PAOLINI, Pietro
Pittore, nato a Lucca nel 1605, morto ivi nel 1681. Nel 1619 fu inviato a Roma a studiare presso il caravaggesco Angelo Caroselli, che lo ebbe carissimo, e gli fece copiare gli esemplari più famosi delle gallerie romane. Ivi rimase fino al 1630. Fu poi due anni a Venezia, e nel 1633 tornò definitivamente a Lucca. Quivi aprì a sue spese, nel 1640, un'Accademia di pittura che resse fino alla sua morte, e da cui escirono modestissimi pittori locali: G. Scaglia, F. del Tintore, ecc. Il P. è l'unica figura notevole a Lucca, nella pittura del' 600, benché la sua produzione, vastissima, sia spesso diseguale di valore.
Sebbene il P. abbia subito l'influenza dell'Accademia carraccesca, che a volte gli suggerì freddi pezzi scolastici anche nelle sue cose migliori, o macchinosa scenografia di composizioni, che poté derivargli anche dall'ambiente fiorentino (il Passignano e l'Allori ad esempio), le quali influenze determinarono la parte più caduca della sua produzione, la sua arte è però tutta dominata dall'educazione romana e veneziana che egli ebbe. La sua formazione artistica, compiutasi nell'ambiente romano, lo portò alla conoscenza del Caravaggio, non diretta, ma riflessa, attraverso i seguaci romani da un lato: il Manfredi, il Borgianni, il Valentin, e, dall'altro, i fiamminghi Gherardo Honthorst e Ter Brugghen.
Dal Honthorst particolarmente il P. sembra aver derivato quel luminismo artificiale che si riscontra in molte sue opere (Diogene e la Donna con violino della coll. Bertocchini di Lucca, la Vergine con il figlio e Santi del museo di Lucca, ecc.).
Di maggior respiro, sempre però nell'ambito romano, sono il Martirio di S. Bartolomeo, e il Martirio di S. Ponziano del museo di Lucca, così vivamente tagliati dalla luce, l'Uccisione di Wallenstein del conte Orsetti di Lucca, ch'è forse, per vivezza drammatica, il capolavoro del P., insieme con il bell'autoritratto della coll. Mazzarosa di Lucca.
L'educazione veneziana del P., fu rilevata anche dai più antichi scrittori, il Baldinucci, ad esempio, che scorsero nelle sue opere varî ricordi di Tiziano e del Tintoretto, la cui visione diede modo al pittore di sviluppare le sue doti innate di robusto e schietto colorista. Ma al Veronese egli sembra aver maggiormente guardato, specialmente nei grandiosi sfondi di templi marmorei, che si trovano in molte sue vaste tele: ad esempio nella bella Trinità di S. Michele di Lucca, o nel S. Gregorio Magno che accoglie i pellegrini della pinacoteca di Lucca, che è l'opera concordemente più celebrata da tutti i vecchi scrittori. Alcuni disegni del P. sono agli Uffizî.
Bibl.: Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVI, Lipsia 1932.