FRUGONI, Pietro Paolo
Nacque a Brescia il 21 genn. 1851 da Arsenio, negoziante di discrete condizioni economiche, e da Amalia Cassa. Sedicenne fu ammesso alla R. Accademia militare di Torino preposta alla formazione dei quadri per l'artiglieria e il genio, uscendone nel 1870 con il brevetto e il grado di sottotenente. Assegnato ai ruoli dell'armata di artiglieria, il F. iniziò una carriera che si sarebbe rivelata rapida e brillante: luogotenente nel 1872 fu promosso capitano nel 1877, maggiore nel 1884 e tenente colonnello nel 1888. Nell'aprile del 1879 si era unito in matrimonio con Rosina Noy.
La frequenza dei corsi della Scuola superiore di guerra e l'ampliamento degli organici, varato dal ministro della Guerra E. Ferrero con la legge d'ordinamento dell'esercito del 1882, lo portarono al grado di maggiore generale il 14 genn. 1900. Il 22 apr. 1906 il F. conseguì la promozione al grado di tenente generale. Resse prima la responsabilità dell'ispettorato delle truppe alpine e poi le divisioni di Palermo e di Torino. Nel 1910 fu chiamato alla guida del IX corpo d'armata, un incarico di prestigio che lo qualificava tra i migliori generali dell'esercito.
La guerra di Libia lo vide tra i protagonisti. Nel corpo di spedizione comandato dal generale C. Caneva il F. assunse la direzione del corpo d'armata speciale di stanza a Tripoli, un ruolo che lo poneva al fianco del comandante in capo e lo rendeva direttamente corresponsabile dell'andamento della campagna.
Iniziata con grande dispiego di uomini e mezzi, la campagna di Libia, dopo la conquista di Tripoli, Derna e Homs e dei loro ridotti entroterra, vide esaurirsi rapidamente la spinta della truppe italiane anche in virtù della resistenza turca favorita dalle popolazioni arabe. A partire dalla fine del mese di ottobre 1911 ebbe quindi inizio una lunga serie di contrasti tra Roma e i vertici del corpo di spedizione - il presidente del consiglio G. Giolitti e il capo di stato maggiore dell'esercito A. Pollio da un lato e C. Caneva dall'altro - intorno alla condotta delle operazioni.
Continuamente stimolato, il Caneva interrogava il F. sull'opportunità di intraprendere azioni offensive, ricevendone risposte prudenti e attendiste che assecondavano la sua stessa tattica temporeggiatrice. Nel dicembre 1911 il F. sostenne, ad esempio, la non convenienza di azioni verso l'interno della Tripolitania "fino a quando la sistemazione delle basi delle operazioni… non sia assicurata" (Campagna di Libia, I, p. 330). Qualche giorno dopo, di fronte a nuove pressioni e a un'ulteriore domanda del Caneva, oppose l'eccezione per la quale "le attuali condizione della Tripolitania non sembrano molto favorevoli per una tale spedizione" (ibid., II, p. 205).
Le motivazioni espresse dal F. erano tutt'altro che infondate. Per errori di valutazione iniziali e i duri comportamenti del comando della spedizione, le popolazioni arabe, anziché collaborare o rimanere indifferenti al conflitto italo-turco, si erano decisamente schierate contro le truppe italiane e alimentavano una resistenza tenace che confinava l'esercito di Caneva nelle oasi conquistate i primi giorni.
A partire dalla primavera del 1912 comunque le pressioni romane ripresero con maggiore intensità.
A. Pollio arrivò a dichiarare in pericolo il prestigio militare del paese se si fosse ancora atteso a scatenare una decisiva offensiva. Sul finire del mese di aprile, interpellato ancora dal Caneva, il F. consigliò di attendere la sostituzione con truppe fresche dei soldati congedati, ma propose di iniziare a "prendere in esame l'opportunità di una operazione offensiva" (Campagna di Libia, II, p. 256). Proposta prontamente accolta da Caneva e da Pollio che imposero la programmazione a breve termine dell'azione.
Preparata dal F. con la collaborazione del giovane P. Badoglio, capo di stato maggiore del corpo d'armata speciale, l'offensiva si rivolgeva verso un'oasi posta a 18 chilometri da Tripoli, che, in mano a gruppi combattenti arabo-turchi, costituiva una spina nel fianco dello schieramento italiano oltreché la base d'appoggio per le carovane che rifornivano le bande della resistenza. All'alba dell'8 giugno 1912 la battaglia iniziò con un attacco frontale italiano ai trinceramenti, seguito da una serie di scontri che si protrassero sino al primo pomeriggio. Guidata personalmente dal F., l'azione italiana riuscì, secondo il giudizio del generale T. Salsa, addetto al comando di Caneva, "molto onorifica" ma di scarsa utilità. Nonostante il successo ottenuto nei combattimenti il F. non approfittò della situazione favorevole procedendo all'occupazione dell'oasi di Zanzur, unico risultato, sempre secondo il Salsa, che avrebbe reso "più facile la nostra avanzata contro la massa nemica e più probabile di avere un risultato tale da pesare sulla conclusione della pace" (Canevari - Commisso, p. 404).
