BORRONO (Borono), Pietro Paolo
Nacque a Milano (o nei dintorni verso la fine del sec. XV o agli inizi di quello successivo.
La sua origine milanese è attestata frequentemente dall'aggiunta (o dalla sostituzione) al cognome dell'appellativo "da Milano" o "milanese", e non solo in italiano, ma in tedesco a Norimberga (Petter Paul von Maylandt o Mailandt), latinizzato (Petrus Paulus Mediolanensis) a Lovanio, dove inoltre ricorre una diversa grafia del cognome, adattata al francese (Pierre Paule Barron), o al latino (Baroni: forma risultante come genitivo).
La più antica notizia del B. risale al 1531, anno in cui è iscritto come suonatore di liuto - riferisce la Brenet fra "les officiers domestiques du roi" alla corte di Francesco I di Francia, col nome di Pierre Paul l'Italien. Riguardo a un soggiorno oltralpe prima del 1531 errata è, comunque, l'affermazione della Toscanelli che il B. si trovasse in Francia nel 1498, poiché è scambiato con un altro liutista, "maistre Paul", pure citato dalla Brenet; così come è ormai certo che il compositore indicato con le sole iniziali "P. B." nella raccolta Dixhuit basses dances..., pubblicata da P. Attaignant a Parigi nel 1530, non è il B. (il cui nome veniva peraltro siglato "P.P.B.",) bensì Pierre Blondeau. Con il 1534 il nome del B. non risulta più registrato alla corte francese. Due anni più tardi - e probabilmente per la prima volta - diverse sue composizioni per liuto solo (tutte le sue opere pervenuteci sono destinate a questo strumento, e raramente a due liuti) trovano ampia ospitalità nell'Intabolatura de leuto de diversi autori, pubblicata a Milano da G. A. Casteliono nel 1536. Qui egli figura accanto ai suoi concittadini G. G. Albuzio e F. Canova il "divino" (che non sembra possa essere stato suo maestro), nonché a M. da l'Aquila e A. da Ripa: "homeni Grandissimi in questa arte, che non solo appartengono al liuto...", come si legge nella prefazione al volume. Fra essi, tuttavia, egli è il solo a trattare forme di danza, presentandole però non in coppie, cioè alla maniera tradizionale e sempre in voga, bensì in serie di quattro, impostate nella stessa tonalità: una Pavana seguita da tre Saltarelli, il primo dei quali è costruito sugli stessi motivi della pavana, mentre gli altri due risultano tematicamente indipendenti.
È un modo nuovo di raggruppare danze, che amplifica il modello a tre, introdotto da I. A. Dalza già nel 1508 (Pavana,Saltarello e Piva), e attua due principî che saranno fondamentali per la futura suite:quello della variazione e quello della contrapposizione di danze di carattere e temi differenti. Sei gruppi siffatti di danze del B. - gruppi che in seguito, e non inopportunamente, chiameremo suites - vengonopresentati dal Casteliono: a quattro di essi, inoltre, vien fatta seguire una Tochata a mo' di "coda", di stile improvvisativo, che solo in un caso, tuttavia, risulta certamente del Borrono. Pure sua, nell'intavolatura milanese, si trova, infine, una Fantasia.
Analoga e ancora più ampia serie di opere tutte nuove del B. (sono tre fantasie e otto suites) figura in un volume che contiene anche composizioni di Francesco da Milano: il Libro secondo d'una collana d'Intabulatura di lauto di autori diversi in dieci volumi, apparso a Venezia nel 1546 e pubblicato molto probabilmente da G. Scotto. In questo libro per la prima volta il B. viene ripetutamente definito "eccellente"; e già nello stesso anno la sua fama varca i confini d'Italia: una vasta scelta di pezzi estratti dall'intavolatura veneziana viene, infatti, edita a Lovanio da P. Phalèse nel florilegio Carminum pro testudine liber IIII. Al 1548 risale, infine, una duplice edizione d'un libro contenente altre opere del B., anche qui ritenuto degno di stare accanto al massimo liutista lombardo (l'attributo d'"eccellente" era dunque ragionevole, e non dettato soltanto da opportunistiche considerazioni di ordine pubblicitario), e cioè l'Intavolatura di lauto del divino Francesco da Milano,et dell'eccellente P.P.B. da Milano... Libro secondo (Milano, G. A. Casteliono), che non ha alcuna relazione con il Libro secondo del 1546.
