GIANNERINO, Pietro Paolo
Nacque ad Arezzo nel 1496 da "ser Nerius Jannarinus" e fu battezzato col nome di Giovanni Francesco. Nulla sappiamo della sua famiglia e della sua infanzia. Il 29 giugno 1512 entrò nel convento domenicano di S. Maria del Sasso a Bibbiena, dove, il 1° luglio 1513, prese i voti. Dal 1516 intraprese gli studi presso lo Studio domenicano di Bologna, dedicandosi particolarmente alla teologia e alla filosofia; tra i suoi maestri vi fu il teologo Tommaso Badia, che arrivò nella città emiliana nel 1520. Nel 1523 il G. era a Firenze, dove tenne alcuni sermoni pubblici che riscossero un largo apprezzamento da parte dell'uditorio; a Firenze conseguì la laurea in teologia nel 1528.
Le fonti descrivono il G. come un uomo dedito sia allo studio sia all'insegnamento, un teologo molto preparato, sicuro nel sostenere le proprie posizioni in campo dottrinario, un predicatore di notevoli capacità oratorie e anche di gran fama.
Dopo essersi laureato, il G. ricoprì la carica di priore in diversi conventi dell'ordine, senza però tralasciare l'attività di predicatore: infatti nel 1539 lo troviamo in Sicilia dove tenne diversi sermoni quaresimali. Lo stesso anno il capitolo generale domenicano gli conferì il grado di magister in teologia; così, nel periodo successivo, la principale attività del G. fu quella di insegnare nelle scuole dell'ordine, alternandosi tra Roma e Perugia. Nel 1547-48 fu tra i teologi del concilio di Trento e prese parte alla nona e decima sessione, tenutesi a Bologna. In quanto membro della "Congregatio theologorum minorum", si occupò di questioni sacramentali, sostenendo posizioni tomistiche che a tratti lo misero in contrasto anche con religiosi più accreditati di lui, quali per esempio il gesuita D. Lainez. Nel 1548 il G. ottenne la carica di gymnasiarcha, cioè reggente, del convento di Perugia; ma dal 21 aprile dello stesso anno al 24 apr. 1550 il capitolo generale domenicano lo nominò priore della provincia romana. In questa veste il G. prestò particolare attenzione alla formazione data a coloro che entravano nell'ordine, concentrandosi sul metodo di studio e sulla disciplina utilizzati nelle scuole domenicane. Teologo stimato, per volere di papa Giulio III, negli anni 1551 e 1552 prese nuovamente parte al concilio Tridentino (questa volta tra i regulares Ordinis praedicatorum) come familiaris del vescovo di Catania N.M. Caracciolo.
Nel dicembre 1553 gli fu conferita la prestigiosa carica di magister Sacri Palatii apostolici: è questo il culmine della carriera del G., che ricoprì l'ufficio fino alla morte. Nel gennaio 1556 Paolo IV formò una congregazione per la riforma della Curia, che aveva il compito di continuare nell'opera di rinnovamento del cattolicesimo iniziata con il concilio. Dei 144 membri, impegnati nel trattare gli aspetti dottrinali del cattolicesimo, faceva parte anche il G., officialis Curiae e componente del secondo dei tre ordini in cui erano stati ripartiti i teologi. La fama di religioso retto e di teologo preparato, di cui egli godeva presso larga parte delle alte sfere ecclesiastiche, non venne intaccata neanche dal forte scontro che ebbe proprio con papa Carafa intorno agli anni 1557-58. Secondo le fonti, infatti, il G., insieme con V. Ercolani e P. Bernardini, fu tra coloro che assunsero le difese dell'opera di G. Savonarola di fronte al pontefice che ne voleva la messa all'Indice. Fu lo stesso G. a consegnare al teologo domenicano T. Neri, confessore del papa, le carte in cui erano formulate le accuse contro il predicatore, affinché potesse studiarle per confutare minuziosamente le accuse di eresia. Ma, poiché il Neri fu allontanato da Roma e il generale dell'Ordine S. Usodimare morì, il G. si trovò solo a difendere le proprie posizioni di fronte al S. Uffizio, nelle cui mani Paolo IV aveva intanto rimesso la questione. Benché a presiedere la congregazione fosse un domenicano (il cardinale Michele Ghislieri, futuro Pio V), il G. non ebbe da questo alcun aiuto. Inoltre gravava sulla vicenda la netta presa di posizione di gesuiti e agostiniani, aspri oppositori del pensiero savonaroliano. Nonostante tutto, il G. pronunciò un discorso fermo di fronte ai cardinali dell'Inquisizione, i quali, secondo alcune fonti, rimasero amC mirati per la coerenza e il coraggio da lui dimostrato. Furono però il suo successore nell'ufficio di maestro del Sacro Palazzo, M. Lachi, insieme con i confratelli V. Ercolani e P. Bernardini, a continuare l'impresa, a causa dell'improvvisa scomparsa del Giannerino.
Sulla data di morte le fonti sono contrastanti. Concordi nell'indicarne il luogo, Roma, e il mese, agosto, discordano riguardo l'anno, che può essere ragionevolmente individuato nel 1558. Il suo decesso suscitò una profonda emozione in tutta la Curia, anche tra coloro che ne erano stati i più aspri avversari.
Del G., che venne sepolto nel convento di S. Maria sopra Minerva a Roma, restano alcune opere manoscritte di argomento teologico e filosofico: gli aristotelici Commentaria super libros octo physicorum, de coelo et mundo, de generatione et corruptione, de anima, metaphysicorum, ethicorum, oeconomicorum, politicorum e i Commentaria super quatuor sententiarum libros.
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