Per quanto il F. stilasse una relazione entusiastica dell'andamento della giornata campale (Campagna di Libia, II, pp. 261-268), l'interpretazione data negli ambienti politici e militari romani coincise con quella del Salsa.
Nel luglio del 1912, richiamato nella capitale per consultazioni, il F. fu destituito dall'incarico e sostituito con il generale O. Ragni, pagando egli solo per errori che non erano soltanto suoi. Il suo esonero valse anche come segnale rivolto al comandante in capo la spedizione affinché mutasse la linea sin lì seguita.
Il suo prestigio ne risultò in certa misura scosso. In seno all'esercito circolò l'idea che egli non era riuscito nel compito di galvanizzare il Caneva e che, pur essendo uomo attivo e vigoroso, le sue capacità non raggiungevano l'eccellenza (Arch. de l'Armée de Atene, Attachés militaires. Italie (1872-1919), b. 7N 1370, rapporto n. 142, 29 luglio 1912, La guerre italo-turque).
Per aver accettato serenamente e senza polemiche l'esonero, il F. non patì ripercussioni sulla carriera. Tornato alla guida del IX corpo d'armata fu anzi, nel corso del 1914, indicato quale comandante di un'armata in caso di guerra.
All'ingresso dell'Italia nel conflitto europeo, nel maggio 1915, il F. fu posto alla testa della 2ª armata stanziata nei pressi di Gorizia e destinata a passare la frontiera con l'Austria subito dopo l'inizio delle ostilità. Al suo fianco, come in Libia, con funzioni di sottocapo di stato maggiore, egli volle il Badoglio, ricostituendo un binomio che, a detta di alcuni, era cementato dalla comune appartenenza massonica.
Schierata sul fronte dell'Isonzo, l'armata del F. prese parte attiva alle prime quattro sanguinose "spallate" lanciate contro le posizione austriache tra il maggio e il dicembre del 1915. Queste azioni costarono decine di migliaia di morti e feriti senza conseguire risultati di particolare rilievo. Inoltre, fin dai primi mesi di guerra, i rapporti tra il F. e il comandante in capo dell'esercito L. Cadorna si rivelarono difficili.
Nel novembre del 1915, nel corso della quarta offensiva, quest'ultimo inviò al F. un telegramma nel quale denunciava il precario stato delle truppe a lui subordinate. Dopo aver imputato alla trascuratezza "il logorio morale e fisico delle truppe", il Cadorna imponeva al F. di eseguire ricognizioni per stabilire l'esatto stato delle cose, di rimediare prontamente alle più gravi deficienze e di indicargli le responsabilità della situazione in atto (Arch. centr. dello Stato, Ministero della Real Casa, Uff. del primo aiut., b. 16, fasc. 5, sf. 47, telegramma 1059 g del 24 nov. 1915). La risposta del F. fu immediata e improntata a una visione realistica delle cose. "Le condizioni delle truppe a contatto col nemico - scrisse il 25 novembre - mi sono ben note, e dipendono essenzialmente dal fatto che esse tengono quella qualsiasi linea alla quale hanno potuto pervenire in mesi di quasi ininterrotta offensiva che tuttora continua e che domani sarà riaccesa su quasi tutto il fronte dell'armata← In linea generale il rimedio veramente efficace può soltanto consistere o nel conquistare le dominanti posizioni nemiche e nello stabilirvi le nostre posizioni avanzate, ← oppure nel ripiegare su linee idonee a stabilirvi la nostra resistenza in condizioni sufficienti allo stanziamento delle truppe" (ibid., telegramma a mano n. 11885 del 25 nov. 1915).
La critica, diretta ai criteri generali che ispiravano la condotta delle operazioni, scatenò le ire di Cadorna che il 26 novembre replicava di non ammettere il dilemma posto tra il conquistare le posizioni austriache o ripiegare poiché l'esperienza dimostrava a suo avviso che era possibile fortificarsi ovunque a condizione che "non vacilli la fede del difensore". Il Cadorna, inoltre, dichiarava di non tollerare critiche alla propria strategia (ibid., telegramma n. 1072 g del 26 nov. 1915).
