, 651). Al centro del monumento Olivieri inserì un grande rilievo narrativo, inquadrato dalle statue della Fede e della Prudenza. Se queste sono sempre state considerate opere minori, il rilievo, in quanto rappresentazione di un episodio storico (l’Ingresso a Roma di Gregorio XI di ritorno da Avignone nel 1377), ha invece interessato gli studiosi per la visione della Roma medievale (Lanciani, 1893; M. Fagiolo, in Roma di Sisto V, 1993, pp. 413 s.). L’arcaismo nel trattamento dello spazio, spesso letto come un limite di Olivieri (Venturi, 1937, p. 681; Riccoboni, 1942, p. 99), è considerato oggi come un effetto deliberato, segnato dalla cultura fiamminga (Strinati, 1992, p. 414), che ritorna nel rilievo di S. Giovanni Battista nel deserto (Torino, Museo civico d’arte antica, ca. 1590; P. Cannata, in Roma di Sisto V, 1993, p. 434).
Dal 29 settembre 1587 al 1589, Olivieri ricevette pagamenti dalla Camera capitolina per l’ornamento di marmo dell’iscrizione commemorativa di Pio V e Marcantonio Colonna in S. Maria in Aracoeli (Roma, Archivio storico Capitolino, Camera Capitolina, Cred. 6, t. 25, cc. 95, 308; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese, Roma 1869-84, I, p. 197, n. 751). Nello stesso periodo entrò a far parte dell’équipe degli scultori di Sisto V, a riprova del suo crescente successo professionale. Realizzò in particolare il S. Antonio da Padova in marmo per la cappella Sistina di S. Maria Maggiore (agosto 1587 - aprile 1588), un santo in estasi al quale Olivieri non cercò di dare espressività né profondità. La Madonna col Bambino del Presepio (attribuitagli da Messerer, 1975) mostra invece una dolcezza ben adatta al gruppo dell’Adorazione di Arnolfo di Cambio, che essa completa (Museo del Tesoro di S. Maria Maggiore).
Importante è la collaborazione in questi anni tra Olivieri e un altro scultore interessato alla cultura antiquaria, Flaminio Vacca. I due condivisero la commissione di due angeli reggistemma e di un rilievo della Storia di Giosuè per la Fontana del Mosè di Domenico Fontana, installati nel luglio 1588.
Si riconosce tradizionalmente come opera di Olivieri l’angelo di sinistra (G. Ioele, in Cupperi-Extermann-Ioele, 2012, p. 157, lo ha invece attribuito recentemente a Giovanni Battista Della Porta). Il rilievo è un’opera a quattro mani: descritto come «un’imitazione di gusto archeologico di rilievi tardo-romani» (Martinelli, 1954, p. 159), potrebbe in effetti esser stato concepito attraverso una ricerca stilistica quasi sperimentale, quella di apparire un «assemblamento di reperti archeologici originali di diversa provenienza», di «antichità danneggiate» (Marder, 1992, p. 535).
Nel settembre 1588, fu chiamato con Prospero Bresciano a stimare i modelli delle statue di s. Pietro e s. Paolo delle colonne di Traiano e di Marco Aurelio, opere di Leonardo Sormani e Tommaso Della Porta (Guidoni, 1987, p. 90). In seguito, con Vacca e Sormani, restaurò i Dioscuri del Quirinale (1589-90), ultimo lavoro per Sisto V. Al 1590 può risalire la lastra tombale, firmata, della Coppia di sposi ugonotti proveniente da Lione, non altrimenti documentata (New York, Metropolitan Museum; Two memorial effigies…, 1913; Coppetti, 1998, pp. 177 s.). Con Silla Longhi, Ippolito Buzio e di nuovo con Vacca, potrebbe aver lavorato alla cappella Vittorini della chiesa del Gesù, dove gli è attribuito il primo angelo a sinistra (ca. 1590-95; R. Schallert, in Cupperi-Extermann-Ioele, 2012, pp. 24 s.).