All'edizione milanese corrisponde, appunto, per contenuto - con la sola omissione d'una Fantasia di F. da Milano - l'Intavolatura di lauto dell'eccellente P.P.B. da Milano... Libro ottavo (Venezia, G. Scotto, 1548), che è l'ottavo dei dieci volumi della collana sopra citata.
Questa pubblicazione ci dà il panorama più compiuto della produzione del B., perché, accanto a quattro suites e due fantasie, presenta diverse sue trascrizioni di opere vocali polifoniche (cinque chansons e due mottetti). Inoltre, essa costituisce l'ultima raccolta contenente cose inedite del B.: in seguito, infatti, apparvero solo ristampe, o estratti dai libri fin qui citati; e nulla di nuovo sembra doversi di lui trovare nelle intavolature italiane manoscritte della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco (Mus. Ms. 266, già catalogato dal Maier, in Die musikalischen Handschriften der Hof- und Staatsbibl. in München, München 1879, come 248, forse del 1568)e della Deutsche Staatsbibl. di Berlino (Mus. Ms. 40032, della seconda metà del sec. XVI).
L'edizione milanese di questa Intavolatura, dedicata al conte Hippolito del Mayno, reca la segnalazione, nel colophon, che l'opera fu stampata "ad Instantia de M. Gio. Bap. Borrono" (personaggio forse da mettere in relazione, per un'eventuale identificazione, con un Giovanni Battista Borro, sarto e liutista, di cui si segnala la presenza a Monaco nel 1574);inoltre, essa presenta una novità - tale sembra, almeno per le intavolature stampate -, cioè l'indicazione di un abbellimento (appoggiatura o trillo) usato frequentemente nelle danze e illustrato nella prefazione (Regola per quelli che non sanno la intavolatura).
Proprio in questi anni, in cui è al culmine della celebrità, il B., attivo come musico presso la corte ducale di Milano, ha anche un ruolo di notevole rilievo in vicende tutt'altro che musicali. Egli partecipa, infatti, alla congiura ordita dal governatore della città, don Ferrante Gonzaga - di cui godeva piena fiducia -, contro il ducato di Parma e Piacenza fin dall'ottobre 1547, quando viene assassinato il duca Pier Luigi Farnese, figlio naturale di Alessandro (papa Paolo III). Tra il novembre e il dicembre 1550 un altro attentato è compiuto contro un altro membro della famiglia Farnese, il cardinale Alessandro (primogenito del defunto duca), in occasione di una sua visita a Parma, ma il colpo fallisce; alle successive congiure prende parte anche il castellano del piccolo feudo papale di Colorno, G. F. Sanseverino, con il quale il B. sembra avere rapporti d'amicizia, non si sa se risalenti a quella occasione o a più antica data. Ai primi di febbraio 1551, comunque, il Sanseverino è fatto prigioniero da Ottavio Farnese e alla fine del mese il B. si trasferisce a Roma per preparare l'uccisione del cardinale Alessandro, al quale, invece, finisce col rivelare le delittuose trame, consentendogli di mettersi in salvo. Ne parla lo stesso cardinale, in tre lettere al fratello Ottavio, datate 5, 7 e 14 marzo 1551 (citate dal Pistarino), le quali ci danno anche le ultime sicure notizie del B., la cui attività posteriore rimane sconosciuta, come pure risultano ignoti sia il luogo sia l'anno della morte. Ma un segno certo della sua perdurante fama, che potrebbe rivelarlo ancora in vita oltre dieci anni dopo, è pure costituito dalla ristampa pressoché integrale (mancano soltanto una fantasia e la trascrizione d'un mottetto) delle sole opere del B. contenute nell'Intavolatura del 1548: La intabolatura de lauto dell'eccellente P. P. B...., (Venezia, G. Scotto, 1563).
Fra le altre edizioni antologiche in cui riapparvero intavolature del B. segnaliamo: Tabulaturbüch uff die Lutten, curato nel 1550 a Zurigo da R. Wyssenbach; Eyn Newes sehr Künstlichs Lautenbuch di H. Gerle (Norimberga 1552); La intabolatura de lauto de diversi autori, stampata a Venezia da G. Scotto nel 1563 e la nuova edizione del florilegio già citato Carminum pro testudine liber IIII, uscita sempre a Lovanio, a cura dello stesso Phalèse e di J. Bellère, nel 1573 col titolo Selectissimorum pro testudine carminum liber, la quale costituisce l'ultima stampa pervenutaci in cui figuri il Borrono.
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