Sopita momentaneamente, la tensione tra il Cadorna e il F. si riaccese intorno al rifiuto del comandante in capo di avallare la proposta avanzata dal F. di promozione straordinaria per il suo vicecapo di stato maggiore Badoglio. Non contento dell'intero vertice della 2ª armata, il Cadorna oppose in quel caso la motivazione che tutte le promozioni straordinarie per il Badoglio erano state proposte dal F. e che occorreva che altri generali valutassero l'operato e le capacità del giovane ufficiale. Coerentemente, il Cadorna trasferì quindi il Badoglio ad altro reparto.
La pausa nei combattimenti sul fronte isontino nel primo inverno di guerra stabilizzò nuovamente i rapporti tra i due comandi e permise al F. la riorganizzazione delle proprie truppe in previsione delle offensive future. Nel maggio del 1916, tuttavia, l'iniziativa austro-ungarica in Trentino, la Strafeexpedition, scombinò i piani del Cadorna e lo costrinse a costituire, con reparti della 1ª e della 2ª, una nuova armata per far fronte all'eventualità di una profonda infiltrazione nemica. Dislocata tra Vicenza, Padova e Cittadella, la 5ª armata, composta da 179.000 uomini, fu affidata alla guida del F. con il compito di proteggere la pianura. L'incarico sembrò significare la rinnovata fiducia del comandante nei confronti del F.; alla metà di giugno, invece, passato il pericolo di uno sfondamento austriaco, questi ricevette la lettera di esonero con la motivazione di una grave perdita di prestigio "nell'ambiente militare" e di quella "fiducia che è indispensabile per chi deve reggere un così alto comando in guerra" (ibid., b. 15, fasc. 5 sf. 46, lettera del 15 giugno 1916).
Collocato a riposo d'autorità il F. non fu riabilitato neanche dopo la disfatta di Caporetto, quando un'apposita commissione d'inchiesta revisionò tutti i casi dei generali "silurati" dal Cadorna. Proprio sulla base del giudizio della commissione, il 30 apr. 1918, A. Diaz, nuovo comandante in capo dell'esercito, si rifiutò di riammettere il F. in servizio attivo (ibid., b. 15, fasc. 5, sf. 46, Revisione idoneità ufficiali generali esonerati, 30 apr. 1918).
In sede di riesame del suo operato pesarono sul F. le accuse di leggerezza e irresponsabilità lanciategli da molti ufficiali, accuse confermate poi dalla memorialistica. Pesò anche il circostanziato memoriale con cui un suo ex sottoposto, il generale E. Reisoli, dimostrò come il comandante della 2ª armata non avesse mai seguito da vicino gli avvenimenti e avesse rimosso numerosi ufficiali da lui dipendenti senza una precisa causa.
Definitivamente escluso dal servizio attivo, il F. si ritirò a Brescia dove morì il 10 luglio 1940.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero della Real Casa. Ufficio del primo aiutante di campo generale di S. M. il re. Sezione speciale, b. 15, fasc. 5, sf. 46, e b. 16, fasc. 5, sf. 47; Carte U. Brusati, sc. 9, fasc. VI.2.34, e sc. 10, fasc. VI.8.40; Parigi, Archives du service historique de l'Armée de terre, Attachés militaires. Italie (1872-1919), b. 7 N 1370; Roma, Arch. dell'Ufficio storico dello stato maggiore dell'esercito, Biografie, racc. 30, fasc. 56, Stato di servizio; Ministero della Guerra, Stato maggiore dell'esercito, Ufficio storico, Campagna di Libia, I, Parte generale e prime operazioni (ottobre - dicembre 1911); II, Operazione in Tripolitania, dal dicembre 1911 alla fine dell'agosto 1912, Roma 1922, ad Indices; E. Canevari - G. Comisso, Il generale T. Salsa e le sue campagne coloniali, Milano 1935, pp. 366-370, 404 s.; E. Caviglia, Diario (aprile 1925-marzo 1954), Roma 1952, p. 56; A. Gatti, Caporetto. Dal Diario di guerra inedito (maggio-dicembre 1917), a cura di A. Monticone, Bologna 1964, pp. 30-32; C. Reisoli, Il generale Ezio Reisoli, Milano 1965, pp. 50 ss.; P. Melograni, Storia politica della grande guerra. 1915-1918, Bari 1972, pp. 49, 51 n.; P. Pieri - G. Rochat, Badoglio, Torino 1974, ad Ind.; A. Del Boca, Gli Italiani in Libia. Tripoli bel suol d'amore. 1860-1922, Bari 1986, pp. 174 ss.; F.L. Rogier, La R. Accademia militare di Torino. Note storiche 1816-1870, Torino 1916, II, p. 376; Enc. militare, II, Milano 1929, ad nomen.