Si è ipotizzato che, grazie ai Mattei, in quegli anni fosse intervenuto, in quanto ingegnere idraulico e scultore, nel cantiere delle Quattro Fontane; qui avrebbe reimpiegato dei pezzi del Settizonio, consegnati ai Mattei nel settembre 1588 (R. Barbiellini Amidei, in Roma di Sisto V, 1993, p. 561). Alcuni pagamenti ricevuti dalla Camera apostolica dal 3 luglio al 14 agosto 1591 (Corbo, 1975, p. 54) potrebbero infatti fare riferimento a questo lavoro (R. Barbiellini Amidei, in Roma di Sisto V, 1993, p. 561). Si sono attribuite a Olivieri (o, in alternativa, a Silla Longhi) le statue dell’Arno e di Giunone, collocate nel 1592 (ibid.; Strinati, 1992, p. 471).
Dal 1594 al 1595 fu architetto di S. Andrea della Valle, nominato dal protettore del cantiere, il cardinale Alfonso Gesualdo; tuttavia, come ha dimostrato Howard Hibbard (1961), di fatto fu sovrintendente e «misuratore» e non intervenne nel progetto della chiesa. In seguito, stimò i lavori di marmi colorati di Giovanni Battista Della Porta nella cappella Caetani di S. Pudenziana nel 1597 (Cozzi Beccarini, 1976, p. 151). Dal 1595 era architetto dei Caetani e potrebbe quindi aver sostituito Francesco da Volterra, morto nel 1594, come architetto della cappella, e aver disegnato l’altare maggiore (L. Gori, in Cupperi-Extermann-Ioele, 2012, p. 271), che contiene la pala marmorea dell’Adorazione dei Magi, commissionatagli il 4 aprile 1596.
Olivieri vi sviluppò un vasto paesaggio marino e montuoso. Senza cercare una verosimiglianza spaziale, fece scendere un corteo pittoresco lungo la pala sino al primo piano, ove i personaggi principali sono scolpiti quasi a tutto tondo. La qualità di queste figure, fortemente influenzate dai modelli dell’arte classica, ha fatto ipotizzare a partire da Baglione (1642, p. 76) un intervento del migliore allievo di Olivieri, Camillo Mariani, che gli subentrò dopo la morte. L’ipotesi tuttavia oggi è esclusa, dato che, per il periodo che seguì la scomparsa di Olivieri, sono noti solo pagamenti a un «garzone» dello scultore, Pasquale Pasqualini, per la «lucidatura» del marmo (De Lotto, 2008, p. 58).
Nel 1598 fu di nuovo attivo per i Mattei, nel palazzo di famiglia (oggi palazzo Caetani), in cui disegnò il soffitto ligneo del salone (contratto degli intagliatori del 30 novembre 1598; Cappelletti-Testa, 1994, p. 14). La sua carriera si concluse poi nel più importante cantiere romano della fine del secolo: l’altare del Ss. Sacramento a S. Giovanni in Laterano, voluto da Clemente VIII per il giubileo del 1600, di cui Olivieri fu l’architetto (pagamenti a partire dal 30 settembre 1597; Freiberg, 1995, p. 302).
Progettò un’imponente struttura con coronamento a timpano, ricoperto di metallo dorato e sostenuto da quattro colonne antiche di bronzo dorato provenienti dal Fastigium costantiniano. Ai lati dell’altare furono disposte statue marmoree di profeti, sovrastate da rilievi. Dal 25 gennaio 1598 Olivieri ricevette pagamenti per la statua di Elia e per il rilievo di Elia e l’angelo, entrambi finiti dopo la sua morte da Mariani (ibid., p. 307; De Lotto, 2008, pp. 54 s.).
Morì il 6 luglio 1599 a Roma, nella parrocchia di S. Stefano del Cacco, e fu seppellito nella chiesa di S. Maria sopra Minerva (Borsellino, 1989, p. 11), nei pressi della quale viveva almeno dal 1577 (Orbaan, 1915, p. 32).
Suo fratello «Cavaliere dell’habito di Christo», fece apporre un’iscrizione sulla tomba (Baglione, 1642, p. 77).
A Olivieri è stato attribuito in passato un rilievo non rintracciato raffigurante la Morte di Cesare nella villa Chigi-Farnese di Siena (Romagnoli, 1840; Wittkower-Noack, 1932).
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